I POVERI NON SONO CONNESSI. È IL VERO DISTANZIAMENTO SOCIALE

Le associazioni fanno da ponte per aiutare chi non può usare internet a presentare domande per sussidi e aiuti. Ma il problema va affrontato alla radice

di Nicoletta Teodosi

Il “distanziamento sociale” a cui siamo sottoposti, per chi deve lavorare da casa o ha le attività sospese, è occasione di riflessione, confronto e vicinanza; per chi deve lavorare fuori casa, al contrario, è occasione di maggior dinamismo e ricerca di soluzioni ai problemi che di ora in ora emergono.
La differenza è tra chi lavora fuori dal proprio ambito lavorativo: ufficio o fabbrica che sia, e tutti coloro che devono essere presenti sul posto di lavoro: servizi sociali e sanitari, trasporti, commercio, agricoltura, produzione di generi alimentari, cui si aggiungono i volontari di ogni settore.

Quella che si sta rafforzando in questo periodo è la comunicazione sociale, una grande rete si sta tessendo dal mese di marzo 2020, da quando è esplosa la pandemia. Milioni di persone sono diventati i nodi di una immensa maglia che oltrepassa i confini nazionali, europei, continentali.
Sono aumentati i contatti con amici, colleghi, parenti che vivono lontano, ma anche con quelli che stanno nello stesso quartiere, rione o borgo che sia.
Ciascuno parla, scrive, organizza, pianifica, elabora, decide, condivide, si confronta, si riunisce con chi gli sta lontano. Lo strumento che usiamo è Internet, attraverso i canali più noti quali Facebook, Whatsapp, Twitter.

I poveri non sono connessi

Nei periodi di emergenza la Rete diventa il mezzo per sapere cosa accade. Lo si è vissuto durante i più recenti terremoti, ad esempio. I media informano, certo, ma la comunicazione è altra cosa, è diretta, ci si informa e informiamo a nostra volta, è soggettiva e oggettiva allo stesso tempo. Richiede un forte senso di responsabilità individuale, perché si rischia di dare informazioni non corrette, di diffonderle e scatenare panico, in momenti in cui non se ne ha bisogno. Questo è uno di quelli.

Stare fuori dalla Rete, non avere un telefono touchscreen, un collegamento Internet nel proprio domicilio significa “stare fuori”. Si chiama digital divide e mai come in questo periodo la mancanza di accesso a Internet rischia di lasciare fuori dalle misure previste dal Governo, dalle Regioni e dai Comuni chi già è in povertà ed ora scopre anche  la povertà informatica.

 

i poveri non sono connessiI provvedimenti contenuti nei recenti decreti ministeriali, gli ormai famosi DPCM (Decreto Presidenza del Consiglio dei Ministri) e le ordinanze del Dipartimento della Protezione Civile, sono diffusi anche dalle organizzazioni di volontariato e dagli enti locali soprattutto via Fb, sui siti istituzionali, sulle pagine personali degli amministratori, degli operatori dei Comuni, delle cooperative sociali che operano per conto degli enti pubblici. I provvedimenti sono “tradotti” in informazioni chiare, semplici, dirette ad un pubblico vasto, in particolare alle persone con maggiori difficoltà. Soprattutto a chi è in stato di bisogno a causa della perdita del lavoro o a una sua sospensione.

Tutta l’informazione viaggia on line. Se non si è collegati, se a casa non si ha un computer con linea ASDL si rischia di essere fuori: dalle lezioni scolastiche, dai laboratori per i disabili. Da tutto ciò che prima della pandemia si poteva fare fuori e che ora deve essere fatto dentro. Quando un dentro esiste.

L’accesso ai servizi

L’Italia risulta essere il terzo Paese al mondo per numeri di telefonini, dopo Corea del Sud e Hong Kong. Oltre 34 milioni sono le persone collegate con un telefono cellulare (fonte Wired). Eppure per migliaia di persone l’esclusione sociale si sta accentuando. Sono i senza dimora, chi vive nei campi, coloro che sì, hanno una casa e un telefonino, ma solo per telefonare, al posto di quello fisso, che ha costi molto più alti di uno mobile. Ognuno di noi ne conosce almeno una persona con queste caratteristiche. Di certo non possono fare le domande online per avere contributi per l’acquisto di generi alimentari o per l’igiene personale, come viene richiesto per accedere ai benefici messi a disposizione.

Per loro non si può parlare di accesso ai servizi, di godimento dei servizi essenziali anche se nell’articolo 3 della Costituzione tutti i cittadini hanno pari dignità sociale ed è compito della Repubblica rimuove gli ostacoli di ordine economico e sociale; anche se nella Carta Europea dei Diritti Fondamentali all’art. 34 è riconosciuto il diritto alle prestazioni di sicurezza sociali e ai benefici sociali al fine di lottare contro l’esclusione sociale e la povertà; anche se il Pilastro Europeo dei Diritti Sociali riconosce tra i suoi principi l’accesso ai servizi essenziali (art. 20) tra cui le comunicazioni digitali.

Chi è escluso dall’accesso al mondo digitale, ha bisogno di contatti diretti, nei luoghi dove stanno (strada o campi che siano), e i volontari o gli operatori sociali sono i “ponti” tra loro e chi eroga il beneficio. E quindi, ecco la corsa a trovare soluzioni di emergenza anche per queste persone: un cestino con del cibo agli angoli delle strade, buste con generi alimentari intorno aiuole. Doni anonimi per riceventi sconosciuti perché anche questo è solidarietà. Si moltiplicano interventi diretti delle associazioni, le cassette postali fuori le sedi dei comuni, aiuto da vicini di casa.

Una questione di diritti

Tutti coloro che sono consapevoli del danno che sta portando questa crisi, molto maggiore a quella del 2008, possono dare una mano lo stanno facendo, lo stiamo facendo. È un aiuto incondizionato, trasversale, chi può dà, chi non può riceve.

Ma non è questo che riduce le disuguaglianze tra chi è in e chi è out. È nell’applicazione delle norme basilari per tutti, è in uno Stato di diritto che consenta a tutti, senza distinzione, di accedere ai servizi e beni essenziali, che si trovano le soluzioni. Solo così il volontariato organizzato o spontaneo può essere di sostegno e non essenziale, senza il quale molte persone sarebbero ancora più escluse.
Altrimenti gli va riconosciuto ben altro ruolo.

Leggi anche le informazioni e gli aggiornamenti dalle associazioni che si mobilitano per l’emergenza COVID19 a questo link.

Se avete correzioni o suggerimenti da proporci, scrivete a comunicazionecsv@csvlazio.org

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