IL BUDGET DI SALUTE: UNO STRUMENTO PER UN NUOVO WELFARE
La ASL Roma 6 ha organizzato un corso di formazione. Il budget salute rimette il cittadino al centro ed è un'alternativa all'istituzionalizzazione
di Loredana Capitani, Carla Bonacini e Alessia Morici
11 Novembre 2019
«Il budget di salute è uno strumento frutto di una cultura antica, ma che potrebbe prefigurare un nuovo modo di finanziare il Sistema Sanitario»: con queste parole Mario Ronchetti, Direttore Sanitario della ASL Roma 6, ha inaugurato l’appuntamento formativo sul budget di salute, tenutosi il 29 e 30 ottobre alla Casa della Salute di Rocca Priora, l’ultimo delle tre sessioni previste. Le edizioni precedenti si sono svolte ad Anzio nella struttura di Villa Albani e all’Ospedale dei Castelli di Ariccia. Obiettivo del percorso formativo era coinvolgere operatori del Dipartimento di Salute Mentale/Dipendenze, del Dipartimento del territorio, dei Servizi Sociali dei Comuni e di alcune cooperative sociali nei luoghi dove principalmente operano. Questo corso di formazione, fortemente sostenuto dal Direttore del DSMDP, Eduardo Ferri, «potrà sicuramente rappresentare un laboratorio per l’implementazione del budget di salute (BdS) in tutti i Servizi Socio Sanitari», questo è il motivo per cui il corso è stato organizzato in collaborazione con il Dipartimento del Territorio, il cui Direttore, Marco Mattei, ne ha evidenziato la necessità, rispetto a quanto attualmente in programmazione sul complesso tema del “dopo di noi” e più ampiamente sulla “disabilità in età adulta”.
L’impegno che stiamo profondendo su questo tema, ha detto Eduardo Ferri «è in linea con le indicazioni che emergono dalle normative regionali ( La legge 11/16 “Sistema integrato degli interventi e dei servizi sociali della Regione Lazio”; la legge 112/16 “legge sul Dopo di Noi”; Piano Sociale Regionale “Prendersi cura”), che pongono ormai il BdS come uno strumento operativo, che deve essere padroneggiato sempre meglio da tutti gli operatori per realizzare progetti integrati che rispondano in modo sempre più efficace ed adeguato alle necessità e ai bisogni assistenziali e terapeutici degli utenti che presentano situazioni complesse. A testimonianza di quanto il DSMDP sia impegnato su tale fronte, ci tengo a far presente che tra gli obiettivi assegnati ai Dirigenti ed agli operatori c’è anche quello relativo alla predisposizione di progetti con BdS».
Responsabili scientifici dell’evento formativo sono state le assistenti sociali Carla Bonacini e Loredana Capitani, ma in realtà questo complesso percorso formativo è stato possibile grazie ad un lavoro di squadra, che ha visto una significativa collaborazione della Dottoressa Paola Capoleva e del coordinatore dottoressa Sabrina Renson. Sono stati formati 45 operatori per sessione, per un totale di circa 140 persone, a cui si sono aggiunti, come uditori, i volontari delle associazioni che compongono la Consulta di salute mentale della Asl Roma6.
CHE COSA È. Il rapporto tra budget di salute e welfare è stato il leitmotiv dei molteplici interventi che hanno arricchito il programma formativo. Nato come strumento alternativo alla istituzionalizzazione e contenzione delle persone fragili, il budget di salute punta a far sì che l’intervento terapeutico non si riduca a quello farmacologico, spesso insufficiente nelle malattie croniche e nella salute mentale, ma abbia come obiettivo il reinserimento e l’attivazione delle reti sociali intorno al paziente. Esso è di fatto uno strumento amministrativo che non solo dà contenuto economico al PTRP, ma permette, attraverso il meccanismo del budget personalizzato, di sancire il passaggio da un welfare assistenzialista ad un welfare di comunità.
Uno strumento di lotta, lo ha definito lo psichiatra Angelo Righetti, il cui intervento ha costituito una delle sessioni principali della formazione, uno strumento “estremista”, che, se usato con intelligenza e creatività, non solo è sostenibile, ma genera opportunità, valore, contesti dove le prognosi diventano positive. Il budget di salute è una “riconversione che impatta lo sviluppo locale”, perché il paziente cessa di essere “centro di costo” per diventare soggetto economico attivo: si supera così l’inerzia del sistema pubblico, si tagliano i costi delle rette e quello stesso budget, prima destinato a pagare l’istituzionalizzazione dell’assistito, potrà essere utilizzato per creare spazi dell’abitare, luoghi sociali dove sperimentare relazioni di comunità, posti di lavoro con un ritorno importante in termini sia economici che umani, non solo per gli utenti, ma per l’intera collettività.
I PROGETTI. Tra gli esempi virtuosi di budget di salute illustrati, esemplare è l’esperienza della Fondazione di Comunità di Messina che, con il progetto “Luce e libertà”, ha contribuito al progressivo reinserimento sociale di 56 internati dall’Ospedale psichiatrico giudiziario di Barcellona Pozzo di Gotto, con risultati eccellenti e costi di gran lunga inferiori, rispetto ai modelli tradizionali di welfare assistenziale; “gli internati”, a cui è stato assegnato un “budget di capacitazione”, hanno conferito i propri capitali ad una Fondazione di partecipazione, che li ha investiti per realizzare impianti fotovoltaici in un quartiere di Messina, non solo garantendo l’inclusione lavorativa di alcuni di loro, ma attivando così processi di sviluppo locale. Altro caso significativo, presentato dal professor Mosca, docente dell’Università Federico II di Napoli, è quello del progetto “La forza del silenzio”, in cui un’associazione di genitori di ragazzi autistici di Caserta, attraverso il budget di salute ha recuperato e riqualificato un bene confiscato alla mafia, per creare un posto dove dare servizi di alta qualità a persone con lo spettro autistico, ma anche per restituirlo alla collettività come spazio sociale integrato, frequentato e supportato da tutta la comunità. Le persone fragili sono così diventate protagoniste del riscatto dei territori depredati dalla criminalità organizzata.
LA CO-PROGETTAZIONE. In entrambe le esperienze, la collaborazione tra pubblico, terzo settore e società civile, oltre al risparmio economico sulla spesa pubblica, ha permesso l’attivazione di meccanismi di inclusione sociale e di rigenerazione dei territori. Mosca ha definito il budget di salute “un’opzione di default”, un’adeguata architettura di condizioni che non costringe, ma “gentilmente” spinge all’integrazione i vari soggetti che producono welfare e a scegliere percorsi di capacitazione delle persone e dei territori, secondo i principi del cosiddetto paternalismo libertario.
Il budget di salute non è di fatto pensabile all’interno di un sistema economico competitivo, occorre che le amministrazioni, quando si tratta di “beni comuni”, scelgano di attivare processi di co-gestione tra pubblico e privato sociale.
L’art. 55 della Riforma del Terzo Settore introduce la co-programmazione e la co-progettazione, come strumenti di programmazione territoriale che privilegiano il terzo settore: «Si tratta di pratiche innovative importanti, che permetteranno di sperimentare nuovi servizi», afferma Antonio D’Alessandro, vicepresidente del CSV Lazio, tant’è che anche il legislatore regionale ne consiglia l’adozione.
Ripartire dalla responsabilità collettiva, secondo un principio di cogestione pubblico/privato e dalle capacità inesplorate delle comunità locali è la premessa fondante per il budget di salute. Non è un caso che proprio nella Roma 6.1, uno dei quei distretti Asl che vanta una lunga tradizione di collaborazione tra Sistema Sanitario, Comuni e Società civile, il budget di salute abbia trovato terreno fertile per una prima sperimentazione nella Regione Lazio, i cui esiti dovranno poi essere usati per orientare la formulazione delle linee guida regionali.
Da quanto emerge delle schede di valutazione del corso restituite dai partecipanti, questo nuovo approccio alla progettazione socio-sanitaria ha ottenuto molti consensi, accompagnati spesso da forme di entusiasmo e voglia di sperimentarsi.
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