IL CORONAVIRUS NON FERMA IL VOLONTARIATO. FROSINONE: L’EMERGENZA IN UNA STORIA
Si cerca di continuare ad ascoltare le persone e di mantenere le relazioni via internet. Ma ci si preoccupa anche per la spesa e i farmaci
18 Marzo 2020
Il Coronavirus non ferma il volontariato. Da qualche giorno vi stiamo raccontando cosa accade in quella bella e significativa parte del nostro Paese, che è fatta dalle associazioni e dai volontari. È una parte sana, vitale, ma che mai come in questo momenti si trova divisa tra la voglia di continuare ad aiutare e le norme che impongono alle persone di limitare i contatti. Fare volontariato in assenza di socialità sembra un ossimoro, visto che la vita del volontario, prima ancora che di interventi pratici, è una vita fatta di relazioni, contatti, calore umano. Alcune associazioni sono state costrette a fermarsi, a chiudere le proprie sedi. Alcune hanno deciso di continuare, con le dovute precauzioni, servizi che non potevano essere sospesi, altre hanno deciso di modificare i loro interventi. Dopo avervi raccontato cosa succede a Roma e nelle province di Rieti e Latina, continuiamo il nostro viaggio nel territorio di Frosinone.
Dipendenze: ascoltare, anche a distanza
Armando Caringi è il presidente dell’associazione Il Faro di Sora, un centro di ascolto e di aiuto per le dipendenze e le ludopatie. Potete immaginare quale sia, per un lavoro delicato come questo, l’importanza del contatto con le persone. «In associazione pratichiamo due tipi intervento», ci ha spiegato. «Un intervento diretto sulle dipendenze, gestito da psicologi e psicoterapeuti e da un assistente sociale. I nostri colloqui vengono fatti in sede». L’altro tipo di intervento «è la prevenzione a tanti livelli, che parte dall’informazione scientifica per arrivare ai laboratori di socializzazione, come il teatro, la psicomotricità» continua il presidente. «Eravamo attivi con un megaprogetto con 16 scuole».
La parte che riguarda il colloquio è cambiata. «Ora si fa on line per chi vuole e chi ha particolare esigenza», spiega Caringi. «Il colloquio di solito prevede il contatto stretto con le persone, e se è un dipendente da videogame è semplice da gestire. Ci sono invece dipendenti in fase attiva e incontrollata da sostanze in cui, davanti alla crisi che si presenta, è difficile gestire il protocollo». Alcune scelte, in questo caso, sono state imposte. «Alla fine abbiamo deciso di chiudere la sede, e di rimanere a disposizione per intervenire, qualora si presentasse un’eventuale emergenza. Molte delle persone che seguiamo hanno scelto il colloquio via skype, con tutti i limiti del caso, perché un colloquio Skype ha un suo valore, ma manca di tutta la parte non verbale, che c’è nell’incontro di persona».
Il lavoro a scuola si è interrotto, così come quello dei laboratori: «Non è possibile garantire la distanza», spiega il presidente de Il Faro. «Ad esempio, a teatro c’erano 25 ragazzi e il teatro è fatto di movimenti del corpo. Alcuni laboratori continueranno su un canale YouTube».
Ecco che cosa è un’emergenza
Il Coronavirus non ferma il volontariato, ma la situazione per un servizio come questo è complessa, e Caringi ha avuto modo di toccarla con mano. «Io vengo da solo alla sede de Il Faro, perché abbiamo dei gatti per la pet therapy, che vanno accuditi», racconta. «C’è stata un’emergenza: è venuto in ragazzo con seri problemi dipendenza da sostanze e si è messo a urlare. Io sono rimasto all’interno, e lui fuori dal cancello chiuso, ma mi sono sentito una responsabilità. Volevo dare un segnale: si sono affacciati i vicini e andava fatto capire che le regole sono regole per tutti». Non era possibile far entrare una persona nella sede. Così Caringi ha deciso di parlarci, ma lasciandolo all’esterno, con una rete in mezzo che interrompeva la relazione. «Calmarlo è stato complesso, la rete non facilitava lo scambio, lui la viveva come una forma di emarginazione», ci ha spiegato. «Una volta calmato, l’ho convinto a tornare a casa. Ma per chi è in una fase di dipendenza attiva, il fatto di non potersi incontrare è un problema serio».
E se dovesse essere di nuovo importante intervenire in prima persona e non solo attraverso i canali telematici? «Ci siamo organizzati in modo che l’emergenza possa essere gestita dal team di persone che possano rispondere meglio all’esigenza del momento. Per cui l’intervento a casa può essere fatto con gli operatori che sono attrezzati», risponde il presidente de Il Faro. «Finora non è servito: siamo in contatto con le persone che stavamo seguendo ed è tutto tranquillo. A parte quell’episodio non ci sono stati nuovi contatti, però è un dato che andrebbe letto. Secondo me è una situazione che esploderà e ci stiamo attrezzando per intervenire».
Testimonianze dalla quarantena
Walter Bianchi è il presidente dell’associazione Dike di Cassino. La sede è nel parco comunale e quindi non può fare attività all’interno. «L’associazione Dike è solidarietà, sussidiarietà e giustizia sociale», spiega. «Cerca di mettere in campo una serie di azioni per aiutare persone che hanno dei bisogni. Abbiamo realizzato dei punti di ascolto e segretariato sociale, abbiamo una biblioteca, che cercheremo di implementare con nuovi servizi, abbiamo in attivo collaborazioni con il centro diurno e il centro salute mentale, e facciamo parte del laboratorio Teu, un incubatore dove si raccolgono idee».
Come potete immaginare, molte di queste attività sono costrette a fermarsi. «In questo momento abbiamo dovuto fermare tutte le attività che prevedevano una presenza fisica», conferma Bianchi. «Avevamo in previsione di lanciare la biblioteca con una serie di servizi, avevamo in mente di riorganizzare il servizio di segretariato sociale, ma anche questo è in stand by, così come l’attività del centro diurno con i suoi laboratori, il cineforum». Ma l’associazione si sta organizzando per fare le attività che sono consentite attraverso il web e i contatti virtuali. «Attraverso la rete abbiamo avuto l’idea di coinvolgere tutte le persone che ci sono vicine, chiedendo loro di inviarci testimonianze, grazie alle quali vedere come trascorrono questi giorni in quarantena», spiega Bianchi.
Dike ora sta cercando di rendersi utile per l’emergenza. «Stiamo appoggiando un’iniziativa del Comune di Cassino, dell’Assessorato alla coesione sociale», spiega il presidente. «Abbiamo messo a disposizione la nostra rete per comunicare le attività del Comune rivolte agli anziani e alle persone con disabilità. Ci sono numeri che le persone possono chiamare e richiedere la spesa a domicilio per beni prima necessità o farmaci».
Vista l’attività di Dike, viene immediato anche chiedersi quale sia la situazione degli stranieri presenti sul territorio, spesso i più fragili in situazioni come questa, perché non sufficientemente informati. «Tempo fa abbiamo avuto la possibilità di costituire un’associazione formata da migranti, si chiama Comunità africana», risponde Bianchi. «Grazie a loro e a La luce, un’associazione del territorio, è stato possibile costituire un vademecum per gli stranieri nelle loro lingue».
Le consegne a domicilio
Luigi De Matteo è il presidente dell’associazione Centro Iniziative Internazionali Città Futura di Ceccano. «La nostra associazione, che faceva sostegno alle politiche di sviluppo nei paesi africani e collaborava con i progetti A Modo Bio, un po’ alla svolta si è diretta verso la formazione di soggetti bisognosi di sostegno», spiega. «Alla fine ha messo a frutto la sua esperienza mettendo a punto iniziative di costruzione di reti». Ovviamente la vita di chi, per lavoro, incontra persone e mette insieme associazioni, è cambiata molto.
«Ci sentiamo per telefono, lavoriamo con i social, sviluppiamo riflessioni su come agire», spiega De Matteo. Ma Città Futura a Ceccano ha incominciato a pensare anche ad altre attività. «Abbiamo suggerito la costruzione di un’associazione temporanea di scopo per proporre al Commissario Prefettizio un’iniziativa per la consegna a domicilio di farmaci e spesa».ha spiegato il presidente. «Non potendoci mobilitare fisicamente abbiamo fatto una formale richiesta al Commissario, il quale non ci ha risposto. Così siamo costretti a chiedere una sottoscrizione di sostegno tramite la piattaforma Change».
Quanto all’attività di formazione, «il problema è che la nostra è una formazione di relazioni», riflette De Matteo. «Abbiamo un modo di costruire relazioni tra i gruppi e se c’è bisogno possiamo avvalerci del sistema di formazione dei Centri di Servizio per il Volontariato. Siamo bloccati mentre dovremmo muoverci. Quello che possiamo fare è suggerire ai gruppi, che si stanno già sentendo per altri motivi, di fare delle cose invece che altre. Abbiamo una chat del laboratorio Te, in cui una delle associazioni più attive di Cassino mette a disposizione le pratiche che sta acquisendo facendo attività insieme al Comune».
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