VOLONTARIATO DEI BENI CULTURALI: ARRIVA LA MAGNA CHARTA
Esperienza pilota toscana, la Magna Charta nasce per favorire riconoscimento, programmazione e organizzazione dell’attività del volontariato dei beni culturali
di Paola Atzei
11 Febbraio 2016
Il volontariato gioca un ruolo sempre più importante nella tutela dei beni culturali. Occorre, quindi, riconoscerne e organizzarne l’azione, integrandola con quella istituzionale. Paola Atzei, nel n. 2/2015 di VDossier, racconta la “Magna Charta”, nata in Toscana proprio con questi obiettivi.
Il volontariato per i beni culturali contribuisce alla tutela e conservazione dei beni artistici, storici, culturali e paesaggistici nel nostro Paese, con azioni e servizi diffusi sul tutto il territorio, grazie all’impegno di volontari qualificati e motivati. Vista la costante crescita del numero di volontari impegnati nel settore, nell’ultimo decennio i musei hanno lavorato per mettere a sistema approcci di lavoro e di collaborazione con il volontariato: ne sono scaturite esperienze concrete, documenti, linee guida e buone pratiche.
In particolare, a partire dal lavoro svolto da Icom Italia per individuare linee d’azione su cui sviluppare politiche culturali innovative, si sono evidenziate le necessità di garantire qualità organizzativa e di programmazione nel coinvolgimento e integrazione dei volontari, che operano in una logica diversa da quella della gestione del personale di ruolo e del contratto di lavoro; di supportare il personale dipendente nell’adattamento alla presenza fisica dei volontari; di prevedere la formazione in modo permanente per un numero sempre maggiore di volontari, anche insieme al personale dipendente.
In questa cornice, tra i territori che hanno attivato politiche di riconoscimento e intervento in tema di volontariato dei beni culturali, in Toscana è stato realizzato un progetto innovativo che ha portato alla stesura di un importante documento: la Magna Charta del volontariato dei beni culturali (scaricabile dal sito www.cesvot.it del Csv Toscana). Scopo del documento è quello di favorire il riconoscimento, la programmazione e l’organizzazione dell’attività del volontariato dei beni culturali e integrare la sua azione con quelle delle istituzioni statali e locali e di rappresentare un’esperienza pilota, come modello replicabile in altri territori regionali.
Un progetto nato dalla stretta collaborazione tra il Ministero per i Beni e le Attività culturali, la Regione Toscana, la Direzione Regionale per i beni culturali e Paesaggistici della Toscana – MiBAC, il Centro Servizi per il Volontariato-Cesvot, Promo P.A. Fondazione, con il contributo della Federazione toscana volontari beni culturali e delle organizzazioni di volontariato che, partecipando al progetto, hanno reso possibile la sperimentazione.
Magna Charta: come nasce e con quali obiettivi
In Toscana il volontariato dei beni culturali rappresenta circa il 10 per cento delle organizzazioni di volontariato esistenti e si occupa di archeologia, musei, monumenti, biblioteche, archivi, arte, musica, teatro e cinema, tradizioni e folklore (Promo P.A. Fondazione). «Se il volontariato culturale in Toscana è così organizzato e diffuso sul territorio, ciò si deve anche alla capacità delle associazioni di attivare sinergie con istituzioni statali, enti locali, università e soprintendenze.
Un aspetto, quello della collaborazione tra enti pubblici e associazioni – nella chiarezza delle competenze e dei ruoli di ciascuno – che crediamo fondamentale e al quale abbiamo dedicato grande attenzione», come affermava Patrizio Petrucci, presidente del Cesvot durante la realizzazione del progetto nel 2012. La Magna Charta rappresenta un documento di indirizzo per regolare, nel rispetto della normativa di riferimento, le forme di collaborazione tra le associazioni operanti nell’ambito dei beni culturali e i soggetti titolari dei luoghi della cultura di proprietà statale o di enti pubblici o privati. Un accordo quadro, che deve essere condiviso con i volontari attraverso un corso di formazione e una convenzione attuativa.
Il percorso che ha portato alla stesura della Magna Charta si è sviluppato dal 2009 fino al 2014. Il 2009 e 2010 hanno visto le premesse nelle azioni del Centro servizi per il volontariato a supporto delle organizzazioni di volontariato dei beni culturali, per rafforzarne la visibilità e la loro capacità di fare rete.
Dai momenti di riflessione e di confronto tra i volontari è emersa fortemente la necessità di poter definire meglio ambiti, funzioni e compiti per svolgere le attività all’interno delle strutture museali e di luoghi della cultura, ma anche di poter “contare” su strumenti e buone pratiche da parte delle istituzioni, per migliorare la collaborazione e la gestione dei volontari.
Il 2011 è stato l’anno per comprendere il fenomeno con un’indagine online e interviste rivolte al mondo del volontariato e delle istituzioni e per presentare, alla luce dei risultati dell’ascolto e confronto, la bozza della Magna Charta del volontariato dei beni culturali suddivisa in due parti: il documento dei princìpi e la convenzione tipo.
Nel 2012, è partita la sperimentazione del progetto con 24 soggetti tra associazioni, musei e parchi archeologici, con gli obiettivi di:
• arrivare alla stesura definitiva della Magna Charta e della convenzione, valorizzando istanze e suggerimenti emersi dal percorso;
• realizzare un progetto congiunto tra volontari e luoghi della cultura per migliorare la collaborazione sul campo e stimolare l’interesse del volontariato a nuove attività;
• formare in aula congiuntamente volontari e personale di ruolo relativamente a diritti, doveri reciproci, comunicazione, accoglienza e sicurezza;
• realizzare un vademecum frutto delle esperienze formative e della pratica progettuale, la “Guida per il volontario informato”.
Nel 2013 si è avviata la fase attuativa del progetto, con il coinvolgimento delle associazioni e alcuni musei di rilevanza regionale, per favorire la programmazione congiunta e la condivisione delle attività e mettere in atto i principi e le potenzialità della convenzione. Il 2014 è stato dedicato a promuovere il progetto nel suo complesso, a livello nazionale e territoriale, per l’attivazione di partenariati, la diffusione dell’esperienza come modello replicabile e dei “prodotti” realizzati, come utili strumenti di programmazione e organizzazione.
Questo percorso di studio, confronto e sperimentazione durato diversi anni consegna alle organizzazioni di volontariato e agli enti museali, un metodo di lavoro condiviso, un modello replicabile e tre strumenti operativi: la Magna Charta, la Convenzione tipo e la Guida ad uso del volontario informato, che tracciano l’iter di collaborazione tra struttura e associazione.
La Magna Charta è stata concepita per:
• aiutare le istituzioni e le associazioni di volontariato a leggere meglio le proprie necessità (autoanalisi);
• supportare l’ente nella definizione dei compiti che i volontari possono assumere nella struttura;
• facilitare il coinvolgimento del volontariato a partire dalla co-progettazione di alcune attività;
• identificare strumenti e materiali adottabili per migliorare il rapporto e le attività tra ente e associazioni/volontari;
• supportare l’ente e le associazioni nell’individuare linee-guida e contenuti dei percorsi formativi.
La Convenzione tipo
La Magna Charta prende forma attraverso la Convenzione condivisa e stipulata tra le parti, e adattabile alle esigenze dei soggetti firmatari e alle caratteristiche del progetto e contesto della collaborazione.
La firma della convenzione sancisce, quindi, la sottoscrizione alla Magna Charta, l’accettazione dei suoi contenuti e l’avvio di un iter comune su aspetti organizzativi e logistici che entrambe le parti dovranno rispettare. L’assunzione della convenzione diventa per le parti lo strumento per approfondire la conoscenza reciproca dei ruoli e degli ambiti di intervento, in particolare per: formalizzare la collaborazione tra ente e organizzazione di volontariato; evidenziare l’impegno assunto dalle parti nei confronti del personale e dei volontari; esplicitare perché si incoraggia la presenza e la partecipazione dei volontari; evitare di prendere decisioni repentine con ripercussioni negative nel lungo periodo; dimostrare l’impegno nei confronti della comunità; implementare il volontariato attivo nel settore, evidenziando i loro progetti, servizi e attività.
La Guida ad uso del volontario informato
Infine è stata realizzata la Guida ad uso del volontario informato, per supportare e rendere più chiaro il quadro di riferimento e per evidenziare le opportunità della collaborazione, stimolando la creatività nel progettare e nelle realizzare servizi, attività. Si tratta di un vademecum di informazioni pratiche, regole, spunti di approfondimento utile sia ai volontari che agli addetti ai lavori. È il frutto del lavoro dei volontari che hanno partecipato al percorso formativo e di progettazione metodologica, volti a qualificare la presenza del volontariato nella vita dei musei. Da valutazioni complessive emerse dai soggetti promotori e dalle realtà attive nel progetto, il percorso che ha portato alla Magna Charta ha contribuito a generare altri processi, attivare e rinforzare consapevolezze, aprire nuove sfide e prospettive.
Come sottolineato da Elena Pianea, dirigente del Settore musei ed ecomusei della Regione Toscana, con questo percorso:
• si è promossa la consapevolezza del valore delle regole come condizione indispensabile al corretto svolgimento di attività della convivenza civile;
• si è introdotto il concetto del volontariato come soggetto plurale: così come per i musei si parla di “diversi pubblici”, si è cominciato a parlare di “volontariati”, riconoscendo che le persone e le organizzazioni impegnate nel volontariato rappresentano l’eterogeneità, la molteplicità di saperi, interessi e motivazioni della società;
• si è affermato il principio della pari dignità tra operatori professionisti e volontari riconoscendo il valore specifico di cui il volontariato è portatore. Volontari e professionisti hanno entrambi un ruolo rilevantissimo, reciprocamente non sostituibile.
Uno strumento che promuove la partecipazione dei cittadini
Dalle fasi di sperimentazione e attuazione del progetto sono nate idee innovative come quella dell’associazione “Paolo Savi” degli Amici del Museo di storia naturale e del territorio di Calci (Pisa) di trasformare i volontari in narratori storici, per coinvolgere maggiormente la partecipazione dei visitatori e rendere il museo scientifico più aperto integrato al territorio. Molti progetti sono stati inoltre occasione per interessare e accogliere nuovi volontari nelle associazioni.
Ulteriore intento del progetto è quello, in prospettiva, di coinvolgere altre realtà per ampliare il raggio di azione per la tutela, conservazione e valorizzazione del patrimonio italiano, con nuove tipologie di proposte e servizi più articolati, capaci di comunicare e attrarre nuovi pubblici con culture e caratteristiche diverse. Potrà aprire la strada a nuovi modelli di governance, orientati a sistemi di gestione condivisa e improntati alla sussidiarietà e potrà essere concretamente replicabile soprattutto se i soggetti promotori riusciranno a costruire una visione comune delle politiche culturali rispetto alla valorizzazione della comunità nelle sue diverse capacità e potenzialità. Anche questa esperienza ha messo in evidenza come i volontari siano una risorsa fondamentale all’interno del Museo accanto al personale in organico, per diffondere tra la cittadinanza la conoscenza del patrimonio culturale e promuoverne la sua valorizzazione. Per la Federazione toscana dei volontari per i beni culturali, il percorso compiuto con la Magna Charta ha colmato il precedente vuoto di legittimazione nel rapporto tra volontariato dei beni culturali e istituzioni, ma il vero coinvolgimento del volontariato starà nel riconoscimento e valorizzazione delle caratteristiche positive e qualificanti del volontariato, come l’inventiva, la creatività, l’ingegnosità, la passione. La promozione della partecipazione efficace e attiva dei cittadini, non è solo strategica per la qualità della tutela e della valorizzazione del patrimonio culturale, ma determinante per la crescita culturale degli individui e delle comunità.
Un volontariato dei beni culturali più forte e organizzato significa anche cittadini e istituzioni più consapevoli e attente. Il valore delle associazioni e dei volontari impegnati in questo ambito va oltre l’apporto alla soluzione di problemi pratici, per testimoniare un diverso rapporto fra cittadini, patrimonio e istituti della cultura, e il valore del patrimonio culturale storico artistico e paesaggistico come “bene comune” la cui conservazione e valorizzazione corrisponde all’interesse generale di tutti i cittadini.
7 risposte a “VOLONTARIATO DEI BENI CULTURALI: ARRIVA LA MAGNA CHARTA”
Ci sono migliaia di professionisti dei beni culturali in Italia. Archeologi, Antropologi, archivisti, bibliotecari, storici dell’arte, tutte persone che hanno speso soldi ed anni della loro vita in una formazione professionale adatta ad occuparsi di beni culturali ma che resteranno (ancora) senza lavoro anche per colpa di iniziative come questa.
Regolamentare volontari ignoranti in materia è oltraggioso nei confronti di queste persone e pericoloso per il patrimonio artistico italiano. I nostri beni culturali sono un patrimonio inestimabile che devono essere gestiti solo ed esclusivamente da PROFESSIONISTI COMPETENTI che possano garantire standard di qualità elevati, e questo è un LAVORO che VA PAGATO!!! BASTA VOLONTARI!!!
Ha ragione. Lo dice molto bene Antonio Paolucci, direttore dei Musei Vaticani, in questa intervista: https://www.retisolidali.it/volontariato-per-i-beni-culturali. E mi sembra anche molto chiaro Philippe Daverio in quest’altra intervista: https://www.retisolidali.it/volontariato-nei-musei-daverio/. Il nostro Paese deve investire di più in professionalità per tutelare e valorizzare il proprio patrimonio culturale, ma questo non esclude che il volontariato possa e debba avere un ruolo.
Una sola domanda.
Qualcuno si sognerebbe di dire che infermieri, medici e autisti della Croce Rossa, o operatori che vanno in aiuto di bisognosi, anziani, handicappati, bambini, o chi pulisce alvei, boschi e sentieri, tutte persone competenti, ruba posti che potrebbero essere pagati? Perchè il volontariato culturale è così inviso proprio a coloro a cui è rivolto? Spesso serve a far nascere situazioni a favore di chi viene retribuito.
Scusi ma la sua domanda è veramente sciocca.
I volontari in campo sanitario non si sostituiscono a medici, infermieri o quello che è, mentre a quelli in ambito culturale nessuno impedisce di fare il lavoro dei professionisti. L’abuso del volontariato causa concorrenza sleale contro chi ha studiato anni ed anni per poi vedersi superato da qualcuno di assolutamente incompetente che però si fa sfruttare gratis.
Scusi, ma le sciocchezze le sta dicendo lei. Chi le dice che una ODV in campo culturale nasce per sottrarre lavoro ai professionisti e non per favorirli?
Innanzitutto:
Codice dei Beni Culturali articolo 6
Valorizzazione del patrimonio culturale
1. La valorizzazione consiste nell’esercizio delle funzioni e nella disciplina delle attività
dirette a promuovere la conoscenza del patrimonio culturale e ad assicurare le migliori
condizioni di utilizzazione e fruizione pubblica del patrimonio stesso. Essa comprende
anche la promozione ed il sostegno degli interventi di conservazione del patrimonio
culturale.
2. La valorizzazione e’ attuata in forme compatibili con la tutela e tali da non pregiudicarne
le esigenze.
3. La Repubblica favorisce e sostiene la partecipazione dei soggetti privati, singoli o
associati, alla valorizzazione del patrimonio culturale.
Una ODV seria contribuisce alla valorizzazione culturale operando in modo armonico. La valorizzazione può essere attuata ottimizzando le risorse economiche ed umane. In più vi è una relazione tra queste e i beni e la loro storia negli specifici territori.
Chi li tiene vivi?
Abbiamo pure assistito a visite guidate sotto la guida entusiasta di laureati in storia dell’arte, che in una chiesa intitolata a San Girolamo facevano esporre a giovani “volontari” (questi si sfruttati gratuitamente) gente che aveva studiato, che forse il santo che si batteva il petto con una pietra poteva essere San Pietro. il tutto sotto lo sguardo inorridito degli abitanti di quel luogo che da almeno 5 secoli sapevano bene di chi si trattava.
Che mi dice di questo?
Il Volontariato organizzato, anche da soggetti privati, opera essenzialmente a favore di terzi, non di chi compone l’associazione nelle forme consentite dalla legge; non suppone di sostituirsi, ma si propone di partecipare, cosa che non può essere preclusa, e di aiutare a sperimentare quello che altrimenti non sarebbe possibile. Spesso vengono contattati giovani laureti, o docenti, a collaborare per le loro competenze. E sa che succede? La maggior parte sono all’estero. Alcuni di quelli che restano in Italia non sono interessati, o sono pressati da altri impegni e altri se ne vanno per altre strade.
Posizioni come la sua sono porte chiuse a voi stessi.
Non sia ridicola. Non mi venga a dire che il volontariato culturale non viene sfruttato per sostituire il professionista, perché se ne è davvero convinta significa che non ha idea di come funzionano i beni culturali in Italia e di conseguenza sta parlando di cose che non conosce. Lo scandalo degli scontrinisti della biblioteca di Roma di qualche mese fa se lo ricorda oppure anche quelli erano “benefattori” che noi professionisti brutti e cattivi disprezziamo perché non ci rendiamo conto della fortuna che abbiamo?
La verità è che l’abuso di volontariato nuoce sia ai professionisti che vorrebbero lavorare e non possono, sia ai volontari che si fanno sfruttare nell’illusione che un giorno verranno assunti.
Smetta di vivere nelle favole e vada a cercare la legge Ronchey del 1993, piuttosto. Nonostante le modifiche, è sostanzialmente in vigore oggi.
Non vivo nelle favole, e sono cose che conosco bene.
Presiedo da anni una piccola Organizzazione di Volontariato Culturale che collabora con le istituzioni.
Abbiamo ideato progetti di valorizzazione attraverso i quali abbiamo PAGATO i professionisti (artisti, storici, neolaureati in materie letterarie e figurative, custodi già assunti, per le ore di straordinario, e custodi aggiunti, trasportatori, ecc.) in occasione di eventi molto qualificati.
Noi volontari abbiamo promosso l’istituzione di un comitato celebrativo che diversamente non ci sarebbe mai stato e invece esiste e ha potuto sostenere economicamente numerosi eventi in Italia e all’Estero. Noi ci siamo messi a disposizione gratuitamente perché queste attività venissero realizzate, dando lavoro ai professionisti, offrendo una possibilità specialmente ai giovani e permettendo di far conoscere il nostro patrimonio culturale.
Ne andiamo molto fieri; se avessimo avuto più fondi pubblici avremmo potuto pagare molte più persone.
Non so quale identità si nasconda dietro il suo pseudonimo o nome, ma la invito a rispettare l’impegno di chi si mette civilmente a disposizione degli altri, a riflettere e a chiedersi se è meglio fare qualcosa tutti insieme o non fare nulla del tutto.