IL MIO PAESE È UN’OPERA D’ARTE ALL’ARIA APERTA

Dopo aver girato l'Italia e il mondo, Giuseppe e sua moglie Manuela sono tornati a Petilia Policastro, paesino vicino Crotone. Qui, nella libreria Libri liberi, è nato uno spazio di comunità, in cui i libri sono donati dall'Italia e dall’estero

di Ilaria Dioguardi

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Rintraccio al telefono Giuseppe Caruso e sua moglie Manuela Arminio mentre sono, per un breve periodo, in Inghilterra. Caruso, docente di arte, e sua moglie, insegnante di inglese, hanno accompagnato come ogni anno i ragazzi della scuola di inglese di lei. Ma la maggior parte del loro tempo lo trascorrono a Petilia Policastro, paesino in provincia di Crotone, da quando sono tornati circa 15 anni fa dopo aver girato il mondo. «Tante persone che si sono traferite, in altre città o all’estero, mi scrivono dicendomi che siamo stati coraggiosi, facendomi i complimenti».

Petilia Policastro
«Il nostro scopo è quello di essere imitati»

Giuseppe, perché siete tornati a vivere nel suo paese, dopo tanti anni?
«Ora facciamo quello che più ci piace. Prima nel nostro paese eravamo circa 20mila abitanti, ora siamo 8mila. Ho studiato Belle Arti, a Catanzaro e a Firenze. Poi io e Manuela ci siamo spostati a Berlino, abbiamo vissuto in Inghilterra, siamo stati molto tempo a Tokyo».

Cosa avete fatto (e state facendo) a Petilia Policastro?
«Tutto ha avuto origine dalla ristrutturazione della casetta di mio nonno, che è diventata la sede della scuola di inglese di Manuela. Nel periodo del Covid, la sera, andavo lì a dipingere. Ho creato una bimba grande. Poi ho continuato a dipingere, dopo la bimba ho dipinto le ali, dedicate a tutti i ragazzi di Petilia che non ci sono più. Fino ad arrivare alla realizzazione di Gretel, la sorella di Hansel della fiaba dei fratelli Grimm. Il vicoletto di Petilia in cui ho iniziato a dipingere è stato inserito su Google maps, poi la mia pagina Facebook è esplosa (oggi conta più di 35mila follower in tutto il mondo). Quando metto le immagini del gallo che mi sveglia alle cinque del mattino, le persone mi dicono: «Che bello, tu vedi il gallo, noi vediamo solo smog e fumo».

Manuela, poi avete dato vita ad una libreria. Com’è nata l’idea?
«La libreria Libri Liberi l’ho voluta aprire io. Ci è stata donata la casa della libreria. Il vicoletto Vico Leone che abbiamo “animato” era quasi abbandonato, abbiamo ridato vita a quattro casette per ridarle alla comunità. I libri sono donati da persone di tutta l’Italia e anche dall’estero, in lingua originale. Ce ne sono stati donati talmente tanti, che a volte abbiamo più copie dello stesso titolo e a nostra volta li doniamo. Per esempio, alcune copie le abbiamo date al reparto oncologico dell’Ospedale di Cosenza, che voleva realizzare una piccola libreria nel reparto per i pazienti che devono fare delle sedute che durano tre, quattro, cinque ore. Altre copie ad un’associazione in Sila, che le ha messe negli chalet in montagna».

Petilia Policastro
«Non ci aspettavamo che i bambini e i ragazzi fossero così eccitati dall’idea di prendere i libri, dai colori delle copertine, quando entrano in libreria. Se li tengono stretti in mano come se fossero tesori»

Vengono anche bambini, nella vostra libreria?
«Sì, soprattutto bambini, abbiamo testi per tutte le età e di tutti i generi, anche fumetti. Anche gli adulti hanno iniziato a venire. È una libreria libera, non è una biblioteca dove bisogna registrarsi. Qui si possono prendere e lasciare dei libri, eventualmente riportarli ma anche donarli ad altre persone. Non ci aspettavamo che i bambini e i ragazzi fossero così eccitati dall’idea di prendere i libri, dai colori delle copertine, quando entrano in libreria. Se li tengono stretti in mano come se fossero tesori. In una società così tecnologicamente avanzata non ci aspettavamo che fossero così attratti dai libri, invece è come se scoprissero qualcosa di nuovo, paradossalmente. In un paese dove la libreria non c’è mai stata è una grande novità, non sono abituati. Quindi è entusiasmante per loro e, di conseguenza, per noi».

I bambini sono colpiti anche dalle opere d’arte all’aria aperta di vico Leone?
«Sì, vengono molte classi a visitare il vicoletto, vengono anche da altri paesi vicini. C’è pure una campana a terra, dove poter giocare, che Giuseppe ogni tanto ridisegna per quanto si consuma. Siamo molto felici. Abbiamo creato un turismo a Petilia Policastro per venire a vedere i murales e la libreria. Dal Covid in poi i vicoli hanno ripreso a vivere. Si comincia a vedere che anche altre realtà che allestiscono le vie e le piazze, ci stanno imitando. La cosa interessante è che ci seguono in tanti».

Petilia Policastro
«Ora mi piacerebbe creare l’ospedale dei giocattoli rotti»

Manuela, perché la campana disegnata a terra?
«Io ho preso un po’ in giro mio marito Giuseppe, quando mi ha detto che voleva disegnare la campana a terra, nel vicolo, pensavo che a nessun bambino interessasse un gioco così di altri tempi, tutti presi come sono dagli smartphone. Lui l’ha fatta e i bambini si divertono come matti. Se noi dessimo questi strumenti antichi per giocare, i bambini li accoglierebbero bene, non li rifiuterebbero, come magari a priori pensiamo».

Giuseppe, perché siete così seguiti?
«Perché secondo me molti emigrati vedono in me e Manuela la coppia semplice che avrebbe voluto costruire qualcosa in Calabria, ma sono andati via e non sono tornati. Questo è molto bello. Molti copiano l’idea di Manuela della libreria. Questa è una vittoria. il nostro scopo è quello di essere imitati e diffondere. Ci invitano ai paesi, ci trattano quasi da “vip”».

Altri progetti in testa?
«Mi piace l’idea di creare l’ospedale dei giocattoli rotti dove i bambini possono portare dei giochi che non funzionano più e noi li rimettiamo in sesto. Ora vediamo…».

Manuela, quando andate per un breve periodo fuori volete tornare presto a Petilia?
«Sì, anche perché quando andiamo in giro e vediamo delle cose ci diciamo: «Questo potremmo farlo a Petilia». Quindi, in realtà, andiamo sempre con le antenne dritte, per captare idee e tornare a costruire nel nostro paese».

Foto Giuseppe Caruso

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