IL MONDO DI LEO: SUPERARE LE BARRIERE CON UN CARTONE ANIMATO

Il mondo di Leo è la prima serie animata italiana che racconta le avventure di un bambino con disturbo dello spettro autistico, rivolgendosi ai bambini e ragazzi con autismo e a tutti i bambini in età prescolare

di Maurizio Ermisino

I cartoni animati rendono i bambini felici. È un aspetto scientifico, provato. E questa è la cosa da fissare bene in mente prima di tutto, quando guarderete Il Mondo di Leo, la prima serie animata italiana che racconta le avventure di un bambino con disturbo dello spettro autistico, prodotta da Rai Kids e Brand Cross e ideata per parlare direttamente a bambini e ragazzi con autismo e contemporaneamente a tutti i bambini in età prescolare, nel segno dell’inclusività.  Il Mondo di Leo arriva su Rai Yoyo, da lunedì 28 novembre alle ore 10:05 e in replica alle 18:30, ed è disponibile su RaiPlay con tutti gli episodi. È un cartone animato bellissimo, dolce, che scalda il cuore. Dove ci sono degli amici con cui i vostri bambini possono passare un po’ di tempo in serenità. Perché li tratteranno con cura. E, sì, li renderanno felici. Il protagonista di queste storie è Leo, un bambino che vede il mondo in modo speciale, tutto suo. Grazie all’aiuto del suo migliore amico, il peluche Babù, e della sua bassottina Lola, troverà sempre una soluzione a tutti i problemi, anche a quelli che sembrano insormontabili. Diretta e illustrata da Dario Piana e scritta e sceneggiata da Nicola Brunialti, Il mondo di Leo ha l’obiettivo di stimolare nei bambini con autismo l’abitudine a determinati comportamenti che non sempre sono semplici o scontati per loro come lo sono per gli altri, basandosi sulla convinzione scientifica che il linguaggio dei cartoni animati sia una valida via d’accesso al superamento di alcune barriere nell’interazione ambientale che impediscono ai ragazzi nello spettro autistico di fruire delle normali occasioni educative.

Autismo: ribaltare la narrazione corrente

il mondo di leo
Il Mondo di Leo nasce dalla volontà di creare un prodotto assimilabile per bambini e ragazzi con disturbo dello spettro autistico capace di parlare, allo stesso tempo, a tutti

L’autismo è un disturbo del neurosviluppo che, secondo le stime del Ministero della Salute, coinvolge in Italia ben 1 bambino su 77 (età 7-9 anni) e che, secondo Angsa (Associazione Nazionale Genitori perSone con Autismo), interessa in totale nel nostro Paese circa 600mila persone, e quindi famiglie.  Emanuela Cavazzini, CEO di Brand-Cross, insieme a Eleonora Vittoni, madre di due gemelli autistici, ha deciso di costruire un progetto a tutto tondo, ribaltando la narrazione corrente. Non per parlare dell’autismo come disabilità, ma per parlare direttamente ai bambini e ai ragazzi con autismo in modo inclusivo, affinché possano identificarsi e sentirsi uguali a tutti gli altri. «Eleonora ha due figli autistici» ci racconta Emanuela Cavazzini. «Ma ho anche amiche che hanno dei figli grandi autistici. È un tema che conosco da più di vent’anni. Quando Eleonora mi ha detto: “perché non facciamo un cartone che possa intrattenere anche bambini con autismo?” ho detto subito di sì. Vedo quanto i bambini autistici siano affezionati ai cartoni animati, quanto li coinvolgano. Quindi abbiamo deciso di fare un programma di intrattenimento, che i bambini autistici possano guardare, senza fare un programma scientifico che parli di autismo». Eleonora Vittoni, co-ideatrice del progetto, ha tre bambini: la più grande ha 11 anni ed è una bimba neurotipica. E poi ci sono i due gemelli di 8 anni, Carlo e Vittoria, ai quali all’età di 3 anni è stato diagnosticato l’autismo di grado 3, ovvero di massima gravità. Un giorno Carlo stava osservando un cartone con particolare interesse e lo capiva. «Carlo riusciva a capire quel cartone perché aveva un linguaggio accessibile nelle forme, nei personaggi, nei colori» ci racconta Emanuela Cavazzini. «E quindi da lì è nata l’idea. Abbiamo pensato: magari se ne possono fare altri di prodotti così. I suoi bambini hanno otto anni, ma ci sono persone che guardano una cosa e dopo un minuto si stufano perché non lo assimilano. Questo cartone i suoi figli, che sono non verbali, lo riuscivano ad assimilare. è nata l’idea di fare un progetto di intrattenimento assimilabile per questi bambini».

I bambini si identificano nei personaggi dei cartoni

Il mondo dei cartoni animati è un mondo magico per i bambini secondo Paolo Moderato, Professore di Psicologia Generale all’Università IULM di Milano e Presidente di IESCUM, Istituto Europeo per lo Studio del Comportamento Umano, che è stato una delle anime del progetto. Il linguaggio dei cartoni crea un contesto giocoso interattivo che può essere sfruttato in molti modi. «La cosa più importante di tutte è che i cartoni animati rendono i bambini felici» riflette Emanuela Cavazzini. «È un aspetto scientifico, provato. Già partendo da questo assunto fare una serie animata di questo genere era la possibilità di rendere felici dei bambini sia con spettro dell’autismo che non». «Un’altra cosa importante dei cartoni animati è l’identificazione nei personaggi, da parte dei bambini, e spesso anche da parte degli adulti» continua. «Solitamente accade con un personaggio specifico. Il figlio di 27 anni di questa mia amica, autistico, si è identificato nella Sirenetta. Quello che Ariel racconta e canta per lui è motivo di felicità, serenità, tranquillità. E non è poco per queste persone. Se i personaggi sono scritti e realizzati in un certo modo c’è una forte propensione a seguire un insegnamento, un comportamento, un suggerimento». La cosa bella de Il Mondo di Leo è che è davvero un cartone animato per tutti, non solo per i bambini nello spettro dell’autismo. «È stato un lavoro bellissimo e geniale di Nicola Brunialti, con la guida del professor Moderato e insieme a Dario Piana» ci spiega Emanuela Cavazzini. «Abbiamo identificato insieme alle mamme di bambini autistici e al professor Moderato i primi dieci comportamenti tipici di un bambino autistico. Nella scrittura e trasposizione di fiction, Nicola, il professore e Dario hanno cercato di trovare il giusto bilanciamento che potesse, per un bambino come autismo, fargli riconoscere che ha quel problema; ma raccontarlo in modo che anche per i bambini piccoli normotipi sia lo stesso problema. Nella narrazione abbiamo volutamente cercato di tenere i piatti della bilancia allineati».

Per tutti i bambini i problemi si somigliano

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Il linguaggio dei cartoni crea un contesto giocoso interattivo che può essere sfruttato in molti modi

Nicola Brunialti, scrittore e sceneggiatore del cartone, incontra migliaia di bambini ogni anno nelle scuole di tutta Italia. E fra questi sono sempre di più quelli assimilabili allo spettro autistico «Ho scritto molti libri per ragazzi, sono diciassette anni che giro per le scuole, e di bambini assimilabili allo spettro autistico ne incontro davvero tanti» ci spiega. «In generale sono molto interessati, partecipano all’incontro, dicono la loro. E spesso da loro mi vengono dei commenti che magari gli altri non pensano, e ti spiazzano con cose che non hai pensato, e loro ci arrivano per un’altra strada». L’idea delle storie del cartone era di raccontare a questi ragazzi come affrontare le difficoltà della vita in modo divertente, cosa utile anche ai bambini neurotipici. «Parliamo a dei bambini piccoli in età prescolare» ci spiega l’autore. «Io ho scoperto che per tutti i bambini i problemi si somigliano. È chiaro che, per un bambino nello spettro autistico, quei problemi diventano giganti. Cose come lavarsi, affrontare la visita del medico, mangiare le verdure, gli imprevisti. Ci sono argomenti che sono generici, ma per un bambino con autismo, ad esempio, l’imprevisto è qualcosa che colpisce di più. Ma mi sono reso conto che se ai miei nipoti, che hanno sei anni, dici “domani andiamo al cinema” e il giorno dopo non lo fai, fanno i pazzi». Ma l’altro scopo del cartone era quello di raccontare proprio ai bambini neurotipici chi sono quei loro compagni che a volte sembrano così misteriosi e un po’ bizzarri. «Ho visto che in realtà nelle classi che ho frequentato questi ragazzi sono circondati da affetto» ci spiega Brunialti. «Credo che sia interessante raccontare a tutti i bambini chi sono questi bambini che a volte sono rumorosi, a volte sono molto invadenti, a volte non lo sono per niente. Mi rendo conto che spesso quello che ci fa paura è quello che non conosciamo. E allora perché non cominciare a raccontare ai più piccoli chi sono questi bambini che si trovano nelle loro classi?».

I bambini autistici sono incredibilmente fantasiosi

«Conosco l’autismo, anche se non per esperienze dirette» ci spiega Dario Piana, storico regista pubblicitario e cinematografico, illustratore e artista eclettico. «Quando mi hanno coinvolto, ho pensato che fosse un’opera colossale, ma anche che non sapevo niente dell’autismo. E mi hanno istruito. Ma in realtà non c’erano grossi problemi. I bambini autistici sono incredibilmente fantasiosi. Lo abbiamo visto facendo fare loro dei test sui primi disegni, facendoli colorare. Poi c’era un precedente, la storia di un bambino autistico che, grazie ai cartoni Disney, ha superato molti dei suoi problemi». La storia di Owen Suskind è raccontata nel film Life Animated, di cui avevamo parlato su Reti Solidali. «Gli esperti mi hanno confermato che il cartone animato è una grande calamita» continua Piana. «E che non avremmo fatto una cosa didattica, una cosa medica. È una cosa per tutti, racconta un bambino speciale, e i problemi che ha lui, sono quelli di tutti i bambini. Quello che per i bambini autistici non andava bene lo evitavamo: Ma non ci sono stati grandi limiti, si è potuto dare sfogo alla fantasia più sfrenata, pur pensando che il protagonista doveva risolvere un problema».

Il cartone bidimensionale

Dario Piana ha cercato così di creare visivamente un mood delicato e molto fantasioso, pieno di colore e prospettive bizzarre. «Inizialmente ci siamo chiesti: “come lo facciamo?”. Ci chiedevamo se farlo in stile Pixar» ci spiega il regista. «L’idea è stata invece quella di andare sul cartone più tradizionale. Il target è quello dei bambini fino ai sei anni. Al di là del bambino con autismo, anche quello neurotipico apprezza di più il cartone bidimensionale che quello alla Pixar., perché altrimenti rischia di venire un po’ travolto. In realtà la fantasia è stata estrema. Ma la distorsione della realtà era una cosa che avrebbe mandato i bambini di 4-5 anni in confusione. Ci sono i colori, le cose strane, cartoonesche. Ma le prospettive, le profondità dovevano essere reali. Anche le cose più folli, come il mondo degli ingranaggi, hanno una prospettiva reale. Quindi abbiamo messo tutti i colori che volevamo, i dinosauri, le isole, ma dovevano essere dei mondi tangibili. Qualunque ambiente, se dovessimo costruirlo, esisterebbe veramente. Abbiamo scelto la bidimensionalità, che è quella che piace ai bambini di quell’età. Non c’erano limiti per i colori, perché i bambini sono molto attratti dal colore. Abbiamo fatto dei test in cui ho presentato i disegni in bianco e nero, i bambini li hanno colorati, e alcuni facevano i personaggi arcobaleno. La nostra idea era: il plausibile nell’impossibile». Il Mondo di Leo ha dei codici di comunicazione semplici, ma non banali. «Essendo il regista, ho fatto la regia mentre disegnavo» ci spiega Piana. «Ho evitato di fare sempre il piano sequenza, ma ho adottato anche campi e controcampi, i carrelli avanti e indietro. È stato uno sfizio mio, e funziona». Le reazioni dei bambini, ed è questo che conta, sono state entusiastiche. «Siamo stati sorpresi» ci svela Piana. «È chiaro che immaginavamo che una cosa colorata, con personaggi simpatici, potesse funzionare. Ma la reazione è stata pazzesca. Ho testato la serie con dei bambini di miei amici, e ora lo stanno rivedendo per la quarta volta».

FacciaVista e le associazioni: una forza positiva contagiosa

il mondo di leo
Il Mondo di Leo è divento un progetto multimediale

Ma Il Mondo di Leo non si ferma alla serie, ed è divento un progetto multimediale «Quando stavamo in fase di scrittura, ho pensato che Il mondo di Leo non poteva finire con la serie tv, per il fatto che il mondo dell’autismo è enorme» ci racconta la produttrice. «Allora ho cercato di capire come svilupparlo in un progetto multimediale. Ho contattato Mondadori, che ha pubblicato il libro dove c’è un argomento nuovo. Ho chiamato una startup tecnologica, che fa app di gaming educational, e insieme a loro abbiamo lavorato alla app di gaming Il mondo di Leo, un gioco musicale a cui possano giocare tutti i bambini. E poi ho pensato al progetto NFT, cioè trasformare tutti i disegni in opere originali digitali garantite da blockchain. Il ricavato andrà per il 10% a un’associazione che si occupa di ragazzi con autismo, FacciaVista. Il restante 90% verrà reinvestito nello sviluppo della seconda stagione. Abbiamo creato un’economia sociale intorno a Il mondo di Leo per fare del bene». È importante che questo progetto si avvicini al mondo delle associazioni. «Oltre a FacciaVista ne conosco altre» racconta Emanuela Cavazzini. «L’impressione che ho avuto è l’energia, la positività, la forza positiva che hanno queste persone, che è contagiosa. Non ho incontrato mai genitori depressi, preoccupati, tristi, arrabbiati. Mai. Ho sempre incontrato persona di una sensibilità unica, Persone belle, felici di quello che fanno, contente di dare un contributo. Sulla loro faccia è sempre dipinto un sorriso».

Questi bambini e queste famiglie meritano rispetto

Una serie come questa può far avvicinare sempre più persone, e anche i decisori politici, a un tema come l’autismo, che è ancora troppo trascurato nel nostro Paese. «Credo che in questa situazione il grande assente sia un po’ lo Stato» ragiona Nicola Brunialti. «Questi ragazzi, quando hanno 18 anni, è come se guarissero: nessuno sembra occuparsene. Mi sono reso conto, frequentando le associazioni, che spesso sono o volontari, o persone che fanno quel mestiere spinti dalle famiglie, che spendono i loro soldi per mettere insieme le cooperative. Questi bambini e queste famiglie meritano rispetto, e non lo devono elemosinare. Credo che gli operatori delle associazioni siano dei stanti viventi. Riuscire avere un po’ di appoggio, di fondi, in modo che questo mestiere sia ripagato per quello che vale, sarebbe importante. Spesso gli insegnanti di sostegno non sono neanche insegnanti che hanno fatto corsi specifici: pagare loro dei in cui si racconta che cos’è l’autismo, perché spesso non sanno cos’è, sarebbe importante. I bambini cambiano insegnanti uno dietro l’altro. Per loro già è difficile fidarsi: diventa impossibile che si sentano a casa in questo modo».

Immagini Rai Kids – Brand Cross

 

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