IL PADRE D’ITALIA. L’AMORE NON È MAI CONTRO NATURA
Quello di Fabio Mollo è un film sorprendente sul bisogno di paternità. Un istinto naturale, che non può essere contro natura. Neanche per un orfano, gay, solo. Neanche in Italia
10 Marzo 2017
Paolo è un trentenne. È omosessuale. Ha una relazione importante alle spalle, non ancora risolta. Mia è una sua coetanea, libera, indipendente, senza freni, irrisolta. E incinta. Si incontrano in un locale, dove lei sviene e lui la soccorre. Inizia così Il padre d’Italia, il sorprendente film di Fabio Mollo, nelle sale dal 9 marzo. E continua in un viaggio verso i contatti, gli affetti e le radici di Mia (Isabella Ragonese) attraverso l’Italia, da nord a sud, da Torino alla Calabria, dove nulla sarà scontato.
Tra i due accade qualcosa, ma non è la solita attrazione tra uomo e donna. Non può esserlo, vista l’inclinazione di Paolo (Luca Marinelli). È più un bisogno da parte di lui di farsi carico di qualcosa. Un istinto naturale, quello di un uomo che a una certa età sente il bisogno di prendersi cura di qualcuno. Qualcuno come un figlio, sì. Perché è nella natura di un essere umano. Perché chi l’ha detto che per un omosessuale essere padre è qualcosa contro natura? Ma poi che cosa è davvero naturale e cosa contro natura? Come si fa a dirlo? E soprattutto: chi può dirlo?
«Chi può dirlo è la chiave del tutto» ci risponde Fabio Mollo. «Con il mio compagno abbiamo riflettuto su questo aspetto prima singolarmente e poi come coppia. Ma anche nella mia famiglia ho avuto un’esperienza di un certo tipo perché mia sorella è adottata e abbiamo sperimentato questa genitorialità acquisita. Che è comunque una genitorialità: per me sia che il figlio sia tuo, geneticamente parlando, sia che lo adotti, c’è comunque un passaggio di “adozione”, un momento in cui un padre e una madre “adottano” perché decidono di crescere e di amare un bambino e di anteporlo alla propria vita. È bello quando c’è il legame biologico, ma non è necessario. Il legame si crea e si fonda sull’amore». «Ovviamente nel momento in cui smetti di essere figlio e provi a diventare genitore ti interroghi su cosa è naturale e cos’è contro natura» riflette. «Per me è stato un ragionamento schietto: sono partito dall’osservazione della realtà, non solo mia, ho parlato con diversi tipi di padri e madri. Volevo concentrare il discorso su cos’è contro natura, piuttosto che solo su un’omogenitorialità e una maternità non sentita fino in fondo. Queste cose sono due tabù: una donna che non sente l’istinto materno, un uomo che sente l’istinto paterno, ma pensa di essere contro natura perché omosessuale».
Un film on the road
Essere un padre per un gay sarà anche contro natura. Ma la natura a volte fa miracoli, come dice Mia nel film. «Il momento in cui tu ami un bambino e te ne vuoi prendere cura non può essere contro natura, è qualcosa che parte da te», riflette il regista. «Anche il momento in cui capisci che non vuoi diventare genitore è un istinto naturale. E ovviamente nel film ho voluto ragionare in termini molto intimi. Mi piace pensare a Il padre d’Italia come a una celebrazione della vita e dell’amore incondizionato che c’è nella vita. Un amore che non fa sentire contro natura, che non ha etichette, non ha ruoli, è universale».
Diventare un padre, scegliere di esserlo fa parte di noi, indipendentemente dalle nostre inclinazioni. Perché dentro di noi a volte c’è una luce che non si spegne mai, There Is A Light That Never Goes Out (la canzone degli Smiths è cantata da Mia – Isabella Ragonese meravigliosamente in una scena del film). Così quello di Paolo diventa un viaggio attraverso l’Italia ma anche attraverso un nuovo amore, che ancora non conosce. «Io che sono abbastanza romantico vivo la storia d’amore come un viaggio» ci confessa Mollo. «È quello che accade tra Paolo e Mia.
Il padre d’Italia è un film on the road, volevo che questo viaggio fosse la metafora della loro storia: sono due sconosciuti, si incontrano, il loro rapporto cresce, arriva a un picco e poi ha uno sviluppo». Alla fine del film c’è una dedica al compagno, Daniele. «È un film che ho dedicato a lui, è un viaggio che stiamo facendo insieme, iniziato tanto tempo fa, e speriamo che vada avanti, costruendo qualcosa insieme» ci spiega.
Ma è un viaggio che non è mai facile. Perché siamo in Italia. Come cazzo si fa? Lo dice così, senza mezzi termini, Paolo, al suo ex compagno, proprio quando parlano di famiglia e di figli. E quel “come cazzo si fa” è, finalmente, fuori dai denti, il grido di un’intera generazione. «Il nostro è un paese dove si fa il fertility day e non si pensa a come i genitori possano crescere i bambini, o come una donna può crescere un bambino e andare al lavoro contemporaneamente», spiega Fabio Mollo. «Dove si fa un jobs act e non si pensa al precariato, alle partite iva. È incredibile come la propaganda sulle politiche della famiglia sia completamente staccata dalla realtà. Non esiste una politica sulla famiglia, né per le coppie omosessuali, né per le coppie eterosessuali, che rispecchi la nostra vita, la nostra generazione. Che è la prima generazione che sta peggio rispetto a quella che ci ha preceduto. Quel “come cazzo si fa” riguarda un po’ tutto. Ma io sono un fan della nostra generazione perché ammiro come ci siamo inventati nuovi lavori, come abbiamo costruito nuove famiglie e come continuiamo andare avanti. Trovo incredibile come le leggi italiane rendano difficili le adozioni, e come siano pieni gli orfanotrofi. Paolo è un bambino che è cresciuto in un orfanotrofio e non è mai andato in adozione».
Il padre d’Italia è una storia di vuoti da colmare
Orfano, gay, solo, con la voglia di un figlio, Paolo è un concetto che il pensiero non considera, è poco moderno, è qualcosa che nessuno mai desidera (come Il mare d’Inverno, canzone autoritratto che canta una sera a Mia).
Il padre d’Italia è una storia di figli senza padri e madri, e di padri e madri senza figli. È una storia dove nessuno è al suo posto e cerca di trovarlo. Madri che non ci sono. O che ci sono ma non sono tali. Padri che non possono esserlo e vorrebbero tanto. Madri che potrebbero ma non sono pronte. Una storia di vuoti da colmare, di bisogno di essere capiti. Di famiglie che non lo sono fino in fondo, e di altri legami che potrebbero diventare famiglie, anche se non lo sono per la legge.
«Oggi le nostre famiglie sono composte da nuclei allargati, come si diceva una volta, io preferisco di più dire inclusivi» riflette Mollo. «Ci sono bambini che vengono cresciuti da due genitori più i rispettivi compagni, o da genitori single, ci sono fratelli che sono figli di genitori diversi e crescono insieme, come ci sono famiglie in cui i membri non hanno legami di sangue tra di loro eppure crescono, sono legami fondati sull’amore. Una famiglia fondata sull’amore, in fondo, è quello che dice anche la morale cristiana».
Intimo e cinetico, reale e magico, poetico e duro, attualissimo, con una regia eclettica e attori strepitosi – (anti)icone di un’intera generazione – con Loredana Bertè e Morrissey numi tutelari, Il padre d’Italia non è un film politico, ma a suo modo lancia un messaggio chiaro. E anche Fabio Mollo ha le idee chiare su quelle leggi che oggi regolano le vite di tante persone. «Credo che la legge sulle coppie di fatto sia stato un grandissimo risultato per l’Italia, dovuto, e arrivato molto in ritardo» è la sua opinione. «È incompleto, ma è un bellissimo passo avanti che ha permesso a tante persone di sentirsi cittadini al pari di tanti altri. La cosa che non mi tornava mai era perché ci fosse questa differenziazione tra cittadini dello stesso stato: perché io che pagavo le stesse tasse degli altri non potevo avere gli stessi diritti? Io e il mio compagno abbiamo aspettato a lungo prima di sposarci, sperando di farlo in Italia, e poi lo abbiamo fatto all’estero. È stata una grande giornata per noi, abbiamo gioito, ma è stato anche un grande dolore». Come cazzo si fa? Si fa. In qualche modo si fa.