IL RAZZISMO IN ITALIA: UNA LITURGIA POLITICA BASATA SUL PREGIUDIZIO
Intervista con Maurizio Alfano, che smonta i luoghi comuni da cui nasce l'odio. E accusa la politica e i media
03 Luglio 2018
Che sarebbe stato un anno «nero» dal punto di vista del razzismo in Italia lo avevamo capito da subito. L’omicidio di Pamela Mastropietro a Macerata, lo scorso 30 gennaio, avvenuto proprio nel momento in cui entrava nel vivo la campagna elettorale, in realtà permanente da parecchi mesi, è stato strumentalizzato ad arte, entrando nella sceneggiatura di un racconto: quello dello straniero che minaccia le nostre vite, che va avanti già da parecchio tempo. E che, dopo il voto del 4 marzo, sta assumendo contorni preoccupanti.
LA CREAZIONE DEL NEMICO. Ne abbiamo parlato con Maurizio Alfano, autore del libro “Italiani razzisti perbene”, una persona che quotidianamente gira l’Italia con lezioni di formazione tese a smontare, pezzo per pezzo, le convinzioni di molti di noi in materia di razzismo. «Credo che tutto ciò che era nella pancia della nostra società sia stato anche politicamente sceneggiato nel migliore dei modi, abbia trovato il suo perfetto finale per il film, con il riconoscimento della vittoria elettorale del 4 marzo. È come se avesse vinto l’Oscar», ci ha confermato. «Ha trovato il suo finale attraverso il controllo di alcune posizioni che erano più o meno latenti, ma ben strutturate nel linguaggio corrente. La vittoria del 4 marzo ha sdoganato forme di razzismo sostenibili. Poter imprecare contro le invasioni degli stranieri, nonostante non ce ne siano, è un comportamento ormai di uso corrente: nel linguaggio, negli atti delle amministrazioni pubbliche, anche in certa stampa c’è ormai una sceneggiatura, una narrazione. Tutto questo è servito per prendere una scorciatoia per arrivare al governo. La questione dei flussi migratori viene utilizzato come un potente strumento di distrazione di massa».
È chiaro infatti come ci siano delle politiche economiche e finanziarie che stanno causando in molte nazioni problemi di crescita, occupazionali e di distribuzione equa delle risorse, che sono sempre più in mano di pochi. «Invece di un avere programma elettorale che parli di come riavviare l’Italia, di come distribuire le ricchezze, io creo un nemico che è lo straniero, e dico che tutto ciò che manca è colpa sua, di queste persone che continuano in numero esponenziale ad arrivare in Italia», continua Alfano. «In realtà non è così: ci sono fonti statistiche che dimostrano il contrario. Ma l’italiano, che ha bisogno di avere un nemico per giustificare le sue cattive condizioni economiche, si fa fagocitare da questo immaginario collettivo».
IL 6% DEL PIL. La realtà è un’altra. Negli ultimi dieci anni abbiamo attraversato le conseguenze della bolla finanziaria. E, probabilmente, non avremmo superato la crisi se non fosse stato per la presenza massiccia degli stranieri. «Il reddito complessivo di tutti gli stranieri in Italia è equivalente alla venticinquesima holding a livello mondiale, è oltre il 6% di Pil: se fosse mancato alle casse degli italiani sarebbe stato causa di disastro» precisa Alfano. «La spesa per i migranti non sono 5 miliardi come dice il neoministro dell’interno, sono molti di più. Ma nessuno dice quanto producono stranieri e migranti: un attivo di Pil superiore a quello che noi eroghiamo nell’accoglienza e nelle prestazioni dovute. Invece si ragiona sui 40 euro, si crea un immaginario secondo il quale ognuno di questi migranti sottragga 40 euro al giorno alle nostre tasche. Anche tutto questo è clamorosamente falso».
Un altro degli aspetti di cui non si parla mai è il fatto che questi altro non sono che soldi impiegati nell’economia in cui gli italiani lavorano. «Anche in questo campo si è creata un’occupazione, a volte stabile a volte meno, e in altri casi ha dato vita a speculazioni, e qui si può parlare di business, di persone che lucrano sui migranti», ragiona l’esperto. «Ma che colpa ha il singolo migrante se qualcuno fa il business su di lui? È una vittima».
LE PENSIONI E L’EVASIONE. Un altro equivoco su cui si basa il razzismo in Italia è quello secondo il quale l’eventuale denaro risparmiato per l’accoglienza ai migranti rientrerebbe nelle tasche degli italiani, quando si tratta anche di denaro dell’Unione Europea. «Il gettito che arriva attraverso la prima accoglienza, in realtà gode di un pezzo di contribuzione a livello europeo, sono soldi che l’UE stanzia per i Paesi di primo ingresso», conferma Alfano. «È ovvio che, se l’Italia dovesse chiudere i porti, si chiuderebbero anche quei canali di finanziamento».
Ma la questione non è tutta qui, è molto più complessa. «I controlli attengono allo Stato», spiega Alfano. «E quando uno stato dice “Stop al business dei migranti”, dovrebbe raccontare i casi in cui per diverse decine di milioni ci sono state truffe a danno dello Stato e contro i migranti, fare nomi e cognomi». Ma, al solito, il discorso è più complesso. «Oltre alle risorse italiane ci sono quelle europee», argomenta il nostro interlocutore. «Messe insieme le risorse, la spesa per l’accoglienza degli stranieri, secondo gli ultimi dati, supera i 16 miliardi e mezzo di euro, mentre se ne incassano più di 20: c’è un attivo di oltre tre miliardi di euro che gli stranieri portano nel nostro paese. E poi, quanti bambini stranieri mantengono in piedi le classi, con tanti insegnanti italiani che avrebbero perso il posto? Quando Tito Boeri, il presidente dell’INPS, dice che il 65 per cento delle pensioni sociali di tutto il Paese Italia è tenuto in piedi dal sistema contributivo degli stranieri e dei migranti, dice non solo che stiamo avendo questo gettito in Italia, ma smentisce un altro luogo comune: gli stranieri che lavorano versano i contributi regolarmente, molto più di quegli italiani razzisti perbene, che gridano che con le loro tasche vengono mantenute queste persone, mentre siamo il primo Paese occidentale nel totale di evasioni finanziarie. È questa la grande ignoranza degli italiani, che non riescono a capire le cause del loro stato di necessità. Che cosa lo determina? I 170mila stranieri entrati nel nostro Paese nel 2016 o i 150 miliardi di evasione fiscale su base annua, che equivalgono a 4 manovre finanziarie? Quanti ospedali, scuole, asili, strade in più potremmo avere, se questo popolo di razzisti perbene facesse meglio il suo dovere nazionale di pagare le tasse? Diventiamo tutti nazionalisti, ma quando si tratta di essere patrioti rispetto al fisco, diventiamo tutti clandestini e stranieri».
LA SICUREZZA. Oltre al discorso economico, la propaganda razzista in Italia punta molto anche sulla questione sicurezza. E torniamo al nostro punto di partenza, a quei fatti di Macerata che hanno dato il via a un’escalation senza pari. «Quei fatti entrano a livello strategico nella campagna elettorale a livello nazionale, suggellano l’idea che la presenza degli stranieri sia legata a un problema di sicurezza nazionale», concorda Alfano. «Detto che quello che è successo è un fatto di un’atrocità inaudita e che chi si rende colpevole di questi reati di queste cose deve essere senza se e senza ma assicurato alla giustizia, se c’è un problema sicurezza, è un vulnus di questo momento e non è legato alla presenza degli stranieri. Il problema sicurezza, dove vivo io, in Calabria, è la presenza organizzata e asfissiante della Ndrangheta. Come lo sono la Camorra, la Sacra Corona Unita, le Mafie siciliane che hanno sciolto nell’acido donne e bambini, che hanno lasciato che persone morissero sbranate dai cinghiali. Nell’accordo di programma del nuovo governo si dedicano alla lotta alle mafie nove righe e mezzo, come se non fosse il problema nazionale. Quando si parla di migranti, sono 99 le righe nell’accordo».
UNA RELIGIONE POLITICA. Ma la cosa più preoccupante del razzismo in Italia di questi ultimi tempi è che certi messaggi si stanno riverberando nel comportamento concreto di molte persone, nella vita reale: persone che apostrofano gli stranieri, gridano loro cose inaudite. «Ha colto un segnale che è già latente e diventerà sempre più manifesto», ragiona Maurizio Alfano. «Questo tipo di politica si è imposta come una politica religiosa. C’è una liturgia, che vuole il pastore che deve difendere le greggi. C’è la necessità di avere un condottiero. Gli affiliati di questa nuova religione politica manifestano la loro appartenenza attraverso queste espressioni, che sono espressioni di fede».
Purtroppo sono sempre di più questi esempi. «In treno, il giorno dopo la formazione del governo, sono entrati una serie di ragazzi, all’altezza di Rosarno, alcuni con il biglietto alcuni no. Durante la fase di controllo tutta una serie di persone hanno detto “tanto è finita, vi mandiamo via, ora c’è Salvini, vi prenderà a calci”. Sono cose che stanno accadendo sempre più spesso. «In un uno dei porti dove sono sbarcati alcuni migranti, nei giorni in cui si era già insediato il nuovo governo, alcune presenze istituzionali hanno cominciato ad alzare la voce, durante le fasi di sbarco, dicendo “cercate di muovervi che adesso sappiamo noi dove mandarvi”. È una cosa di una gravità inaudita: si è creata questa forma di comunicazione orale, di presa di posizione, che sa di non poter essere censurata perché il capo legittima a dire questo. E dalle intolleranze verbali a quelle materiali il passo è breve».
IL LINGUAGGIO DEI MEDIA. Ma è preoccupante anche il linguaggio dei media, che fa crescere il razzismo in Italia. Testate nazionali, nel caso dell’uccisione di Sacko a Rosarno, hanno titolato «Ruba lamiere, maliano ucciso». Oppure «Sparatoria in Calabria», suggerendo così che l’uccisione fosse conseguenza di un furto, o di uno scontro a fuoco.
«C’è una voglia e una necessità di storytelling che vada in una certa direzione» riflette Maurizio Alfano. «Ho fatto vedere “Miracolo A Le Havre”, un film dove i giornali titolano “un migrante musulmano armato e pericoloso in giro per Le Havre”, mentre era un ragazzino. A Rosarno è successa la stessa cosa: parlare di sparatoria, cioè di un conflitto a fuoco, o dire che perché rubava gli hanno sparato sono delle scorciatoie a sfondo razzista che i media mettono in atto per tenere in piedi, su alcune testate nazionali, quella liturgia della politica. In realtà cosa è accaduto? Sacko era legalmente presente sul nostro territorio, non clandestino. Era un sindacalista attivo in quella zona. Stava prendendo da una fornace abbandonata delle lamiere: siccome ci sono stati grandi incendi a Rosarno e le baracche sono di plastica, voleva provare a utilizzare delle lamiere. Quella era un’area posta sotto sequestro dal tribunale e la persona che ha sparato non era quindi nella sua proprietà: il clandestino era l’italiano che era in un terreno sottoposto a un sequestro preventivo perché era un’area dove sono stati interrati rifiuti tossici pericolosi. Chi ci dice che, se anziché sparare per il fatto della lamiera, non fosse una sentinella della Ndrangheta che non vuole che nessuno vada in quell’area? Invece viene sdoganato come il furto del migrante nero clandestino e la difesa delle proprietà. E qui tutto torna. Quando si ha una liturgia politica che instilla l’odio, fa crescere il razzismo in Italia e ci dice che ci possono essere degli strumenti legislativi per cui tu puoi essere assolto se ammazzi una persona per una lamiera, tutto torna».
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