IL SUICIDIO DI ISRAELE. INTERVENIRE, PER CAMBIARE I DESTINI DEL MONDO

Il Suicidio di Israele ripercorre storia e scelte dal sogno alla ideazione e poi alla concreta realizzazione dello stato di Israele e incita a una reazione, a uno scarto e, di fronte alla situazione attuale, invita a un sobbalzo di umanità costituente

di Claudio Tosi

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Novanta persone assiepano la sala della Casa della Memoria e della Storia, spazio di Roma Capitale nato con l’intento di raccontare, far conoscere e condividere la memoria e la storia del Novecento e di Roma, dove Irsifar e Fiap hanno organizzato la presentazione del libro Il Suicidio di Israele di Anna Foa (Laterza, 2024), un pamphlet secco, essenziale, ma veramente necessario, che ripercorre storia e scelte dal sogno alla ideazione e poi alla concreta realizzazione dello stato di Israele e incita a una reazione, a uno scarto e, di fronte alla situazione attuale, invita a un sobbalzo di umanità costituente. Arrivo in ritardo, ho appena finito di presentare il progetto di servizio civile per il Giubileo che CSV Lazio e Forum del Terzo Settore Lazio propongono perché quest’anno sia vissuto come un incontro interculturale oltre che religioso e lì ho raccolto dalla cara amica suor Elisabetta un interrogativo che lacera. Uno dei tanti giovani musulmani ai quali con la sua associazione offre accoglienza e sostegno scolastico sentendo parlare dell’apertura delle porte sante le ha chiesto: “per noi quali porte si apriranno?” e lei ha chiosato il racconto facendomi un invito: «ascolta Pizzaballa, il Patriarca di Gerusalemme».

Il Suicidio di Israele

Continuare a coniugare un noi

Nell’insinuarmi tra la folla che, come negli autobus, è accalcata vicino all’uscita, ma lascia spazi più sereni sul fondo della sala, ascolto solo l’applauso all’intervento di Marino Sinibaldi che ho completamento perduto. Ora Bianca Cimiotta Lami sta dando la parola a Roberto Reali, storico del CNR che, tra esempi irrituali e digressioni illuminanti, passo dopo passo disegna agli occhi di una platea in ascolto compatto una visione articolata e complessa della società Israeliana. Reali ci dice che gli ebrei, siano essi i sionisti israeliani o gli ebrei della diaspora, non si possono rappresentare come un uno. Lo sguardo che l’attacco di Hamas del 7 ottobre ha catalizzato sul nemico esterno, non ha la forza e forse addirittura ha la colpa di cercare di ridurre l’estrema versatile complessità della società Israeliana e la grande molteplicità delle comunità della diaspora a un corpo che si rappresenta monolitico, in cui non si vogliono cedimenti, di cui si mettono a tacere le differenze. Lo storico parla della necessità di continuare a coniugare un noi, tessendo tra diversi ciò che si può attestare come possibile e, per dare la cifra di cosa può generare una tale capacità, cita la fatica dei Costituenti italiani, provenienti da un ventennio di dittatura e di riduzione all’uno così cieco da aver prodotto le leggi razziali, la seconda guerra mondiale e la Shoah, che da dentro quella condizione trovarono la forza di pensare e poi il coraggio di realizzare quel disegno articolato e complesso che è ancora oggi la nostra carta costituzionale. Ma che per farlo dovettero saper accettare la fase “costituente” del compromesso e del riconoscimento della propria diversità interna, passaggio obbligato per comprendere l’importanza di accogliere il diverso oltre il noi.

A ciascuno la responsabilità di un ripensamento

Amo questo sguardo rivolto a sé stessi, mi sembra l’unico che può dare una speranza a questa situazione disperata in cui l’escalation delle atrocità sembra puntare a distruggere, oltre le vite e i luoghi, la possibilità stessa di pensare un dopo. Ma affrontare l’idea di un noi, di una pluralità di sentimenti e di sguardi è quella che ci offre l’opportunità e ci restituisce la responsabilità di un ripensamento, che ci mette di fronte alla paternità di ogni nostra scelta, che ci ricorda che i nostri atti non sono obbligati, che l’altro può attaccarci e offenderci, ma la scelta su come rispondere è sempre nostra e l’opzione della disobbedienza è sempre attiva, quando si è di fronte a un ordine ingiusto, come ammonì Don Milani difendendo gli Obiettori di Coscienza che si rifiutavano di servire la patria con le armi, dando vita all’attuale Servizio Civile. E mi tornano qui utili le parole del Cardinale Pizzaballa: «È faticoso interrogarci e confrontarci su come ciascuno di noi abbia vissuto questo periodo. Perché il dolore tende spesso ad essere “egoistico”: è il mio dolore che tu non puoi capire, è il mio dolore che comunque è sempre superiore al tuo. La fatica allora consiste nel facilitare questo confronto inducendo ognuno a riconoscere il dolore dell’altro». Il dolore dell’altro è comprensibile dentro un “Noi” che, tenuto vivo dentro la propria società, riesce a rivolgersi anche al suo esterno, senza perdere il senso dell’umanità. L’altro non è una cosa, una bestia, un abominio e per comprenderne gli atti devo potermi interrogare su come legga le mie azioni e devo poterle modificare o denunciarne l’inadeguatezza per arrivare a costruire un cambiamento.

Il Suicidio di Israele

«Chiamo la Diaspora a prendere posizione»

Nella sala ora parla Pupa Garribba, rivolge ad Anna Foa le domande che ha raccolto da un certo numero di interviste fatte all’interno della comunità ebraica. Il registro della discussione è diverso, molte domande riguardano il contenuto del libro: perché il titolo così duro, perché non aggiungere un punto interrogativo? Molte delle persone intervistate dichiarano di non aver letto il libro allontanati dal titolo. Qualcuno, riporta Pupa, chiede delle scuse per alcuni episodi riportati piuttosto che altri, perché sembra avere più empatia per i drammi dei Palestinesi che per quelli degli Israeliani. Si chiede conto dell’uso di singole parole, si sente forte il disagio di esporre “la propria gente” a un giudizio, si ribadisce il rischio di abbassare la guardia verso un montante sentimento antisemita. La Foa risponde nel dettaglio ai rilievi, ma il succo che restituisce il senso della discussione è di nuovo quello di assumersi collettivamente la responsabilità delle proprie idee, rifiutandosi di restare in silenzio perché “i panni sporchi si lavano in famiglia”, smettendo di considerare la discussione pubblica sulle scelte del governo Netanyahu un atto di connivenza con il nemico, facendo attenzione all’uso indiscriminato del termine antisemitismo “ormai uguagliato a qualsiasi critica al governo israeliano”. E allora l’invito è invece di coinvolgersi e prendere la parola: «Chiamo la Diaspora a prendere posizione» afferma Anna Foa, ricevendo dalla platea un applauso convinto.

Cosa succederà quando le bombe smetteranno di essere lanciate?

Pochi giorni fa, in occasione del ricordo della Professoressa Clotilde Pontecorvo un giovane parente, Giulio Piperno, ha presentato la ricerca Due Ebrei, tre opinioni (La Giuntina, 2024) da lui curata insieme a Carlotta Micaela Jarach, sulle idee dei giovani ebrei italiani. L’idea richiamata dal titolo stesso è proprio quella di una capacità dialettica e di una ricchezza di posizioni espresse e discusse all’interno della cultura ebraica; perché non si possa dire ancora una volta “ho guardato lo scempio senza reagire” diventa oggi essenziale esercitare questa capacità per riflettere sullo scenario con cui Anna Foa chiude il suo libro: cosa ha mosso le scelte del governo Netanyahu dall’8 ottobre in poi, quali altre possibilità esistevano allora e cosa succederà quando le bombe smetteranno di essere lanciate? Come potranno rimarginarsi le ferite del conflitto? In che modo si inizierà quel dialogo tra chi ha ucciso e chi ha distrutto? Il giorno prima, alla Cittadella della Pace di Rondine, in provincia di Arezzo, era stato piantato per Clotilde un albero, nel Giardino dei Giusti -Artigiani di Pace, insieme a quelli dedicati a personalità e testimoni internazionali come Mahatma Gandhi, Nelson Mandela, Simone Veil, Don Pino Puglisi, Luca Attanasio e Alexander Langer.
Credo che lei, con la sua passione e intelligenza avrebbe molto apprezzato la frase che accoglie all’ingresso della scuola, un pensiero di Gianni Rodari: “intendo per passione la capacità di resistenza e di rivolta, la volontà di azione e di dedizione, il coraggio di sognare in grande, la coscienza del dovere che abbiamo come uomini, di cambiare il mondo in meglio, senza accontentarci dei mediocri cambiamenti di scena che lasciano tutto com’era prima; il coraggio di dire no quand’è necessario, anche se dire sì è più comodo, di non fare come gli altri, anche se per questo bisogna pagare un prezzo”.

Alla gestione e attività della Casa della Memoria e della Storia partecipano associazioni e istituti culturali che rappresentano la memoria storica dell’antifascismo, della Resistenza, della deportazione, della Shoah e della guerra di Liberazione: Aned, Anei, Anpc, Anpi, Anppia, Circolo Gianni Bosio, Fiap, Irsifar

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Il Suicidio di Israele
Anna Foa
Laterza, 2024
pp. 104, € 15

IL SUICIDIO DI ISRAELE. INTERVENIRE, PER CAMBIARE I DESTINI DEL MONDO

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