INCLUSIONE ROM: A ROMA NEANCHE UNA BREZZA DI CAMBIAMENTO
Una inclusione per pochi, ma buoni, porterà solo nuovo abusivismo. Lo denuncia la 21 Luglio e chiede l'approvazione della Delibera di iniziativa popolare
21 Marzo 2017
L’associazione 21 Luglio chiede alla sindaca Virginia Raggi di fare marcia indietro sulla questione dell’inclusione rom a Roma.
Ieri, durante una conferenza stampa, l’associazione ha avanzato tre richieste al Comune: sospendere le azioni previste dal percorso di superamento a 5 stelle dei campi rom; la collaborazione con i tavoli regionali – con un ritorno alla strategia di inclusione nazionale – ; l’approvazione della Delibera di iniziativa popolare per il superamento dei campi già sottoscritta da 6mila cittadini romani e presentata dal Comitato Accogliamoci (di cui fanno parte Arci, Radicali Roma, Asgi, A buon diritto, È possibile, Un ponte per, ZaLab e la stessa 21 Luglio) che il 30 marzo sarà discussa in Assemblea Capitolina.
Qual è il piano che la giunta Raggi ha per l’inclusione rom a Roma? Quello presentato dall’associazione ieri, in conferenza stampa, è un percorso che ha poco delle promesse elettorali fatte a suo tempo dalla sindaca sulla imprescindibilità del superamento dei campi; ha poco dell’urgenza che animava l’assessore Baldassarre; ha poco in termini di adesione alla strategia nazionale di inclusione rom, di coinvolgimento delle organizzazioni che da anni si occupano del tema nei territori e, magari, dei rom stessi. Un percorso che, soprattutto, è per pochi.
E saranno ancora insediamenti abusivi
Ma torniamo un attimo indietro. Sebbene quella del programma con cui dare le gambe a quelle promesse sia stata una lunga attesa, a novembre scorso con una Memoria di Giunta, veniva abbozzato un cronoprogramma delle azioni, il Progetto Inclusione Rom – un insieme di azioni per il periodo gennaio-luglio 2017 abbastanza sintetiche, in verità – con l’intenzione di presentare il piano a fine Gennaio e avviare la chiusura dei campi a Marzo. La Barbuta e la Monachina le prime sperimentazioni (ma per la chiusura definitiva di via della Monachina bisognerà aspettare il 2021…). Per i primi 7 mesi di quest’anno si parla di contatti con le autorità di gestione, accertamenti patrimoniali della Guardia di Finanza, partenariati per bandi europei per concludere con una sintetica risoluzione problemi.
A dicembre scorso una delibera di giunta istituisce il Tavolo cittadino per l’inclusione delle popolazioni Rom, Sinti e Camminanti, un organismo che dovrebbe governare il superamento dei campi e le misure di inserimento sociale che ne conseguono, ma che, nei fatti, ha mero potere consultivo.
Se a dicembre l’assessore alla Persona, Scuola e Comunità solidali, Laura Baldassarre sospende i bandi di gara per la gestione dei villaggi attrezzati, è di qualche giorno fa la notizia dell’approvazione da parte dello stesso dipartimento della determinazione per individuare una nuova “area attrezzata” con “servizio di gestione” destinata ad accogliere 120 nuclei familiari di etnia rom. Praticamente il nuovo Camping River, ma nel municipio 15. «Una misura temporanea, non un nuovo insediamento» per il Comune.
A febbraio durante un’assemblea organizzata dal Comune all’interno della campagna Roma Ascolta Roma, viene presentata la bozza del piano firmato dall’assessore Baldassarre. Un documento e, in genere, un approccio al problema a cui la 21 Luglio rimprovera di essere gravemente carente, con «l’assenza di finanziamenti certi e di consultazioni adeguate» e un processo di “scrematura” con la probabile ripresa dei cicli di nuove baraccopoli e occupazioni abusive ed il rafforzamento di perversi e costosi circuiti assistenziali. Un piano che come ha affermato il presidente dell’associazione Carlo Stasolla durante la conferenza stampa di presentazione, avrà come sola conseguenza il «ritorno agli insediamenti abusivi».
A Roma un’inclusione rom «per pochi, ma buoni»
Un piano che, come dicevamo, è anzitutto per pochi e nel quale si ragiona, come ha affermato più volte Stasolla, per scremature progressive. « A Roma i rom in emergenza abitativa sono 7.500, ma l’intervento del Comune di Roma riguarderà solo quelli presenti negli insediamenti istituzionali, pari a 5.300 unità». Chi vive negli insediamenti informali, tollerati o nei ricoveri di fortuna ne è escluso.
Dei 5.300 rom rimasti, saranno esclusi gli apolidi e chi non è in regola con i documenti. E siamo a 4.300. Anche in questo caso, per gli esclusi non resta che il rimpallo tra un campo e l’altro. Poi la terza selezione: nuclei che avevano fatto richiesta per un alloggio, famiglie con residenza anagrafica, nuclei disponibili a partecipare a piani individuali di inclusione, ma solo se saranno adempiuti gli obblighi scolastici. Insomma, per Stasolla, alla fine si parla di 1500 persone.
Il piano « prevede tre tappe: espulsione dai campi dei soggetti privi di regolare documentazione, valutazione dei bisogni sociali e inserimento in strutture intermedie per l’accoglienza». Intanto si chiudono i servizi sociali e si sospende, in tutti gli insediamenti dove esiste, l’accompagnamento scolastico.
Il successivo lavoro di inclusione dei – seppur pochi – “ammessi” a partecipare alle azioni previste dal piano, quindi, prevede la sistemazione in caserme dismesse o campeggi, in attesa che si risolva l’annosa questione dell’accesso alle graduatorie per le abitazioni popolari. E il nuovo Camping River sarà una delle strutture intermedie, che, dal nome, dovrebbero essere temporanee, ma che di intermedio annunciano proprio poco: « un insediamento che costerà alle casse comunali più di 1,5 milioni di euro e che, per costi e caratteristiche di gestione, assomiglierà molto ai “villaggi attrezzati” voluti dall’allora sindaco di Roma Gianni Alemanno, dove, a fronte di una presunta temporaneità, la spesa per l’inclusione sociale è quasi nulla e quindi sono azzerate le possibilità di superamento», lo definisce l’associazione.
Insomma, un piano (in bozza) più centrato sul merito che sul bisogno, che non investe risorse nell’inclusione, ma nei parcheggi temporanei – sebbene sulle risorse non ci sia, comunque, chiarezza alcuna – e che lascia per strada la stragrande maggioranza di persone. «I 6mila rom esclusi», ha ribadito Stasolla in conferenza stampa, «resteranno per strada con un evidente moltiplicarsi delle baraccopoli e del ciclo delle occupazioni».
Le immagini di questo articolo sono tratte dalla pagina Fb dell’Associazione 21 Luglio.
2 risposte a “INCLUSIONE ROM: A ROMA NEANCHE UNA BREZZA DI CAMBIAMENTO”
A mio avviso la “cronistoria” della questione “rom, sinti e camminanti” di Roma dimostra solo una cosa…getta un’ombra sulle varie pseudo-associazioni che dovrebbero aiutare queste persone (…ma che le vogliono ancora e per sempre nei campi, altrimenti le associazioni cesserebbero di esistere), sulle cricche tipo quella del “mondo di mezzo” che mangiano i soldi pubblici destinati ai rom ed infine dimostra che (e lo vedono tutte le mattine i romani) i rom non si integrano per nulla …visto che sui giornali non passa giorno senza notizie su furti, taccheggi, sfruttamento di minori che rubano impuniti sule metro, ecc.
Dei soldi destinati all’assistenza sociale dal Comune di Roma solo il 27% va a disabili o altre categorie…tutto il resto è sprecato a favore di questi “perenni integrandI” che dalla fine della 2 GM si fanno mantenere da tutti noi con fiumi di milioni di euro, che in parte finiscono anche nelle tasche dei “ladri non rom”.
Continua poi la “scuola di pensiero” che (anche in ambito UE) considera i Rom una “Minoranza”…e come tale “meritevole” di attenzioni maggiori di qualsiasi altro povero. Se i rom sono italiani non devono aver nemmeno uno spillo in più di un italiano non rom povero (come loro)..altrimenti inizia comunque un trattamento “diverso”…chi non vuole trattamenti diversi in peggio, non deve pretendere trattamenti diversi in meglio…
Le associazioni e le cooperative, con molta fatica, sono riuscite a portare un po’ di famiglie fuori dai campi e a permettere ai bambini di andare scuola. Ma il problema dei Rom non si risolverà mai se non c’è la volontà politica di chiudere i campi. Chiunque abbia un po’ di coscienza non può accettare che ci siano persone che vivono nelle condizioni in cui versano i campi, e chi ha un po’ di consapevolezza sa che non ci può essere legalità se non c’è integrazione, e non c’è integrazione se queste persone – perché persone sono – continuano a vivere lì, senza avere alternative. Dunque, è giusto che esista un piano di inclusione, ma sarebbe giusto che questo piano fosse realistico e che alle parole seguissero i fatti.