GLI INSEGNANTI PER LA CITTADINANZA INSISTONO PER LO IUS SOLI
Il gruppo Insegnanti per la Cittadinanza torna a chiedere l'approvazione della legge, con la giornata di mobilitazione del 20 novembre.
07 Novembre 2017
La riforma sulla cittadinanza italiana, approvata nel 2015 alla Camera, è ferma ormai da due anni a Palazzo Madama. Più passa il tempo e più si fa residuale la possibilità che venga approvata dal Senato entro il termine della legislatura (primavera del 2018, ndr), ma il gruppo Insegnanti per la cittadinanza, che si batte per l’approvazione dello ius soli e dello ius culturae, non demorde e per lunedì 20 novembre, Giornata internazionale dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, ha organizzato una grande mobilitazione nelle scuole, a distanza di oltre un mese dall’appuntamento di sensibilizzazione del 3 ottobre.
Reti Solidali ha sentito Giancarlo Cavinato, dirigente scolastico e segretario del Movimento di Cooperazione Educativa (MCE), l’associazione di insegnanti democratici per la pedagogia popolare e la cooperazione, che come spiega lo stesso Cavinato, da oltre 60 anni “lavora per una scuola pienamente inclusiva”.
Dottor Cavinato, perché per Insegnanti per la cittadinanza è importante approvare lo ius soli e lo ius culturae?
«Noi Insegnanti per la cittadinanza lo riteniamo importante perché c’è una convenzione Onu, sui Diritti dell’Infanzia, che l’Italia ha ratificato con una propria legge (la n. 176/1991, ndr) sui diritti dei minori. Questa convenzione recita che ogni minore ha diritto alla nascita “a un nome, una identità e una cittadinanza”. L’Italia non vuole riconoscere una parte dei suoi cittadini: una gravissima violazione delle convenzioni internazionali e dei diritti umani. Noi riteniamo che non approvare una legge di questo tipo significhi creare delle sacche di risentimento future. E significhi creare una percezione diversa rispetto alla realtà, contraddistinta dalla presenza di figli di immigrati».
Quanto è difficile educare dei bambini che non vengono considerati cittadini?
«È difficile, perché tutti devono sentirsi messi nelle stesse condizioni. Tutti i ragazzi li consideriamo cittadini, però in qualche modo è una specie di tradimento, non è la realtà. Per me il ruolo della scuola è fondamentale, con tutte le difficoltà che ci possono essere. Le faccio un esempio: negli anni ’70 lavoravo come maestro in un paesino della provincia di Venezia. C’era la televisione in bianco e nero e i miei alunni avevano visto e sapevano che nel mondo ci sono i bianchi e i neri, ma quando per la prima volta siamo andati in gita a Venezia, sono rimasti a bocca aperta. Hanno visto tutti i colori: gialli, rossi, sfumature varie, ecc. Una presenza di questo tipo è un arricchimento, non è un rischio. Aumenta e sviluppa la dimensione della realtà: tutte le presenze, le culture, le etnie. Non è separando o costruendo muri che si crea una consapevolezza della realtà del mondo. È il confronto con la realtà che ci dà gli strumenti di analisi e di critica, non sono i fantasmi e le immaginazioni o gli stereotipi e i pregiudizi che possono far andare avanti una società».
Il ministro dell’Interno Minniti sostiene che quella su ius soli e ius culturae è una legge sull’integrazione e non sull’immigrazione. Come rispondere a chi sostiene che il provvedimento aumenterebbe l’ondata migratoria dall’Africa?
«Questa è una bufala enorme. Il provvedimento riguarderebbe chi già c’è, non chi viene o potrebbe venire. Non è assolutamente vero che le donne verranno a partorire qui per avere i figli cittadini italiani. Addirittura c’è chi ha sostenuto che il conferimento della cittadinanza ai figli farà diventare cittadini anche i genitori: un’altra bufala montate ad arte. Basta consultare il sito dell’Asgi, dei giuristi che si occupano di lotte alle discriminazioni, per smontare tutte queste bufale. Bisogna avere dei dati giuridici sicuri in mano, per poter emettere giudizi e non agitare stereotipi e paure, che creano sentimenti forieri di una non buona convivenza civile. In Italia c’è chi lavora alla disintegrazione dei rapporti sociali e dei rapporti di solidarietà, convivenza, amicizia e accoglienza. Non è questo che quello che il Movimento di Cooperazione Educativa può sostenere».
Qual è il ruolo dell’Europa in tutto questo, alla luce del fatto che i nuovi cittadini italiani sarebbero automaticamente cittadini europei?
«L’Europa non può che accogliere. Molti Paesi già considerano cittadini quelli che nascono nei loro Paesi o che sono nati da genitori che vivono nei loro Paesi. Si tratterebbe solo di colmare un’ingiustizia».
Però alcuni Paesi non saranno d’accordo, immagino…
«Certo, c’è il Gruppo Visegrad dei Paesi dell’Est che non è sicuramente d’accordo. Non sono d’accordo neanche ad accogliere la quota di migranti che gli compete. Hanno una concezione chiusa e restrittiva, però l’Unione Europea nel suo insieme è per lo ius soli».
In poche settimane 6mila persone hanno aderito all’appello degli Insegnanti per la cittadinanza. Quante sono le possibilità che la legge sulla cittadinanza venga approvata entro il termine della legislatura?
«Credo sia l’ultimo dei pensieri di molti dei nostri politici, anche se non ho la sfera di cristallo. Non mi pare che il mondo politico voglia spendersi per questa cosa. Sono preoccupati da altro: dalle votazioni, dai cambiamenti che ci possono essere, dalla crisi e dai conflitti interni. Noi continuiamo la mobilitazione: facciamo a staffetta lo sciopero della fame, raccogliamo le firme e soprattutto stiamo realizzando un filmato per smontare gli stereotipi. Continuiamo nelle scuole a sviluppare il senso dell’alterità, dell’identità, della giustizia e della cooperazione».
Quali sono le iniziative più importanti che gli insegnanti per la cittadinanza stanno organizzando per il 20 novembre?
«In varie città stiamo facendo degli incontri pubblici e dei dibattiti, con la presenza nelle scuole dei genitori. Il gruppo di Pisa ha realizzato un video molto bello che abbiamo messo sul nostro sito. Un’altra iniziativa è la staffetta dello sciopero della fame. In questi giorni sono stato a Rimini, al convegno della casa editrice Erickson sulla qualità dell’inclusione scolastica, dove una platea di 5mila persone ha applaudito e ha chiesto di firmare l’appello per la legge sulla cittadinanza. Nel Paese una sensibilità c’è, si tratta solo di riuscire a contrastare le strumentalizzazioni».
2 risposte a “GLI INSEGNANTI PER LA CITTADINANZA INSISTONO PER LO IUS SOLI”
certo ci mancavano solo gli insegnanti politicizzati. pensassero a istruire i giovani piuttosto che a indottrinarli!
Politicizzati? A me sembrano solo insegnanti che amano il proprio lavoro, che si interessano realmente dei propri alunni, che si impegnano per formare veri cittadini. E che quindi non amano veder buttato via il proprio lavoro?