INSUBORDINATI. COSA ACCADE NEL MONDO DEI RIDER?
Nel volume della giornalista siciliana Rosita Rijtano testimonianze, dati e inchieste per capire osa accade prima che il sushi o la pizza arrivino nelle nostre case
23 Settembre 2022
Cosa succede nel complesso mondo dei rider e delle app che gestiscono il food delivery in Italia? Il volume Insubordinati. Inchiesta sui rider, scritto dalla giornalista siciliana Rosita Rijtano e pubblicato dalle Edizioni Gruppo Abele (128 pagine, 14 euro), svela con decine di testimonianze dirette, dati e analisi sul campo, inchieste giudiziarie e giornalistiche, documenti governativi ed europei, ricerche accademiche, cosa accade prima che il sushi o la pizza arrivino nelle nostre case. Perché l’autrice parte da un’autocritica personale: «Per pigrizia ho ordinato la prima cena tramite app e per pigrizia mi sono poi fatta portare a casa di tutto. Storcevo il naso se il rider mi chiedeva di raggiungerlo davanti al portone, controllavo compulsivamente la sua posizione, e chiamavo l’assistenza quando era in ritardo. Ero una cliente tra tante, forse più cattiva di tante. Oggi le piattaforme non hanno smesso di salvarmi la cena, anche perché sarebbe un disastro per l’economia. Sono diventata più consapevole: uso certe app e non altre, raggiungo il corriere in strada, do spesso la mancia, evito le recensioni. Non basta, ma è qualcosa». Il tentativo del libro è proprio quello di dare voce ai rider senza conoscerne effettivamente il numero: «Entità pirandelliane, dai mille volti e dalle altrettante esigenze, per quanto gli analisti si sforzino di ingabbiarli nelle statistiche. Una categoria di lavoratori che rimane afona: non sappiamo quanti siano esattamente i corrieri impiegati nella gigantesca industria del food delivery, né conosciamo il loro profilo». Ma non sono tutti studenti, né tutti stranieri.
Enrico, 46mila km, 7 incidenti e guai a parlare di infortunio sul lavoro
«Aspetti l’ordine, vai al ristorante, corri dal cliente, aspetti il nuovo ordine, vai al nuovo ristorante e così via, fino a che non sei spompato», racconta il 43enne torinese Enrico Francia, uno dei lavoratori diventati essenziali durante il lockdown e la pandemia, fra gli unici cui era permesso girare per le strade deserte. Essenziali, ma non tutelati, sottopagati, esposti a rischi quotidiani, costretti a orari assurdi. Enrico riassume così tre anni di lavoro: 46mila chilometri, 7 incidenti e «guai a parlare di infortunio sul lavoro. Una volta si è spaccato la faccia su uno dei tanti binari che frastagliano le strade di Torino. Ma il suo non è solo un mestiere di gambe, ci sono tempi folli da rispettare ed emozioni da saper gestire. La tecnologia, che pervade ogni spazio tra Enrico e il suo datore di lavoro, permette gradi di controllo nuovi e mai così invasivi. Quanti ordini, in quanto tempo, con quanta efficienza e soddisfazione per il cliente: gli algoritmi – e dietro di loro le aziende del food delivery – elaborano migliaia di dati e finiscono per essere responsabili di decisioni automatiche e importanti per la vita dei fattorini», scrive l’autrice 35enne, giornalista de Lavialibera, rivista di Libera e Gruppo Abele.
Tra algoritmi, recensioni, sfruttamento e caporalato
I compensi? «Dal 30 marzo al 26 aprile 2020, quando l’Italia era chiusa in casa, uno dei momenti migliori, Enrico ha incassato 1.700 euro lordi, lavorando in media 10 ore al giorno. Uno stipendio di sussistenza, al prezzo di qualsiasi diritto: niente ferie, niente contributi, niente malattia, niente disoccupazione e niente liquidazione. Nello stesso periodo del 2021 il suo compenso si è più che dimezzato», prosegue la giornalista. «Hanno detto ai rider che offrono un lavoro davvero cool, dove ognuno è imprenditore di sé stesso. Ma la realtà non combacia con la propaganda. Nel nuovo mercato del lavoro la lotta dei ciclofattorini per il riconoscimento di diritti e tutele per un impiego sicuro e dignitoso è un banco di prova decisivo. Da come sarà regolata o non regolata quest’attività dipende il domani di tutti noi», aggiunge.
Vessazioni e violenze talvolta anche fisiche, contratti debolissimi, sfruttamento e caporalato. E la spada di Damocle delle recensioni: occorre «capire l’importanza che i clienti hanno per le sorti dei rider. I loro feedback, spesso lasciati con disinvoltura, sono uno dei parametri più valutati dagli algoritmi delle piattaforme, macchine che tutto vedono e poco sanno. I rider ne sono consapevoli. Noi meno. C’è del genio nell’aver delegato ai consumatori parte del controllo manageriale sui corrieri. Per i clienti, noi, diventa un modo per soddisfare il desiderio di giudicare gli altri e un po’, in fondo, di sentirci migliori. Portata all’eccesso: di una società in cui tutti controllano tutti».
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Rosita Rijtano
Insubordinati. Inchiesta sui rider
Edizioni Gruppo Abele
pp. 128, € 14