QUANDO PARLIAMO DI IMMIGRAZIONE, PARLIAMO DI NOI
Un incontro on line su "L'integrazione degli immigrati: quali modelli?" con Rama Dasi Mariani e Luca Sciullo
29 Aprile 2021
Non di immigrazione, ma della vita, e vitalità, della nostra comunità ragioniamo, nell’incontro dal titolo “L’integrazione degli immigrati: quali modelli?“, che si svolge oggi pomeriggio, 29 aprile alle 17:30. L’appuntamento si colloca all’interno di Futuro Prossimo di CSV Lazio, in collaborazione con l’associazione Etica e Economia ed vede la partecipazione di Rama Dasi Mariani, ricercatrice presso la Facoltà di Economia dell’Università di Roma “Tor Vergata” e membro del Comitato di Redazione del Menabò di Etica e Economia, e di Luca Di Sciullo, presidente di IDOS – Centro Studi e Ricerche sull’immigrazione e Coordinatore del Dossier Statistico Immigrazione (per partecipare basta collegarsi a questo link: https://global.gotomeeting.com/join/395702973).
Ho letto alcune delle ultime cose scritte da Rama e Luca in questi giorni e non vedo l’ora di ascoltarli dialogare durante questo incontro su “L’integrazione degli immigrati: quali modelli?” . Per due ragioni. E portate pazienza – parto da lontano, ma arrivo in breve a spiegare perché.
Non si tratta di accogliere, ma di aprirsi
Io non mi sono mai occupata dell’immigrazione. Probabilmente perché sono un’immigrata, che non si è mai considerata tale. Vengo da una famiglia molto unita. Che vive su due continenti, adesso in quattro Stati, che se invece li sommassi nel corso di quattro generazioni della mia famiglia del momento sarebbero almeno il doppio, destinati a crescere. Ci parliamo in quattro lingue e due dialetti. Ogni emigrazione è stata senza ritorno e nessuna senza lacerazioni profonde. Eppure tutti abbiamo generato figlie e figli che hanno riversato nella famiglia solo nuove migrazioni e, al contempo, lo stesso radicato senso di appartenenza. Per me, essere migranti non è un’etichetta, è lo stato naturale del mondo.
Nei trent’anni del mio fare campo base a Roma, l’Italia ha cambiato sostanza. I maestri di Rama e Luca e le mie compagne di strada che, a differenza di me, delle politiche e problematiche migratorie si occupano attivamente, hanno lavorato, studiato, assistito, battagliato, informato – per conquistare diritti e dignità politica per chi non è italiano per genealogia. Perché queste sono le radici e gli orizzonti della questione migratoria: diritti umani fondamentali e accesso alle opportunità e protezioni sociali. I volontari e le associazioni sono stati pionieri nel rivelare e denunciare le ingiustizie, le disuguaglianze e le inadeguatezze strutturali di una società sostanzialmente pre-moderna e monolitica. Non si è trattato di fare accoglienza, penso io, quanto di aprirsi, come comunità, in amicizia. E al futuro. Che è, appunto, adesso.
Non solo per gli stranieri, ma per tutti
E qui vengo alle mie due ragioni per cui vale la pena ascoltare oggi Rama Mariani e Luca Di Sciullo.
Primo, sono la G2 di ricercatori-attivisti dell’immigrazione. Si interrogano su un mondo interetnico multiculturale che è loro, di cui fanno parte integralmente. Non guardano il diverso dal binocolo della curiosità o ideologia, o attraverso il microscopio che scruta una caratteristica peculiare del fenomeno. Si pongono domande sui fattori, insiti nell’attuale sistema sociale, che aiutano oppure ostacolano l’integrazione. Da qui la mia gioia, e sollievo: i trent’anni di attivismo per e con le migranti e i migranti sono serviti, siamo sulla giusta strada. Ragioniamo di educazione, lavoro, salute, casa: di persone, di giustizia sociale.
Secondo, partendo da prospettive, competenze ed esperienze diverse, Rama e Luca arrivano a focalizzare lo stesso elemento base su cui concentrare l’attenzione: la dimensione territoriale. L’integrazione non è un concetto astratto, bensì frutto di pratiche incorporate nel quotidiano delle relazioni, istituzionali e personali. L’integrazione non si realizza per enunciati, ma per come gli attori collettivi, del primo, secondo e terzo settore, in interazione, realizzano la comunità. Una comunità integrante, piuttosto che respingente e divaricante. Pertanto, ascoltarli e sfidarli lo vedo come un’opportunità per costruirci qualche strumento in più per affilare la nostra azione, non a beneficio meramente degli “stranieri’”, ma della nostra comunità tutta.