
AI: COME PUÒ AIUTARE LE ASSOCIAZIONI?
Come l’AI può essere un supporto per le associazioni e un’opportunità da comprendere e gestire. Una riflessione dall’incontro “Intelligenza Artificiale per il terzo settore” organizzato da Cesmal in collaborazione con CSV Lazio
15 Aprile 2025
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L’AI può sostituirci nel nostro lavoro? L’AI può sostituire un volontario? No, non potrà mai farlo. Ma di certo può aiutare a recuperare la sua risorsa più preziosa: il tempo. «Pensiamo di dover offrire a tutte le nostre associazioni elementi di riflessione per provare a capire come l’Intelligenza Artificiale oggi possa essere un supporto per le associazioni». A parlare è Cristina De Luca, Presidente CSV Lazio, in apertura dell’incontro Intelligenza Artificiale per il terzo settore organizzato da Cesmal Centro Studi sul Management ed il Lavoro con il patrocinio dell’Assessorato alle Politiche Sociali di Roma Capitale e in collaborazione con CSV Lazio, Philmark Group e infoquadri.it, presso la sede del CSV Lazio, in via Liberiana a Roma. «Questo sarà il primo di una serie di approfondimenti tematici dedicati a questo tema. L’AI può essere una grandissima opportunità per fare meglio quello che le associazioni sanno fare, in un mondo che è completamente cambiato. Non c’è più separazione tra i vari mondi, ma c’è osmosi. Solo con l’osmosi, solo costruendo reti, mantenendo forte l’identità di ciascuno, ma capendo cosa si può fare l’uno per l’altro, si può andare avanti. L’AI può essere un’opportunità che va capita e che va gestita. E non è il sostituto di qualcosa che non sappiamo fare. Non è con questa che risolviamo il problema della mancanza di volontari. Ma possiamo imparare a comunicare meglio di quello che facciamo, presentare meglio le nostre attività».
AI: demandare attività e liberare risorse
Vediamo l’AI come qualcosa che spaventa, che può far perdere il lavoro, sostituirci. Ma è bene ribaltare la prospettiva. «Il fatto di poter lasciare certe cose alla macchina diventa un vantaggio competitivo», spiega Vivaldo Moscatelli, Human – AI Relationship and Technology Enhanced Learning. «Significa poter demandare attività e liberare risorse. Essere sostituiti dalla macchina può non essere un problema ma un’opportunità proprio per questo». Con le nuove tecnologie possiamo davvero liberare risorse da attività che ci prendono più tempo: attività di tipo amministrativo, la produzione di un certo tipo di contenuti, alcuni modi per gestire il confronto con il pubblico. Tutte cose che richiedono impegno e che potremo demandare a un agente. «Dovremmo avvicinarci all’AI» continua Moscatelli. «Siamo tenuti, quasi obbligati a conoscerla. È veramente alla portata di tutte le tasche: è per tutti e potenzia le nostre attività».

Un team per le AI: attrarre nuovi volontari
Gli Enti di Terzo Settore che vogliono sperimentare le AI dovrebbero quindi lavorare per obiettivi, come ha spiegato Antonio Votino, Presidente di Cesmal: identificare le aree di miglioramento e i dati disponibili, considerare le implicazioni etiche e morali. Grazie all’AI si potrebbero mettere a sistema delle banche dati in grado di raccogliere tutti i finanziamenti, che sono pubbliche e consultabili in tempo reale. Si potrebbero gestire i rapporti con i volontari. «Se sono a contatto con i volontari è difficile usare una chatbot, perché renderebbe tutto troppo freddo», commenta Votino. «Ma potrei programmare una risposta automatica del telefono, quando le linee sono occupate». C’è bisogno di sviluppare una propria strategia di utilizzo dell’AI, di selezionare le tecnologie e gli strumenti e di formare un team dedicato, «che vuol dire anche coinvolgere nuove persone, attrarre nuovi volontari». E c’è bisogno anche di fare una pianificazione: ad esempio, preparare ed eseguire un progetto pilota. Ma è possibile anche lavorare allo sviluppo o alla personalizzazione di soluzioni AI di mercato: ci sono esempi di strumenti di AI modificati proprio per le associazioni di volontariato. L’implementazione dovrebbe essere graduale: non serve introdurre tutto subito. «Un punto di partenza potrebbe essere una mobile app per mettere in rete tutti i volontari, creare una comunità», suggerisce Votino. «E poi si potrebbe lavorare al monitoraggio delle performance: con il digitale è tutto misurabile». A giovarne potrebbe essere proprio la comunicazione con i volontari si potrebbero aumentare l’engagement e la fidelizzazione nel tempo. Ci sono, ovviamente, anche le implicazioni etiche: il tema della privacy e della sicurezza dei dati, il controllo della verità di quello che viene inserito. E il tema del divide digitale: alcune parti della popolazione non sono raggiunte dalla connessione veloce.
Intelligenza artificiale per il terzo settore: la tecnologia c’è, perché non usarla?
Nel 2017 veniva creata un’app per chi soffriva di stress post traumatico che adattava al paziente degli stimoli multimediali e che costò un milione di euro. «Allora si faceva tutto a mano», riflette Mauro Antico, Chief Innovation Officer di Philmark Group. «Oggi la tecnologia ha abbattuto i costi, perché non usarla?». Le possibilità anche nel Terzo Settore sono molte. Una di queste è l’assistenza virtuale, con i chatbot che possono fornire informazioni sui servizi e supporto 24 ore su 24 e 7 giorni su 7 agli utenti. Ci sono la traduzione e l’accessibilità linguistica. C’è anche la previsione di bisogni sociali, cioè un’analisi predittiva per individuare aree o popolazioni a rischio. Con l’AI si può lavorare alla gestione delle risorse e dei volontari, con l’ottimizzazione degli orari e un confronto tra le loro competenze e i bisogni dell’ente. Si possono fare un monitoraggio dei progetti e una valutazione d’impatto e arrivare a decisioni più informate e alla trasparenza verso i finanziatori. Si può lavorare all’analisi dei social media e delle opinioni per monitorare le percezioni pubbliche delle attività. Si possono rilevare automaticamente le fake news su tematiche sociali sensibili. E lavorare sull’accessibilità dei disabili.

Il Tripadvisor della disabilità
Gli esempi concreti dell’uso dell’AI nel sociale sono già molti. Un esempio interessante è quello che è stato definito il Tripadvisor della disabilità: realizzato da Garda Lago Accessibile, Hsa, Handicapped Scuba Association, e X-Garda Service Academy, è una piattaforma digitale per recensire i posti per le persone con disabilità che permette agli utenti di conoscerli ma, tramite l’interazione, di capire quelli che mancano e migliorarli. Benetech, un’impresa sociale della Silicon Valley, fornisce testi on line per le persone con disabilità visive. Olam, una cooperativa sociale di Singapore, per fare una valutazione del cacao ha fornito degli smartphone ai coltivatori, evitando dei costi negli spostamenti e cercando di rendere i contadini più forti.
Visori per creare, app per suonare
Sono interessanti anche i progetti della Fondazione Anna Maria Catalano, realizzati insieme al dipartimento di informatica dell’Università La Sapienza di Roma. Il Presidente Sergio Estivi ci ha raccontato il caso di un visore creativo collegato a una stampante 3D grazie al quale le persone con un disagio neurologico riescono ad esprimere le loro idee e dare vita a degli oggetti. «È un app che verrà donata a fine giugno ad una onlus di Cerveteri per completare la sperimentazione», spiega Estivi. La Fondazione e l’Università, stavolta con i finanziamenti di Fondazione TIM, hanno dato vita ad una app che permette, una volta disegnata su un foglio di carta una tastiera, di inquadrarla con lo smartphone e farla diventare una vera tastiera. «È un’app gratuita immune da promozioni e messaggi pubblicitari» commenta il Presidente. Si potrà provare dal 20 al 22 giugno a Centocelle, al Festival della Scienza e dell’Arte.
L’AI: solo un Google evoluto…
Abbiamo parlato di Intelligenza Artificiale per il terzo settore, ma perché l’AI non sostituirà il volontario allora? «Non è intelligenza» ci ricorda Mario Antico. «È machine learning. Sono macchine che non hanno coscienza di sé. È un Google evoluto che ti risponde con una combinazione di parole. Non avrà mai creatività, perché è propria dell’essere umano. Le manca il coraggio di prendere scelte infelici. Ma, soprattutto, le manca la compassione, perché non ha sentimenti».
