ITALIA&AFRICA: PER RIUSCIRE DAVVERO SERVE LA RETE
Progetti più impattanti e più accesso ai finanziamenti. Nell'incontro organizzato da Consorzio Spera e CSV Lazio la strada verso l’approccio di rete che fa la differenza
21 Gennaio 2021
Alcune sono più giovani, altre hanno una storia decennale alle spalle. Alcune portano avanti progettualità in campo sanitario altre sono più centrate sui bambini, sui ragazzi, sulla scolarizzazione; altre si focalizzano sulle opportunità di sviluppo legate alle energie rinnovabili. Altre ancora offrono supporto e sostegno a villaggi interi. Sono le numerose associazioni del Lazio impegnate nello sviluppo dell’Africa Subsahariana che il 15 gennaio scorso si sono date appuntamento in occasione dell’incontro online Italia&Africa organizzato da Consorzio Spera con il supporto del CSV Lazio, parte di una serie di incontri organizzati in tutta Italia in preparazione del convegno Italia&Africa. Solidarietà, progetti e risorse per l’Africa, che Consorzio Spera organizzerà per il 2021 il 7 e 8 Maggio a Genova (è previsto per il 26 e 27 marzo, ma sarà forse rimandato al 7 e 8 maggio per garantire a tutti una maggiore partecipazione) .
Il Consorzio Spera ad oggi coinvolge una cinquantina di associazioni italiane attive in Africa Subsahariana. Nato nel 2009 su iniziativa di Medici in Africa, si pone l’obiettivo di mettere in rete le progettualità per l’Africa, di creare quelle sinergie che consentono di essere più impattanti rispetto ai problemi attraverso progettualità di più ampio respiro e possibilità di accedere a finanziamenti più rilevanti.
Italia&Africa: più forti, insieme
In Italia, come ha sottolineato Fabio Massimo Abenavoli, referente per il Lazio di Consorzio Spera, ma anche presidente di Emergenza Sorrisi, ong impegnata in Benin, Burkina Faso, Guinea, «esistono 380mila onlus di più o meno rilievo. Una dispersione di energie che determina sprechi di opportunità incredibili. 380mila realtà in Italia non servono: servirebbe un numero molto minore di organizzazioni con una forza molto maggiore; servirebbe unire le forze».
Dopo l’apertura di Pier Virgilio Dastoli, in occasione della quale il presidente del Consiglio italiano Movimento Europeo ha presentato l’iniziativa del Cime che chiede di invitare l’Unione Africana al G20 nell’anno di presidenza italiana, molte sono state le organizzazioni che hanno portato la loro esperienza, spesso fatta di progettualità che – certo per garantire sostenibilità, ma non solo – scelgono di essere specifiche, sia da un punto di vista territoriale, sia da un punto di vista tematico.
Come Tivoli in Senegal, che a Diamel, villaggio di poche migliaia di persone nato in un’oasi lungo il fiume Senegal al confine con la Mauritania, sono intervenuti con progetti di orticoltura, in accordo con un’azienda italiana di sementi a selezione naturale e irrigazione, hanno realizzato un dispensario sanitario dotato di strumenti diagnostici e ora, nonostante tutte le difficoltà legate alla pandemia, stanno cercando di mettere su un’acquacultura con un’associazione di giovani pescatori del posto che aiuterà a creare una filiera di piccolo commercio locale.
Come African Force in Senegal o The Angels Italia onlus in Tanzania che aiutano i bambini orfani puntando su educazione e salute; Umubyeyi Mwiza onlus Ngo e Gira Ineza Italia onlus che, in Ruanda, hanno creato, rispettivamente, una cooperativa di 40 donne che creano oggetti di artigianato e una sartoria a cui presto si affiancherà una scuola professionale di taglio e cucito. Come, ancora, Don’t Forget Africa che, in Camerun, a 70 km dal Gabon, in piena foresta equatoriale, gestisce da 15 anni un ospedale raccogliendo fondi, inviando attrezzature e medici che garantiscono formazione al personale locale, dando autonomia ad una struttura in cui tutto il personale è del posto e che serve un territorio di circa 70 km quadrati abitato da oltre 22mila persone. E Alcli Giorgio e Silvia di Rieti che da anni sostiene Afron nella lotta al linfoma di Hodgkin in Uganda. E come loro molte altre.
Esperienze diverse e variegate per molti aspetti. Ciò che le accomuna è la certezza che gettare semi, seppur piccoli, restituisce ricchezza, la soddisfazione di vedere come progetti piccoli possano evolvere e prendere strade magari inattese. Ma anche la consapevolezza profonda che l’intervento non debba mai essere calato dall’alto, ma condiviso con le persone, le istituzioni, le realtà locali e impostato in modo da poter, un giorno, lasciarlo andare, certi che continuerà sulle gambe di persone coinvolte nel suo nascere e nel suo crescere.
La riproducibilità dei progetti e l’ascolto delle istituzioni locali sono quindi fondamentali, così come la capacità di lavorare in grande, come ha ribadito Giancarlo Attili, che si occupa di impianti da fonti rinnovabili per lavoro e da volontario, con l’associazione Agape, ha realizzato un impianto fotovoltaico per l’ospedale di Kimbondo, a Kinshasa. «Lì è stato costituito un hub che raccoglie 16 associazioni che collaborano per trovare le risorse finanziarie e tecniche per tenere insieme una struttura grande e costosa. A dimostrazione che l’aggregazione consente di realizzare progetti di dimensioni più significative, di raggiungere economie di scala di un certo tipo. In questo momento c’è una grande disponibilità di fondi per l’Africa a livello globale e grandi realtà che vogliono investire, ma su progetti di grande respiro. Il problema è che i soldi finiscono per essere indirizzati all’industria, che sviluppa le grandi infrastrutture che poi generano benefici. L’industria però lavora sul profitto: il tema è infilarsi in queste dinamiche e far sì che l’intervento sul territorio venga fatto attraverso il territorio stesso, l’unione di più associazioni potrebbe consentire di raggiungere dimensioni progettuali tali da essere credibili presso le istituzioni disposte a finanziare progetti consistenti».
Verso Genova
«Le associazioni di volontariato sono molte e collaborano poco tra loro», ha ribadito Edoardo Berti Riboli, presidente nazionale Consorzio Spera. «Ogni anno organizziamo un convegno, siamo all’undicesimo. Ma sentiamo il bisogno di sprovincializzarci, così abbiamo deciso di aprirci e di coinvolgere il coordinamento dei CSV italiani, con cui abbiamo stipulato un accordo. Sono stati così coinvolti i CSV italiani e, per loro tramite, le associazioni operanti nei diversi territori. Italia&Africa. Solidarietà, progetti e risorse per l’Africa coinvolgerà la rete di tali associazioni, il volontariato laico, ma anche quello religioso, le università, le imprese italiane presenti in Africa in una commistione tra mondo profit e mondo non profit. Con un obiettivo comune: la rete». Un incontro importante per Riboli, un valore, occasione di scambio e spinta all’aggregazione, a cui, è emerso, ne seguiranno altri.
«Il grande merito del Consorzio Spera è che negli anni è riuscita a portare all’attenzione la necessità di fare rete, di non lavorare in autonomia, per decuplicare così gli interventi» ha detto Abenavoli. «È in questa direzione che occorre andare».