ITALIANI RAZZISTI PERBENE, GRAZIE AI LUOGHI COMUNI E AI PREGIUDIZI
Maurizio Alfano racconta un nuovo tipo di razzismo e dimostra che è presente anche nei giovani.
19 Agosto 2016
E poi capita che un giorno apri Facebook e vedi che tuo cognato, o un’amica di famiglia di vecchia data, ha condiviso un post di Matteo Salvini. Un post dai contenuti chiaramente razzisti. Com’è possibile? Eppure, pensi, sono persone perbene. “Italiani razzisti perbene. Numeri, sinonimi e contrari”, di Maurizio Alfano (Aracne Editrice) è un libro che racconta proprio questo fenomeno in atto nel nostro Paese. Oggi la rete e i social ci bombardano con messaggi che dovrebbero essere notizie, ma spesso sono deformate ad arte per motivi di propaganda politica. Sono messaggi reali, sono comunicazioni di parte, o sono addirittura veri e propri fake?
Alla tesi che siano credibili abdicano tutte quelle persone che sono razziste, ma perbene. A volte in modo incolpevole, a volte consenziente, una moltitudine di persone che dovrebbero essere democratiche, progressiste, cattoliche, religiosamente impegnate, di fronte ai fenomeni migratori di questi tempi arretrano, non prendono posizione, scompaiono. Accanto al razzismo genetico, quello esplicito delle destre, c’è il razzismo perbene, quello di chi, intriso di informazioni di seconda mano, tende a giustificare, a sdoganare un certo pensiero razzista, a dirsi fa se e sé (o anche agli altri) che a pensarla così, in fondo, non si fa male.
Maurizio Alfano, aiutandosi con una sitografia, più che con una bibliografia, perché l’analisi del fenomeno necessita una lettura del “qui e ora”, e quindi delle notizie più che della filosofia, firma un libro lucido, preciso, impegnato, che parte dalla lettura del passato, si appoggia su dati concreti, analizza il comportamento degli studenti per smontare i falsi miti, i luoghi comuni e associazioni di idee senza fondamento per capire il momento che stiamo vivendo, e provare a disinnescare il razzismo dalle sue fondamenta.
Storia, miti, crociate dei razzisti perbene
Per raccontare il fenomeno dei razzisti perbene, Alfano parte giustamente dalla storia: ci racconta le varie fasi dei flussi migratori che hanno riguardato gli italiani, ricordandoci che nei secoli scorsi siamo stati anche noi migranti, e lo siamo tuttora. E fissando nei primi anni Novanta, con i conflitti nell’ex Jugoslavia e con la situazione dell’Albania, il momento della svolta: per la prima volta da terra di partenze siamo diventati terra di arrivi. È da quel momento che il sentimento razzista ha cominciato a maturare.
L’autore passa poi ad analizzare quello che chiama il “razzismo sostenibile”, quello manifestato appunto dai razzisti perbene, un razzismo in grado di diventare sempre più democratico, raffinato, persuasivo, invasivo, convincente. Alimentato dalla grande capacità di convinzione di alcune forze politiche. E dalle nostre paure: quella di perdere il lavoro, gli alloggi (il luogo comune che gli stranieri rubano la casa agli italiani, mentre nella stragrande maggioranza sono gli italiani stessi a occupare la casa di altri italiani), di dover pagare noi i famosi 40 euro destinati all’accoglienza dei migranti (mentre sono fondi destinati dall’UE).
Quello che Alfano cerca di spiegare, documentandolo adeguatamente, è che non c’è connessione tra la crisi economica in atto, e quindi le nostre difficoltà, e la presenza degli stranieri in Italia. I problemi degli italiani e dei migranti sono cose completamente diverse, che derivano da cause diverse ed esigono soluzioni diverse. Non sono comparabili, e non sono collegabili. Come dice il famoso assunto secondo il quale non si possono sommare mele e pere.
Nel terzo capitolo del libro, “Professare il razzismo”, Alfano ci parla di quella che ormai è diventata una religione politica, che invoca la salvezza dal disordine che i migranti possono creare, una professione di razzismo sostenibile. Le professioni di razzismo sostenibile, come incitare alla demolizione con le ruspe i campi Rom o al respingimento dei migranti con la forza o le armi, non suscitano più sdegno e indignazione, ma consenso politico ed elettorale. È una sorta di nuova crociata contro lo straniero. Alfano ci parla anche del fenomeno di quelle regioni tipicamente cattoliche, regioni bianche che sono diventate improvvisamente “nere”, dove si deroga facilmente al comandamento “ama il prossimo tuo come te stesso”. I nuovi condottieri sono i Matteo Salvini, i Beppe Grillo, persone dotate indubbiamente di una comunicatività tanto efficace quanto rozza e semplicistica. Al punto che viene da chiedersi: per contrastare il razzismo bisogna scendere allo stesso libello di comunicazione?
Non ci rubano il lavoro, ma pagano le tasse
Alfano torna poi ad analizzare la correlazione tra gli stranieri in Italia e le condizioni economiche in cui gli italiani vivono da anni. Per farlo si basa sulla solidità dei dati Istat, che ci dicono quello che in tanti continuiamo a non voler sentire: gli stranieri continuano a muoversi quasi esclusivamente nel mercato del lavoro complementare, e non concorrenziale, come affermano alcune forze politiche. Non solo non rubano il lavoro a nessuno, ma danno un contributo importante a livello di tasse. La differenza tra entrate e uscite, a proposito degli stranieri in Italia, vede un attivo di 4,6 miliardi.
L’analisi si sposta poi sul piano semantico, su un’analisi dei sinonimi e dei contrari: a integrazione e inclusione si contrappongono segregazione ed esclusione. Attenzione: non sono solo parole, ma fatti, perché a questi termini corrispondono una serie di comportamenti gravissimi e riscontrati, come insulti, aggressioni, allontanamenti. Secondo i dati UNAR nel 2013 sono 763 i casi di discriminazione etnico-razziale in Italia, come ci racconta l’autore nel sesto capitolo del libro, “Distinti, distanti e divisi – L’Italia e la politica 3D mancante”, in cui analizza anche i diversi livelli del nostro essere razzisti. Si va dall’inconsapevolezza alla diffidenza, per arrivare all’intolleranza e all’indifferenza. E se i primi due si presentano naturalmente e da soli, gli altri due li costruiamo culturalmente e attraverso i nostri limiti.
Lezioni di razzismo
L’ultimo capitolo del libro, il VII, è dedicato alla ricerca sul campo. Una ricerca di tipo qualitativo, tramite una serie di focus group, che Alfano ha realizzato tra gli studenti calabresi. L’obiettivo era verificare se esiste, e perché è radicato, un sentimento discriminatorio anche tra i giovani. Il metodo di Alfano è semplice: porre delle domande, ascoltare le risposte, instillare dei dubbi, agendo come se anche lui fosse poco convinto delle risposte. E poi smontare pian piano i luoghi comuni che si fanno strada anche tra i ragazzi, come tra i razzisti perbene adulti.
Quelle di Alfano sono delle vere e proprie “lezioni di razzismo”, idea che andrebbe realizzata in ogni scuola e inserita nei programmi ministeriali. La ricerca di Alfano ci conferma che un sentimento razzista è presente nei ragazzi, ed è ovviamente figlio della non conoscenza e della narrazione mediata. L’opinione dei ragazzi è che lo straniero rimane e deve rimanere forestiero a noi, e che è colpevole delle nostre precarie condizioni. La soluzione è semplice, ma non facile da attuare: è la conoscenza. Allora, ben vengano libri come questo. Che dovrebbero essere letti da tutti.
Maurizio Alfano
Italiani, razzisti perbene. Numeri, sinonimi e contrari
Aracne Editrice 2015
212 pagine, 15 €