IUS SCHOLAE, IUS SOLI, IUS CULTURAE. CITTADINANZA CERCASI
Mentre il 30 settembre si avvicina, la cittadinanza è stata uno dei temi al centro della riflessione di Multi 2024. Biolghini sui Tavoli della Convivenza: «Stiamo agendo in supplenza di uno Stato che non riconosce la cittadinanza a milioni di persone con un passato migratorio nate e cresciute in Italia»
24 Settembre 2024
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Mentre il Referendum cittadinanza comincia a prendere quota dopo una partenza in sordina, la città di Roma si interroga sulle identità e le difficoltà dei nuovi italiani in un Paese che stenta a riconoscerne l’esistenza. Di questo si è discusso a Multi, la manifestazione organizzata da Slow Food Roma e Lucy sulla cultura con il supporto anche di CSV Lazio nei giardini romani di Piazza Vittorio, che dal 19 al 22 settembre hanno ospitato più di 100 appuntamenti e proposto oltre 60 piatti provenienti da tutti i Paesi del mondo. «Stiamo agendo in supplenza di uno Stato che non riconosce la cittadinanza a 4 milioni di persone con un passato migratorio nate e cresciute in Italia», ha affermato la consigliera delegata alle Politiche sociali e culturali della Città Metropolitana di Roma, Tiziana Biolghini, in apertura dell’incontro Ius scholae – Ius soli – Ius culturae. Cittadinanza cercasi. Biolghini è stata la promotrice dei Tavoli della convivenza, un progetto dell’amministrazione nato per valorizzare l’esperienza delle comunità migranti sul territorio romano e tradurre le loro necessità in concrete pratiche politiche. «Il cammino della convivenza portato avanti all’interno dei Tavoli nasce da un mio personale grido di dolore dopo la visita al Cpr, il Centro di permanenza per i rimpatri di Ponte Galeria», ha chiarito la consigliera. «Il percorso dei Tavoli va proseguito anche attraverso pratiche che aumentino la visibilità di quei 4 milioni di “italiani” senza cittadinanza, perché non avere la cittadinanza vuol dire essere esclusi da un normale accesso alla sanità, alla scuola, i consultori, per fare solo qualche esempio».
Presto un concorso per premiare i ragazzi e le ragazze che si sono distinti nella lotta al razzismo
«La domanda che ci ha guidato è cosa può fare l’educazione per la democrazia: educazione e non scuola, perché la scuola da sola non può affrontare tutti i problemi della democrazia», ha detto Carla Fermariello, presidente della Commissione Scuola del Comune di Roma, con un passato di attivista per i diritti delle persone immigrate e in particolare delle donne vittime di tratta. «Il problema che emerge maggiormente non riguarda tanto i bambini e le bambine con background migratorio che nascono in Italia, bensì i loro compagni e compagne di classe appena arrivati in Italia, che non parlano ancora la lingua e devono svolgere il percorso scolastico e didattico senza gli strumenti adeguati. Roma Capitale ha raccolto le richieste del Tavolo Scuola, traducendole in atti amministrativi e procedimenti». Oltre al progetto Scuole aperte il pomeriggio, la sera e nei weekend, che vede la realizzazione di molte iniziative rivolte proprio agli studenti stranieri, due sono, dunque, i percorsi messi in campo dall’amministrazione capitolina per favorire l’inclusione degli studenti con background migratorio: l’avviamento di corsi di lingua e mediazione linguistica e culturale per le famiglie, che ha avuto luogo in circa 80 scuole, e la promozione di un concorso contro il razzismo. «Non un concorso sulle discriminazioni in generale, che possono toccare tantissime persone e gruppi diversi, ma proprio sul razzismo, per verificarne l’esistenza nelle scuole», ha precisato la consigliera: «Vogliamo capire come i bambini e le bambine affrontano e risolvono questo problema, nel momento in cui tocca le comunità studentesche. L’idea è anche quella di premiare i ragazzi e le ragazze che si sono distinti per la lotta contro il razzismo», ha concluso Fermariello. «Dobbiamo uscire dall’atteggiamento di disistima nei confronti delle giovani generazioni, abbiamo molto da imparare dai nostri figli».
Mettersi nei panni di chi si sente rifiutato dal Paese che gli ha dato i natali
«Sono figlio del colonialismo italiano, mio padre è partito per campagna d’Africa nel 1936 per poi rimanere lì come tanti italiani che venivano dalle zone più depresse d’Italia e hanno trovato in Eritrea un ambiente accogliente», ha raccontato Salvatore Marino, comico, attore e conduttore televisivo, nato nel 1960 ad Asmara dove è rimasto fino all’età di 15 anni. «Malgrado fosse vietato dal governo fascista, in Eritrea molti italiani si sono legati alle donne del luogo, dando vita a famiglie miste. Io sono figlio di due culture, mamma era nera come l’ebano, papà era bianco, io sono un nero sbiadito o un bianco pentito», ha scherzato. Marino si ritiene fortunato: «Io non ho avuto problemi con la cittadinanza, perché mio padre ha riconosciuto i figli nati nel Corno d’Africa», ha spiegato. «Ma è difficile comprendere perché i figli degli immigrati nati in Italia non vengano riconosciuti come italiani. Fino a 18 anni vivi in una terra di nessuno, dobbiamo immedesimarci nella condizione esistenziale di chi sente rifiutato dalla Stato che gli ha dato i natali».
Boom di firme per il Referendum Cittadinanza
Nel frattempo il Referendum per ridurre da 10 a 5 gli anni di residenza legale necessari per poter chiedere la cittadinanza ha preso quota e – grazie anche alla mobilitazione di personaggi pubblici del calibro di Alessandro Barbero, Ghali e Zerocalcare – negli ultimi giorni, le firme sono passate da poche decine alle oltre 450mila. Occorre raggiungere 500mila firme entro il 30 settembre: un obiettivo che sembrava quasi impossibile, ma che ora appare molto più a portata di mano. È possibile sottoscrivere il Referendum anche collegandosi al sito del ministero della Giustizia attraverso il sito della campagna www.referendumcittadinanza.it
Immagini Italiani senza cittadinanza