KEMIOAMICHE: COMBATTERE IL CANCRO CON UNA CANZONE
In onda dal 4 febbraio su Tv2000 e Real Time, Kemioamiche racconterà l’esperienza della chemioterapia. Una testimonianza di condivisione e prevenzione
02 Febbraio 2017
«All’inizio avevo paura, ero pietrificata». È l’inizio di una famosa canzone, “I Will Survive” di Gloria Gaynor. È quello che prova ogni persona che si sente diagnosticare una malattia. Magari terribile come un cancro al seno. “I Will Survive” è una delle canzoni che sentiremo durante le puntate di Kemoamiche, un programma innovativo di Tv2000 e Real Time, in cui la lotta di alcune donne contro il cancro al seno viene raccontata con un linguaggio assolutamente innovativo, quello del docureality che diventa musical.
Kemioamiche andrà in onda per la prima volta su entrambe le emittenti sabato 4 febbraio alle 22.10, in occasione della Giornata Mondiale contro il Cancro. Le puntate successive andranno in onda il martedì in prima serata su Tv2000 e a marzo su Real Time.
https://youtu.be/mahbdHNbU1w
Kemioamiche ha un linguaggio nuovo, e molto particolare. Da un lato si inserisce perfettamente nel filone factual, o reality, e in questo senso si colloca bene tra i programmi di Real Time: immagini nitide e pulite, musiche di repertorio ad effetto a sottolineare i momenti più commoventi, voce narrante, (di Maria Grazia Cucinotta), interviste. All’improvviso, però, arrivano sullo schermo dei numeri musicali, in cui le pazienti, i medici, gli infermieri, i parenti in visita cominciano a cantare (in playback). “Donne” di Zucchero, “Capelli” di Niccolò Fabi, che vuole prendere con un po’ di leggerezza il momento, tremendo, in cui durante la chemioterapia si perdono i capelli. E ancora “I Will Survive”, in cui quel «adesso vai via, esci dalla porta perché non sei più il benvenuto qui», che, messo in bocca alle pazienti, assume un significato tutto nuovo. È proprio vero che le canzoni, una volta pubblicate, appartengono a tutti, vivono una vita propria. Qui diventano qualcosa di catartico, un urlo di vita da parte delle “kemioamiche” (è il nome della chat creata da una delle ragazze per condividere l’esperienza), donne coraggiose nel mettersi in gioco due volte, davanti a una telecamera oltre che nell’affrontare la chemioterapia.
Chiara, tra “Sex And The City” e l’esperienza personale
Kemioamiche nasce da un’idea di Chiara Salvo, e della casa di produzione Kimera: Chiara stava vivendo in prima persona l’esperienza di un cancro al seno e della chemio. «Io per lavoro produco format originali», ci spiega l’autrice. «Passo la mia vita girando e creando format. Il mio lavoro è il prolungamento della mia vita». Così ha pensato di fare della sua esperienza un programma, in modo che potesse essere utile a molte altre persone. Ma con un tocco irriverente e insolito.
«Parte tutto da “Sex And The City”», ci spiega Chiara Salvo. «C’è una scena in cui Samantha, che è in chemioterapia e sta portando una parrucca, sente troppo caldo e dice “sai che c’è, questa parrucca io me la tolgo”. Ho fatto un video con “I Will Survive”, dove tutte le donne si toglievano la parrucca e la lanciavano. Siccome è stata una giornata terapeutica, mi sono detta “facciamo un musical”.
Così ogni puntata è fatta anche di canzoni, sempre con un senso preciso: “Quello che le donne non dicono”, “Basta un poco di zucchero”, “Bibbidi Bobbidi Bu” con Maria Grazia Cucinotta che fa la Fata Smemorina. Un tocco surreale, magico, in un racconto che spesso è molto duro. Come è stato duro per Chiara lavorare in un momento così difficile. «È stato necessario», ci racconta, «ma molto duro, quando fai chemio hai anche una perdita di lucidità. Ho avuto uno staff che mi ha aiutato tantissimo».
Stefania, soldatessa contro un terribile cattivo
Kemioamiche è un intrecciarsi di storie. Tra queste ci ha colpito quella di Stefania Pirrotta, una giovane donna e madre, minuta ed elegante. È lei che, nella prima puntata, canta “I Will Survive”. «Ho provato un senso di grande liberazione a cantare questa canzone», ci racconta.
«Quello che diceva mi ha dato il coraggio di dire: “ce la farò. E così ce la farete anche voi”. A un certo punto si vede anche il lancio della parrucca, che vuol dire non vergognarsi di quello che sono. Siamo sempre donne, possiamo cambiare, ma dentro siamo sempre noi. Anche nei momenti di terapia mi sono sempre truccata, ho messo il rossetto, non volevo dargliela vinta».
Le abbiamo chiesto cosa avesse provato al momento di partecipare a un programma tv. «Nessuno aveva parlato di trasmissione televisiva», ci spiega. «La mia oncologa mi aveva detto che sarebbe stato possibile un aiuto psicologico per me. Io ero scioccata, spaventata. Poi mi ha parlato di una produttrice televisiva, Chiara Salvo, che veniva da un tumore al seno. Ho preso questa decisione quando ho conosciuto Chiara, e ho capito che potevo essere lo strumento di un messaggio per tante altre». Nella storia di Stefania c’è anche un piccolo gesto nei confronti dei figli che ha commosso tutti. «A casa ho due bambini piccoli e per loro avrei fatto qualsiasi cosa», ci racconta. «Mi sono preoccupata di cosa avrebbero visto. Ho deciso di non lasciar cadere i capelli ma di rasarli. Ho inventato una storia: ho detto loro che avrei fatto un film in cui sarei stata una soldatessa che avrebbe combattuto contro un cattivo. E come militare mi sarei dovuta tagliare i capelli. Ho spiegato che avrei messo una parrucca così avrei potuto girare per il quartiere senza essere riconosciuta. Hanno vissuto questa esperienza in tutta tranquillità».
Kemioamiche: tivù del dolore? No, è tutt’altro
Kemioamiche è un prodotto televisivo completamente nuovo. Per il linguaggio, che fonde reality e musical, per la collaborazione tra due canali televisivi di gruppi diversi. E per il senso dell’operazione, e il tono con cui si sceglie di affrontare un problema delicato. «Racconta qualcosa di vero senza fare tv del dolore, ma neanche tv di plastica», spiega il Direttore di Tv2000 Paolo Ruffini.
«Dimostra che, con un linguaggio che spesso viene demonizzato come quello del reality, si possono raccontare cose vere. La linea editoriale di Tv2000 è quella di voler raccontare la realtà, e non costruire un mondo fittizio, artefatto. Questo programma racconta che la vita non si ferma davanti alle difficoltà».
Qualcuno si chiede se e come un programma come questo si differenzi dalla tv del dolore, visto che con questo aspetto deve fare i conti. «Il dolore esiste: a volte si vince la malattia, a volte no, ma la si può curare sempre», spiega Ruffini. «Una tv che non raccontasse il dolore non racconterebbe la vita. Se si racconta il dolore come una cosa senza soluzione, come un vicolo cieco, come un frammento che diventa ipertrofico, lì si fa la tv del dolore. Io penso che ci sia una tv che non racconta la vita, ma la trasforma in televisione». «Noi siamo una tv cattolica, e la nostra religione racconta un Dio che ha patito ed è rinato», conclude Ruffini. «Il dolore può essere anche una rinascita. È questa la differenza con una tv che si ferma all’apice del dolore».
Immagine di copertina di Stefania Casellato