LA TRAPPOLA DEL VIRUS, CHE CATTURA SOPRATTUTTO MIGRANTI E POVERI

In un libro di Padre Camillo Ripamonti le storie dei migranti nell'emergenza e l'impegno del Centro Astalli per i rifugiati

di Giorgio Marota

Moussa aveva un contratto nella ristorazione e in questi giorni sta vedendo vacillare certezze costruite con fatica in anni di integrazione. Myrra lavora negli ospedali e teme per la salute dei suoi due figli albini. Serife ha dovuto lasciare la sua casa di Roma per trasferirsi in Germania con suo marito. Mentre Shadam, dopo essere stato licenziato, ha visto nascere suo figlio. La pandemia ha scavato un solco ancora più profondo in una società già affetta dal virus delle disuguaglianze e il mondo del Terzo settore rischia di non farcela, se lasciato solo, a svolgere la funzione di collante della società.

 

La trappola del virusLa trappola del virus

Dare voce ai migranti, veicolare la cultura dell’accoglienza, comunicare la speranza e promuovere la ricchezza della diversità sono gli obiettivi che si è posto “La trappola del virus: diritti, emarginazione e migranti ai tempi della pandemia” (Edizioni terra Santa 2021), un libro scritto dal presidente del Centro Astalli, padre Camillo Ripamonti, e dalla politologa Chiara Tintori.

Il volume nasce con la formula del dialogo tra i due autori alla luce dell’esperienza con i richiedenti asilo ed è stato presentato ieri pomeriggio sui canali social del Centro Astalli, il Servizio dei Gesuiti per i Rifugiati. Oltre agli autori, sono intervenuti online il cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Cei, Gherardo Colombo, presidente onorario di ResQ – People Saving People e Massimo Giannini, direttore del quotidiano La Stampa.

Partendo dalle emarginazioni rintracciabili già prima dell’arrivo del Covid-19 in Italia, il testo si concentra sui mesi della primavera del 2020, per raccontare modalità e strumenti messi in atto dal Centro Astalli per garantire alcuni servizi essenziali alle persone in difficoltà, nonostante il lockdown. Stranieri, ma anche molti italiani, sono stati accumunati dall’essere “gli ultimi” in un contesto drammatico che oggi rischia di esasperare le tensioni e di allargare la forbice delle disuguaglianze.

Né scarti né nemici

Ripamonti ha un’idea ben chiara della strada che dovrebbe seguire qualsiasi operatore o volontario impegnato nell’accoglienza: accompagnare, servire e difendere. «Declinare questi tre verbi significa mettere al centro la persona. Perché “la trappola”? Queste persone erano già a forte rischio esclusione, il virus li ha messi all’angolo. «I migranti vanno accompagnati, non esclusi, vanno serviti e non dobbiamo servirci di loro credendo che servano solo perché ci pagano le pensioni o fanno figli. E non dobbiamo difenderci dai migranti, facendo accordi assurdi con la Turchia e con la Libia, ma difendere loro dalle ingiustizie». L’isolamento, le quarantene, le zone rosse, l’impossibilità di avere un contatto diretto e le altre misure di questi mesi hanno certamente aiutato nella gestione la pandemia; al tempo stesso, però, hanno creato notevoli problemi alle persone più deboli e a chi si occupa di sostenerle quotidianamente.

«Purtroppo l’altro viene rappresentato come un nemico», le parole del cardinale Bassetti. «Il povero viene trattato come uno scarto e lo straniero come un invasore. Dobbiamo uscire dalla cultura dell’io per abbracciare la cultura dell’incontro. Papa Francesco ha sempre parlato di globalizzazione dell’indifferenza, ha iniziato a farlo nel 2013, accendendo la luce su migliaia di bambini, donne e uomini che attraversano il Mediterraneo. Oggi queste persone e le loro sofferenze sembrano scomparsi dai radar dell’informazione».

L’ultimo rapporto dell’Associazione Carta di Roma ha certificato proprio questo aspetto: se prima sui media si parlava di immigrati dal punto di vista emergenziale e nei quadri della cronaca nera, spesso con un’accezione negativa, oggi il tema sembra scomparso dall’agenda. Rispetto al 2019, nel 2020 c’è stata una riduzione di notizie relative all’immigrazione pari al 34%; nei telegiornali del prime time, a differenza degli anni precedenti, l’attenzione è stata discontinua: nei primi dieci mesi del 2020 le notizie trasmesse risultano essere la metà rispetto a quelle rilevate negli ultimi due anni.

 

L’informazione e i nodi irrisolti

«È vero, stiamo raccogliendo i frutti di una semina infame», il commento di Giannini che ha vissuto sulla propria pelle, raccontandolo da cronista, il dramma del ricovero in terapia intensiva. «Si dice sempre “prima noi”, “prima gli italiani”, “prima chi sta bene”, “prima chi ha più soldi”. La pandemia ha agito come un pettine che ha solcato il nostro Paese facendo venire a galla tutti i nodi irrisolti. Tra questi nodi c’è l’integrazione e il tema dell’accoglienza dei migranti». Secondo il direttore de “La Stampa”, «con le parole i politici, e in particolare la destra sovranista, hanno alzato dei muri, anziché costruire dei ponti. Penso ai giorni della caccia al cinese o a chi sostiene che la colpa della diffusione del Covid sia degli africani. In tempi di crisi sanitaria, crisi finanziaria e crisi politica siamo passati dall’emergenza allo stigma. Inaccettabile. Della serie: sei povero e sei migrante, la colpa è solo tua. L’ultimo rapporto Censis ha dimostrato, che il volontariato è una realtà straordinaria del nostro Paese, quindi non bisogna arretrare di un millimetro sulla frontiera dell’umanesimo».

Persone, prima di tutto

Il 2021 è l’anno di due ricorrenze: i 40 anni del Centro Astalli e i 70 anni della Convenzione di Ginevra che regola il diritto d’asilo. L’intervento di Gherardo Colombo, che ha scritto la prefazione de “La trappola del virus”, si è focalizzato in particolare sugli aspetti giuridici e sul fatto che nella nostra Costituzione, in tema di diritti, si parla di “persone” ancor prima che di “cittadini”. «Dove i diritti di tutti sono garantiti, quelli dei poveri in primis, allora lì c’è una democrazia matura», ha spiegato. «Per quanti passi abbiamo dal 1938, data dell’approvazione delle leggi razziali in Italia, la discriminazione è ancora alta nel Paese e il virus ha acuito le differenze».

Non sarà forse un volume a risolvere definitivamente il problema degli invisibili – servono piani politici e risorse economiche – ma tutti i cambiamenti vengono sempre innescati da un’operazione culturale. Un libro può favorire l’inclusione.

La presentazione del libro è visibile a questo link: (107) Presentazione “La trappola del virus”: il nuovo libro del Centro Astalli – YouTube

 

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