LA VIOLENZA SULLE DONNE CON DISABILITÀ È UNA EMERGENZA

Una su tre subisce violenza, ma solo un terzo riconosce come violenza ciò che ha subito. Un'indagine FISH e Differenza Donna

di Ilaria Dioguardi

Su 519 donne con disabilità intervistate, 171 hanno dichiarato di aver subìto violenza in qualche forma.  Questo uno dei risultati della ricerca VERA – Violence, Emergenze, Recognition and Awareness, effettuata da FISH, Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap, in collaborazione con l’associazione Differenza Donna. «Il tema della violenza sulle donne con disabilità è ancora oggi poco analizzato. Si tratta di persone con maggiore fragilità, vittime di una doppia discriminazione, in quanto donne e in quanto persone con disabilità», afferma la ricercatrice Lucia Martinez, che ha analizzato i dati con la collaborazione di Daniela Bucci e Carlo Giacobini.

violenza sulle donne con disabilità
Dalla ricerca VERA, di Fish e Differenza Donna

 

 

 

 

 

 

 

LA RICERCA.  «Il progetto VERA va a colmare la carenza di informazioni sulla materia. I questionari sono stati somministrati on line, ad un campione autoselezionato. Non rispecchia le caratteristiche della popolazione con disabilità, ma offre un focus specifico».
Le donne con disabilità che hanno subìto violenza hanno tra i 30 e i 60 anni, una cultura medio-alta, quasi il 45% dei casi lavora come libera professionista o impiegata, quasi il 37% ha figli, in maggior parte minori che vivono con loro. Nel 52% dei casi hanno una relazione sentimentale. Rispetto al tipo di disabilità, la violenza sulle con disabilità colpisce soprattutto quelle che hanno una motoria.
La maggioranza delle intervistate sono donne italiane, solo il 3% sono straniere. Il 33% del totale ha subito almeno una forma di violenza da parte del partner attuale o di un ex, di un familiare, di un conoscente, di uno sconosciuto o di un operatore: il 51,8% ha subito insulti, derisione, svalutazione di fronte a terzi, il 23,7% un’aggressione fisica, il 23,3% baci e carezze intime contro la volontà, il 21,2% l’invio di immagini e messaggi osceni.

«La violenza psicologica è molto spesso la più sottovalutata perché socialmente la più difficile da riconoscere, ma è la più ricorrente, ha colpito il 53,9% delle donne intervistate. È la più diffusa e forse anche la più grave nel lungo periodo», dice la ricercatrice Martinez. Seguono la violenza fisica e la molestia sessuale. Rilevante è la differenza tra la violenza percepita, 32,9%, e quella realmente subita, 65,3%. «Questo è un fatto preoccupante perché, quando alle donne sono stati chiesti singolarmente tutti i tipi di violenza, è stato riscontrato che il 30% delle donne fatica a riconoscere come violenza un atto che le danneggia perché non le lede fisicamente, ma è comunque violenza».

Spesso le donne hanno subito violenza in tre forme diverse e nell’80% dei casi è perpetrata da una persona conosciuta dalla vittima: nel 51% dei casi è una persona affettivamente vicina, nel 21,5% si tratta di un conoscente e nel 7,6% di un operatore. L’autore cambia a seconda del tipo di violenza: il 59,3% delle donne subisce violenza fisica da un familiare, mentre la molestia sessuale, che comprende anche quella via web, è attuata prevalentemente da uno sconosciuto o da un conoscente.

violenza sulle donne con disabilità
Dalla ricerca VERA

 

 

 

 

 

 

«Si sono osservate le reazioni delle donne, anche perché questo è un fenomeno sommerso, non solo le donne non sempre riconoscono i comportamenti violenti, ma quando li riconoscono faticano molto a denunciarli, perché non vengono credute e perché entrano in un circuito di colpevolizzazione», afferma Martinez. «Solo il 37% dichiara di aver reagito di fronte a tali violenze: nel 37,1% dei casi con un confronto diretto con il maltrattante, il 27,4% ha denunciato (non solo alle forze dell’ordine), solo il 5,6% si è rivolto ad un centro antiviolenza, il che la dice lunga su quanto ancora ci sia da fare, per far conoscere i centri dedicati».

 

I PASSI DA FARE.  «I dati di questa ricerca ci fanno riflettere sulla costruzione di politiche attive per arginare la violenza sulle donne con disabilità, sempre più dilagante negli ultimi anni», dice a Reti Solidali Vincenzo Falabella, presidente nazionale della Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap. «Senza i dati non possono costruirsi quelle politiche di intervento per fermare questo fenomeno che è sempre più dilagante nel nostro Paese. Vogliamo rilanciare la cultura del denunciare, solo con le denunce si può arginare il reiterarsi di analoghe condotte. Quello che dobbiamo iniziare a fare è comunicare che bisogna intervenire immediatamente, quando si verifica una violenza su una donna con disabilità, e non aspettare un loro ulteriore malessere; le donne non devono essere abbandonate a loro stesse, ma devono essere accompagnate attraverso un processo di condivisione di quello che è accaduto», dice Falabella. «Nell’ultimo Congresso 2018 la FISH ha approvato una mozione specifica; ormai da anni abbiamo puntato l’attenzione sulla violenza contro le donne con disabilità, che hanno una vulnerabilità maggiore. Sappiamo bene il peso che i fenomeni di violenza hanno sulle donne in generale, ancora di più sulle donne con disabilità. Questo fenomeno deve essere attenzionato maggiormente, per costruire insieme ai parlamentari: vogliamo esserci come parte attiva di un cambiamento culturale che porti a politiche concrete, attive per arginare il fenomeno».

 

I CENTRI ANTIVIOLENZA. Come sottolineato nella Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità, entrata in vigore nel 2008 e ratificata in Italia nel 2009, è necessario incorporare una prospettiva di genere in tutti gli sforzi tesi a promuovere il pieno godimento dei diritti umani e delle libertà fondamentali da parte delle persone con disabilità.
«Quei luoghi nati per raccogliere un bisogno non sono percepiti come luoghi capaci di soddisfare le esigenze. I centri antiviolenza hanno bisogno di essere conosciuti di più, dobbiamo lavorare molto anche su questo», dice l’onorevole Lisa Noja. «Inoltre, bisogna lavorare con istituti come Istat, per sistematizzare i dati sulla disabilità e impegnarci per portare avanti le mozioni che abbiamo già presentato».

Poche le indagini precedenti a questa ricerca in Italia, l’ultima dell’Istat risale al 2014. «Solo quando i numeri delle donne con disabilità che subiscono violenza diminuiranno», conclude Falabella, «vorrà dire che è servito il nostro lavoro».

 

 

“Silenzi Interrotti”, regia di Ari Takahashi. Un corto su violenze e abusi su donne con disabilità. Video prodotto da Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap e Differenza Donna (novembre 2018).

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