L’ASSOCIAZIONE CODA: COMUNICARE CON I SORDI È BELLO

È la prima fondata da figli udenti di genitori sordi e ha subito suscitato interesse.

di Ilaria Dioguardi

L’associazione Coda Italia è stata fondata da cinque ragazze, sulla scia delle numerose associazioni che da anni esistono in tanti Paesi del mondo. Coda è l’acronimo di Children of Deaf Adults. L’idea di avviare la prima (e unica) associazione di promozione sociale che in Italia si occupa di figli udenti di genitori sordi è nata da cinque giovani donne (Giusi, Susanna, Michela, Elena e Gloria)  provenienti da varie parti d’Italia (Roma, Sicilia e Campania), tutte figlie udenti di genitori sordi, che si sono ritrovate a Roma e hanno deciso di intraprendere questa avventura anche nel nostro paese.

Orgogliose di raccontarci usando le mani e lo sguardo

«Sentivamo forte la necessità di raccontarci, di confrontare le nostre esperienze di vita, che, seppur simili, avevano tutte delle sfaccettature che ritenevamo interessanti e degne di nota. Le nostre chiacchierate, però, avvenivano in privato, tra le mura domestiche e questo non ci bastava più», raccontano le fondatrici. «Abbiamo deciso di fondare un’associazione in modo da coinvolgere altri Coda. Volevamo ascoltare anche il punto di vista di altri ragazzi che, come noi, avevano un’esperienza di vita forte da raccontare».
Dopo un anno di intenso lavoro, il 16 ottobre 2014 hanno inaugurato la loro associazione presso l’Istituto Statale Sordi di Roma, in via Nomentana 56. La nascita dell’associazione Coda Italia ha da subito destato l’interesse non solo di figli udenti di genitori sordi, ma anche degli stessi genitori sordi che hanno visto in loro una possibilità di confronto. «Confronto, si, perché l’unica cosa che differenzia le nostre famiglie dalle altre è una diversa modalità di comunicazione: noi usiamo la Lis, Lingua dei Segni Italiana. Siamo cresciute usando contemporaneamente due lingue, la lingua vocale, l’italiano, e una lingua visivo-gestuale, la Lis. Entrambe fanno parte del nostro vissuto e racchiudono ciò che noi siamo. Avere due genitori sordi non significa essere incompresi, non riuscire a comunicare o patire chissà quali sofferenze. Cresciamo in una famiglia che per raccontarsi utilizza le mani, lo sguardo. Per noi è un grande motivo di orgoglio».

Ci si occupa troppo poco di noi

Tra i loro progetti, presenti e futuri, c’è innanzitutto quello di continuare a promuovere attività volte all’accrescimento psicologico e sociale di figli udenti di genitori sordi. «Abbiamo, infatti, durante il primo anno, organizzato diversi seminari e momenti di incontro tra Coda e tra genitori sordi con figli udenti. Vogliamo promuovere la ricerca scientifica, in collaborazione con università e altre associazioni, che abbia come obiettivo principale la figura dei Coda all’interno della società». In letteratura, ci sono molti studi su genitori udenti con figli sordi, ma ci si occupa troppo poco di figli udenti di genitori sordi. «Stiamo lavorando per capirne il motivo. I figli udenti di genitori sordi non sono cresciuti nei problemi, ci teniamo a chiarirlo. Ciò che li distingue da altri ragazzi, forse, è che sono cresciuti all’interno di due comunità, con due lingue, ma l’affetto e il calore familiare è stato lo stesso, forse anche maggiore rispetto alla media. Siamo fieri delle nostre famiglie».

A sostegno della Lis

«Vogliamo sensibilizzare all’uso della Lis e continueremo, come abbiamo già fatto nel corso di quest’anno, a lottare, sostenere il riconoscimento della Lis in Italia e favorire l’integrazione tra comunità sorda e comunità udente. Siamo il caso vivente di come l’integrazione sia possibile e di quanto possa arricchire. Il non riconoscimento della Lis comporta delle problematiche, la più superficiale è la scarsa visibilità: meno si ha a che fare con la Lis e più sembra uno strano linguaggio», raccontano Giusi, Susanna, Michela, Elena e Gloria. Invece è stato studiato che è una lingua vera e propria con una propria struttura grammaticale, una propria evoluzione nel tempo e una comunità che la utilizza, riconoscerla sarebbe una forma di rispetto e renderebbe dignità ai sordi che la utilizzano e anche ai figli udenti che la usano per comunicare con loro.
Dioguardi Coda lis«Riconoscere la Lis significherebbe assicurare ai sordi più servizi di informazione e comunicazione, che ad oggi sono molto carenti sia nella vita quotidiana fuori casa che in quella d’informazione (per esempio televisiva) dove non tutti i telegiornali sono segnati in Lis né sono sottotitolati ma si è vincolati a determinate emittenti e precise fasce orarie. Non è la tv al servizio del cittadino sordo, ma è il cittadino che è vincolato alla tv, parliamo sia d’informazione che di canali più leggeri. In altri Paesi tutti i programmi, persino quelli di cucina, hanno uno spazio riservato all’interprete della lingua segnata. Non riconoscere la lingua dei segni significa escludere la comunità segnante da moltissimi ambiti», affermano le fondatrici.
«Sensibilizzare all’uso della LIS significa comprendere queste difficoltà, vuol dire vedere la Lis nella sua bellezza comunicativa, capire che ci si può rivolgere direttamente a una persona sorda con piccole attenzioni». Qualche esempio? Non parlarle se si è controluce o al buio, non dare per scontato che il sordo sappia leggere il labiale o che lo sforzo debba essere solo da parte sua, ma impegnarsi anche ad apprendere la sua lingua o quantomeno a non parlare velocemente o a labbra strette senza neppure eccedere con la lentezza o con lo scandire le parole. «Dovremmo cominciare a pensare che entrare nel canale comunicativo di una persona sorda può essere un’esperienza arricchente».

Contatti:
codaitaly@gmail.com
Facebook: CODA Italia

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