IMMIGRATI: LA LORO PRESENZA PORTA PIÙ BENEFICI CHE COSTI
Calano il tasso di occupazione e permessi di soggiorno, ma i lavoratori stranieri producono il 9% del PIL
18 Ottobre 2021
La crisi dovuta alla pandemia di Covid 19 finora ha colpito soprattutto i lavoratori precari e le filiere che utilizzano molto il lavoro stagionale, come l’agricoltura e il turismo. Per questo motivo gli stranieri hanno subìto una perdita del tasso di occupazione (-3,7 punti) più forte rispetto a quella degli Italiani (-0,6 punti). Nonostante questo,i lavoratori stranieri producono il 9% del PIL e risultano determinanti in molti settori. Questi alcuni dei dati principali del Rapporto annuale 2021 sull’economia dell’immigrazione “Migrazioni, emergenza sanitaria e scenari futuri” a cura della Fondazione Leone Moressa, presentato oggi alla Camera dei Deputati.
La vulnerabilità dei migranti
Il Covid-19 è riuscito a invertire una tendenza sempre in crescita negli anni. Per la prima volta, nel 2020, il tasso di occupazione degli stranieri (57,3%) è più basso rispetto a quello degli italiani (58,2%); gli occupati stranieri in Italia sono 2,3 milioni, con un calo del 6,4% rispetto al 2019, mentre per gli italiani la variazione è stata di -1,4%.
«La pandemia ha evidenziato sia la vulnerabilità dei migranti sia il loro contributo fondamentale nella società. Circa il 13% di tutti i lavoratori essenziali nell’Unione Europea sono immigrati», dice Patrick Doelle, Funzionario della Direzione generale Immigrazione e Affari interni, Commissione europea. I migranti sono esposti a un rischio di infezione da Covid 19 molto più elevato, per una serie di vulnerabilità: maggiore incidenza della povertà, sovraffollamento nelle condizioni abitative, alta concentrazione nei luoghi di lavoro nei quali il distanziamento fisico è difficile. Nel mercato del lavoro la vulnerabilità dei lavoratori stranieri è dovuta al fatto che spesso le loro condizioni di impiego sono meno stabili. Un terzo dei 456 mila posti di lavoro persi l’anno scorso riguarda lavoratori stranieri, in maggioranza donne a causa della precarietà dei contratti. A livello geografico, il tasso di occupazione degli stranieri è diminuito soprattutto nel Nord Ovest (-5,3 punti) e nelle Isole (-7,0 punti). Nel 2020 si è registrato il numero più basso di permessi di soggiorno, soltanto 106mila, dei quali più della metà per motivi familiari, il 58,9%, Quelli per motivi lavorativi sono meno del 10% del totale. Negli ultimi anni si è registrato un forte calo, basti pensare che fino al 2010 si registravano più di 500 mila nuovi permessi di soggiorno ogni anno.
Più benefici che costi
Dai dati del Rapporto emerge che nel 2020 gli imprenditori nati all’estero sono 740 mila, pari al 9,8% del totale, con un aumento del 2,3% rispetto al 2019. I nati all’estero sono aumentati del 29,3%, mentre i nati in Italia hanno registrato un -8,6%. Le nazionalità più numerose sono Cina, Romania, Marocco e Albania, ma la crescita più significativa si registra tra i nati in Bangladesh, Pakistan e Nigeria. L’incidenza maggiore si registra nell’edilizia (16,0% degli imprenditori del settore). I contribuenti stranieri in Italia sono 2,3 milioni e nel 2020 hanno dichiarato redditi per 30,3 miliardi e versato Irpef per 4,0 miliardi. Dall’altro lato, si stima un impatto per la spesa pubblica per 27,5 miliardi. Il saldo, dunque, è positivo. Gli stranieri sono giovani e incidono poco su pensioni e sanità, principali voci della spesa pubblica. Ma la poca mobilità sociale e i lavori poco qualificati possono portare, nel lungo periodo, ad un peggioramento della situazione.
«È fondamentale anticipare la necessità di nuove competenze, agevolando tirocini e opportunità lavorative. È urgente promuovere società più inclusive e coese», afferma Laurence Hart, Direttore Ufficio di coordinamento per il Mediterraneo – Organizzazione Internazionale per le Migrazioni.
Nessuno si salva da solo
«La pandemia deve servirci da lezione per reimparare che siamo tutti in relazione, che all’interno della comunità “nessuno si salva da solo”. Bisogna tenere conto delle esigenze di tutti, per dare pari opportunità. Nel PNRR non c’è stato coraggio, è mancata la giusta attenzione sulle politiche migratorie di integrazione. Dobbiamo sperare in una nuova fase fondativa», afferma Stefania Congia, Dirigente responsabile della Divisione Politiche di integrazione sociale e lavorativa dei migranti e tutela dei minori stranieri, Ministero del Lavoro e Politiche Sociali.
Una comprensione approfondita del fenomeno migratorio è fondamentale per mettere in atto misure adatte a contrastare gli effetti della pandemia nel breve periodo, ma anche per elaborare una ripresa inclusiva ed efficace.
La presentazione del Rapporto si può vedere a questo link.