LAZIO. LA LEGGE SULL’INVECCHIAMENTO ATTIVO CHIAMA IL VOLONTARIATO
Intervista con Marta Bonafoni, mentre si passa alla fase attuativa. C'è già una grande mobilitazione sui territori
08 Dicembre 2021
La Regione Lazio ha approvato il 20 ottobre scorso la legge sull’invecchiamento attivo (più esattamente, legge 16/2021, “Disposizioni a tutela della promozione e della valorizzazione dell’invecchiamento attivo”) e di conseguenza stiamo entrando nella fase di applicazione, che implica tra l’altro l’istituzione del Tavolo della Terza età e del Piano operativo, oltre alla realizzazione di una road map per la gestione dei progetti nell’ambito dei Piani di zona.
Dice l’art.1 che questa legge sull’invecchiamento attivo «riconosce e valorizza il ruolo della persona anziana nella comunità e ne promuove, al fine di contrastare tutti i fenomeni di esclusione e discriminazione, la partecipazione attiva alla vita sociale, civile, economica, culturale, sportiva e ricreativa favorendo la costruzione di percorsi per l’autonomia e per la piena realizzazione del diritto di cittadinanza nonché il benessere psico-fisico nell’ambito dei contesti di vita quotidiana; valorizza le esperienze formative, cognitive, professionali e umane conseguite dalle persone anziane sia come individui, sia come associati, nel corso della vita nonché il loro patrimonio di relazioni personali». Tra le varie cose, la legge prevede anche l’istituzione della giornata dell’Invecchiamento attivo: il 22 aprile, giorno in cui è nata Rita Levi Montalcini.
Abbiamo fatto il punto con Marta Bonafoni, prima firmataria della legge
Che cosa è successo in questo mese, dopo l’approvazione della legge sull’invecchiamento attivo? Quali reazioni ci sono state?
«I commenti si sono moltiplicati, così come la mobilitazione sui territori. Questa è stata una legge molto partecipata e quindi già condivisa nella fase istruttoria. Però sappiamo che un conto è fare una legge, un altro è farla camminare, farla “cadere a terra”. Ho visto una grande attivazione nella società, a partire dai sindacati – Cgil, Cisl e Uil – che l’hanno immaginata per primi e che ci stanno chiamando per iniziative territoriali, per farla vivere dentro i singoli Comuni e i distretti sociosanitari. Ma ho incontrato anche altre realtà, come i pensionati degli artigiani, perché ciascuno riesce a individuare all’interno del testo un proprio spazio».
Che cosa significa la parola “attivo”, applicata all’invecchiamento?
«L’invecchiamento è attivo nel momento in cui lo si guarda con uno sguardo nuovo e libero dagli stereotipi. Spesso pensiamo l’anziana o l’anziano solo come recettori, percettori di servizi. Ma le anziane e gli anziani ci mostrano continuamente di poter essere protagonisti di risposte a domande di altri. E quindi il tema è proprio attivare questo tipo di approccio, dentro la comunità territoriale di riferimento».
Quando è stata approvata la legge lei ha detto che questo era un modo per «immaginare un altro tipo di società». Quindi è una legge che non riguarda solo gli anziani…
«Non c’è dubbio. Dobbiamo considerare che nella nostra Regione la popolazione anziana è il 25% del totale, cioè è anziano un cittadino su quattro: una porzione tutt’altro che marginale della comunità. Inoltre l’anziana e l’anziano entrano in contatto con i bambini, con i giovani, con le persone con disabilità, con i vari spazi della città: pensiamo a quello che può fare volontariato in un museo o a quello che può curare gli orti sociali in un parco cittadino. Impoverisce tutti il fatto di relegarli nell’isolamento casalingo o in strutture istituzionali come le RSA. L’idea è quella di individuare tutti quei luoghi (scuole, università, sistema turistico, volontariato…) dove l’anziano può avere un ruolo da protagonista. In questo senso la legge prevede una preparazione – l’invecchiamento attivo per noi inizia dai 60 anni – che si può avviare nell’ultima fase della vita lavorativa, quando si può preparare il terreno ad un passaggio che non può ridursi allo “smetto di produrre quindi smetto di essere”, ma si può tradurre invece in “posso offrire altre risorse”. E naturalmente essere anche destinatario di risorse».
Proprio per questo motivo potremmo definirla una legge sulla salute. Un anziano attivo è anche un anziano che si mantiene sano.
«L’Organizzazione Mondiale della Sanità non parla della salute come mancanza di malattie, ma come prevenzione e riduzione della cronicizzazione di alcune malattie. Pensiamo banalmente anche solo allo sport, al movimento. Ci sono statistiche che mostrano come una vita attiva faccia calare il tasso di ospedalizzazione e l’uso di medicine. Certo, ci sono le cronicità e c’è la necessità dell’assistenza domiciliare, ma la patologia non è l’anzianità, che invece troppo spesso lo diventa perché non c’è una presa in carico precedente della persona anziana».
Quale spazio può avere il volontariato nell’applicazione della legge sull’invecchiamento attivo?
«Il volontariato e il Terzo settore lo spazio se lo sono legittimamente già preso durante il percorso legislativo, nelle audizioni e nella scrittura degli emendamenti. Nel tavolo dedicato all’invecchiamento attivo – che vedrà protagonista l’assessorato alle Politiche Sociali, ma in una logica di integrazione con tutti gli altri – il Terzo settore sarà presente, perché noi pensiamo che la territorialità vada agita, oltre che declamata. C’è un articolo specifico della legge che parla di volontariato civile e c’è già una grande mobilitazione sui territori. Noi abbiamo già fatto un primo incontro con il Forum del Terzo Settore del Lazio, che ha avanzato una grande quantità di proposte. Aggiungo che spesso sono gli stessi anziani ad animare le organizzazioni di volontariato, e anche per questo il volontariato sarà uno dei nodi fondamentali nella messa a terra della norma. All’indomani dell’approvazione della legge ho ricevuto molte sollecitazioni a dare seguito a idee che, soprattutto durante il lockdown, gli anziani e le anziane hanno elaborato. Energie che esistono già, ora stanno trovando una canalizzazione dentro questa norma».