CARCERE. LE DONNE DEL MURO ALTO: CULTURA CONTRO LO STIGMA

Il progetto Le donne del muro alto, dell'associazione Per Ananke compie 10 anni. Tricarico: «Se gli uomini portano lo stigma della detenzione, le donne portano un doppio stigma»

di Ilaria Dioguardi

Le Donne del Muro Alto, progetto teatrale a cura dell’associazione Per Ananke con lo scopo di portare il teatro nelle carceri, compie dieci anni. In occasione di quest’importante ricorrenza, giovedì 4 maggio la compagnia teatrale ha interpretato per la prima volta, alla Camera dei Deputati presso Palazzo San Macuto (Sala Refettorio), lo spettacolo Medea in sartoria, presentato in anteprima alla Festa del Cinema di Roma. La compagnia è composta da attrici ammesse alle misure alternative alla detenzione ed ex detenute della Casa Circondariale Femminile di Rebibbia. Prima dello spettacolo, si è svolto il convegno Detenzione Femminile e Stigma: la cultura come strumento di emancipazione. «Mi hanno detto che per la prima volta viene ospitato uno spettacolo teatrale nella Sala del Refettorio della Camera dei Deputati, ne siamo felici: il Parlamento è lo spazio di tutti, quindi anche nostro. Qui più che altrove è importante ricordare che il carcere è parte della società», ha detto Francesca Tricarico, ideatrice del progetto e regista.

La legge è uguale per tutti ma non tutti sono uguali per la legge

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Nel 2023 le Donne del Muro Alto è stato realizzato con il sostegno delle officine di teatro sociale della regione Lazio e Lush Italia, in collaborazione con l’università Roma Tre Dipartimento di Scienze delle Formazione e Fondazione Cinema per Roma. Tanti gli eventi in programma per festeggiare il decennale del progetto che racconta, attraverso il lavoro svolto con le donne in carcere, con le donne ammesse alle misure alternative alla detenzione e con ex detenute, un mondo che – ancora oggi – resta quasi del tutto sconosciuto. «Le Donne del Muro Alto nasce nel 2013 all’interno della Casa Circondariale Femminile di Rebibbia, quando esistevano solo progetti nelle case circondariali maschili. Mi dissero “lascia stare, le donne sono terribili”. È vero: sono nervose ed arrabbiate, non è facile lavorarci. La legge è uguale per tutti ma non tutti sono uguali per la legge. Sono più complesse le donne in carcere, ma perché è più complessa la vita che vivono. Siamo riuscite a fare il nostro primo spettacolo nella sezione Alta sicurezza, abbiamo iniziato da poco il progetto anche nella sezione transgender di Rebibbia: non so perché non sia accaduto prima, ma stiamo rompendo un altro muro», ha continuato Tricarico. «In dieci anni siamo riuscite a fare tanto. Bisogna preparare le persone al “dopo”. Mi ricordo Paloma, 21 anni, che un mese prima della scarcerazione piangeva perché in carcere poteva giocare a pallavolo, fare teatro, e fuori l’aspettava il nulla. Il carcere è un periodo in cui, se non si è preparati e non c’è un accompagnamento, il rischio di recidiva è altissimo. È difficile trovare ospitalità per le donne ex detenute, ora siamo ospiti dello Spin Time Labs per fare teatro. Se gli uomini portano lo stigma della detenzione, le donne portano un doppio stigma. Proprio per questo le donne del mio progetto hanno deciso di metterci la faccia: se non riusciamo noi a superare il muro del pregiudizio, come può riuscirci la società? L’anno scorso volevamo mollare, le difficoltà sono tante. La forza di continuare ce la danno le donne della compagnia».

Si deve ricominciare sempre

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Madrina della serata è stata Maria Grazia Cucinotta, da sempre sostenitrice delle iniziative dell’associazione. «Il primo spettacolo della compagnia, a cui ho assistito, è stato “Il postino”. L’emozione che ho avuto guardando la loro interpretazione non l’ho avuta in nessuna delle altre rivisitazioni. Lo scopo di questo progetto è dire alle donne: potete rinascere, tutti possiamo sbagliare, si deve ricominciare sempre», ha detto l’attrice. «Le donne in carcere sono il 4-5% e hanno difficoltà aggiuntive. Il 40% delle persone detenute ha problemi di salute mentale. Le donne detenute spesso hanno subito violenze nella loro vita», ha affermato Elena Zizioli, docente di Scienze della formazione all’Università Roma Tre coinvolta nel progetto. «Il teatro serve alle donne per far capire, in modo soft, che loro sono le artefici della loro voglia di farcela, che devono apportare un cambiamento e non essere vittime nella loro vita», ha detto Nadia Fontana, direttrice della Casa Circondariale femminile di Rebibbia. «Abbiamo bisogno di risorse per investire in progetti come questo». «Se il mio lavoro è fatto bene, le persone che vedo dentro, una volta uscite, non le rivedo più», ha detto Alessia Giuliani, educatrice Casa Circondariale di Rebibbia. «Il verbo “educere” significa “tirare fuori”, un’educatrice penitenziaria deve più che mai tirare fuori le risorse da ogni persona. Non c’è persona al mondo che non abbia risorse sulle quali investire. Assistere ad uno spettacolo come “Medea in sartoria” non significa assistere solo ad uno spettacolo ma a dei pezzi di vita. Io so quanto sia lunga la semina». “Medea in sartoria” è una rivisitazione in chiave moderna della tragedia di Euripide, tre donne apparentemente immobili alle loro macchine da cucire viaggiano tra Pasolini, Euripide e Christa Wolf alla ricerca di Medea e di sé, tra la voglia di denunciare e la paura di scegliere.

L’associazione

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Per Ananke nasce nel 2007, si occupa di teatro, in particolare teatro sociale, lavorando nelle carceri, nei centri per la salute mentale, nelle scuole di ogni ordine e grado, nelle università. Dal 2013 l’attività teatrale all’interno degli istituti di pena è diventata quella principale con la nascita del progetto Le Donne del Muro Alto, prima nella Casa Circondariale femminile di Rebibbia, in seguito nella Casa Circondariale femminile di Latina e la Casa Circondariale di Rebibbia Nuovo Complesso e oggi anche all’esterno, con donne ammesse alle misure alternative alla detenzione ed ex detenute. La realtà del progetto è cresciuta, diventando un vero e proprio percorso di accompagnamento al ritorno nella società civile. Oggi, per le donne coinvolte, rappresenta sempre più una concreta possibilità di formazione oltre che un’occasione lavorativa retribuita, un prezioso strumento di inclusione sociale.

Le Donne del Muro Alto sta lavorando ad una nuova produzione, dal titolo Olympe de Gouges, che debutterà al Teatro India di Roma in novembre.

Le immagini sono tratte dallo spettacolo Medea in sartoria per i 10 anni della compagnia teatrale Le donne del muro alto.

 

 

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