LE DONNE FANNO IL CAMBIAMENTO, NEL SUD COME NEL NORD DEL MEDITERRANEO
Difenderne i diritti e valorizzarle significa costruire democrazia. Il ruolo fondamentale della società civile
04 Giugno 2015
Questo è il testo della relazione che Cristina De Luca ha svolto nell’ambito del Convegno a Valencia “Le donne nella nuova era del Mediterraneo” che si è tenuto a Valencia all’inizio di maggio, promosso e organizzato dalla Fondazione Terzo pilastro Italia e Mediterraneo
Prima di tutto desidero ringraziare non formalmente la Fondazione Terzo pilastro Italia e Mediterraneo, che con grande lungimiranza e sensibilità ci offre questa occasione di riflessione su un tema che non smette mai di essere d’attualità.
La questione femminile e del ruolo delle donne nelle diverse società è ancora una questione aperta, in particolare per il Mediterraneo, che vive una stagione di grandi cambiamenti dove il ruolo, il contributo e le alleanze delle donne possono essere molto significativi.
Al fine di capire a quale evoluzione stiamo assistendo, vorrei cercare di leggere le luci e le ombre della situazione della donna, in questa area cosi multiforme, e vedere i punti di contatto tra le realtà delle due sponde del Mediterraneo, perché se è vero che le donne della sponda sud, protagoniste nelle proteste, non sono riuscite a raggiungere i traguardi prefissati, anche le donne della sponda Nord non hanno raggiunto pienamente i propri obiettivi. Chiedersi cosa è mancato perché gli obiettivi nel Nord, che ha vissuto stagioni di grande stabilità, non sono stati raggiunti può aiutarci nella nostra riflessione. Vorrei quindi partire dalla situazione italiana e occidentale per poi soffermarmi sulla esperienza che stanno vivendo i paesi dell’altra sponda del Mediterraneo e provare a tracciare alcune piste di possibili percorsi anche comuni con uno sguardo particolare alla società civile.
Alcuni aspetti della società italiana
Qual è il ruolo che la donna italiana ha avuto nella società civile?
Le luci e le ombre per ciò che riguarda il ruolo delle donne e il raggiungimento di una “effettiva parità” dell’Italia sono abbastanza note. Molta strada sicuramente è stata fatta, grazie alle lotte femminili ma grazie anche ad un cambiamento culturale, che a poco a poco ha prodotto mutamenti nella società. Ci sono ancora molti segnali negativi, con grandi differenze tra nord e Sud, che ci fanno essere un fanalino di coda rispetto ad altri paesi del mondo. A cominciare dall’occupazione: il tasso di occupazione femminile è tra i più bassi d’Europa, il 48% delle donne non ha un lavoro, il 20% dei contratti cosiddetti atipici è riferito a donne, le donne sono quelle con contratti più instabili, e la crisi che ha investito l’Italia e l’Europa ha colpito direttamente il lavoro femminile. Per ciò che riguarda incarichi pubblici, presenza politica, ruoli nelle carriere, pur essendo molto migliorata la situazione, anche attraverso l’imposizione avvenuta con delle leggi a favore delle donne, siamo ancora lontani da una vera parità.
Inoltre, i cambiamenti strutturali delle società occidentali, la denatalità, l’allungamento della vita, la crisi del sistema di welfare hanno avuto ed hanno una ripercussione molto più significativa sulle donne. Continuano ad essere le donne quelle che sopportano i carichi familiari più importanti e a pagare anche in termini personali l’assenza di un welfare capace di rispondere ai nuovi bisogni. La conciliazione fra i tempi di cura e tempi di lavoro è ancora una questione spinosa, spesso risolta con grande aggravio anche psicologico sulle donne stesse, eppure le decisioni sulle politiche sociali continuano ad essere prese dal mondo maschile.
Se guardiamo alla società civile, che è cresciuta di importanza e di ruolo negli ultimi vent’anni, appare un quadro totalmente differente. La presenza di donne impegnate in queste realtà è massiccia, pari a quella degli uomini, anzi in alcuni settori è superiore; nel mondo delle cooperative la presenza femminile si assesta attorno al 60 % , le ragazze che scelgono il servizio civile sono più degli uomini. Cosa significa? Che la donne hanno più attitudine degli uomini al lavoro di cura sociale? o più concretamente che in questi ambiti c’è stato e c’è molto più spazio per la partecipazione femminile e perché questo mondo permette una maggiore flessibilità necessaria a chi si divide fra il lavoro e la casa?
Occorre sottolineare come la presenza e il contributo femminile in queste realtà sia riconosciuto e valorizzato: è un dato certo che in questi ambiti è più facile che altrove trovare donne che hanno funzioni di leadership, anche se minoritarie rispetto agli uomini, capaci di raccogliere consenso, di motivare, di promuovere iniziative ed altrettanto interessante sottolineare come il punto di forza della società civile sono le associazioni di volontariato. Ancora di più interessante, che l’indice della fiducia dei cittadini italiani verso tutte quelle realtà che racchiudiamo nella definizione di società civile, è storicamente superiore rispetto all’indice di fiducia verso la politica (dati Eurispes 2015: fiducia no profit 78,8% – fiducia partiti 15%).
Andando oltre, osservando il Sud d’Italia, dove per motivi di ordine culturale sociale politico, le donne hanno fatto e continuano in qualche misura a fare più fatica ad emergere, troviamo figure splendide, che hanno lasciato un segno e che sono state motrici di cambiamenti significativi. Penso a quelle donne che hanno combattuto contro la criminalità organizzata a cominciare dalle “donne della mafia”, che hanno avuto il coraggio di ribellarsi e di denunciare, penso alle imprenditrici del sud che hanno contribuito allo sviluppo di quelle terre con sapienza e lungimiranza combattendo contro molti stereotipi. Per non parlare poi di quelle che hanno assunto ruoli politici in situazioni di grave degrado e di corruzione, delle tante giovani che hanno creduto nella loro realtà e sfidando le tante difficoltà si sono costruite un avvenire rimanendo nelle loro terra d’origine. Penso alle tante forme di aggregazione femminile, anche questo dato in controtendenza, pienamente inserite nel tessuto sociale di quelle realtà.
Le donne si sono rivelate quindi protagoniste responsabili dello sviluppo sociale grazie anche alla loro adattabilità e flessibilità ma la parità sociale fatta di diritti e di doveri, è ancora un traguardo non pienamente raggiunto: tra stereotipi che resistono negli anni, ragioni storiche difficili da sradicare, cambiamenti delle donne stesse ( il grande dibattito se ha senso oggi essere ancora femministe ) la grande potenzialità che le donne hanno stenta ad essere completamente valorizzata. Se a distanza di anni l’Occidente, il Nord del Mediterraneo non sono riusciti ancora a risolvere la questione femminile, ci sono forse molteplici ragioni. Non è solo una questione politica e culturale. Gli interrogativi che oggi si pongono sono molti e diversi. Le giovani che non hanno vissuto le lotte di emancipazione talvolta non si ritrovano nella storia di chi ha vissuto quelle stagioni. È anche evidente che i movimenti femministi, che tanto hanno contribuito nel passato per le battaglie delle donne, in questo momento vivono una fase di grande stanchezza.
Guardare allora all’esperienza delle donne dell’altra sponda del Mare nostrum può essere un modo di trovare nuove motivazioni e nuovi slanci .
I paesi del sud del Mediterraneo
Cosa è accaduto dall’altra parte del Mediterraneo? Dando un rapido sguardo con l’occhio di chi ha letto e non vissuto le profonde trasformazioni, avvenute nei paesi della cosiddetta primavera araba, si colgono alcuni aspetti particolarmente interessanti.
Molto è stato scritto e detto sul ruolo delle donne nei processi intervenuti nei cambiamenti dei paesi coinvolti. Certamente, a distanza di qualche anno, un dato che sembra comune a tutte le realtà è che per una serie di fattori, non ultimo le instabilità politiche ed economiche di molti di luoghi e i difficili processi di democratizzazione, il contributo delle donne sembra incontrare ancora molte difficoltà e aver perso almeno in parte quella capacità di incidere nel tessuto sociale, ma non sottolineare che dei processi, ancorché faticosi, sono stati avviati tramite le donne sarebbe negare una realtà.
Cito solo alcuni esempi. La Tunisia, a seguito della rivoluzione dei gelsomini, ha visto un notevole aumento della presenza femminile in politica. Nel Parlamento, eletto a ottobre, la percentuale femminile si è attestata al 31% contro il 27% della Francia il 18% degli Stati Uniti (a sorpresa l’Italia ha la stessa percentuale). Ciò che colpisce è che tale parità venga rispettata da tutti partiti sia da quelli più laici che da quelli islamisti. Anche il riconoscimento di pari diritti tra uomini e donne , che è stato sancito dalla nuova Costituzione tunisina è un altro pilastro particolarmente significativo nella strada verso i diritti delle donne. E anche se i dati riguardanti il livello di istruzione, la partecipazione all’economia registrano ancora situazioni di grande disparità è innegabile che questo paese si sia avviato in un processo di modernizzazione e democratizzazione che potrebbe fungere da traino per altri paesi del mondo arabo e che trae almeno in parte origine dai movimenti della società civile e delle donne.
In Marocco, malgrado ci sia ancora un tasso di analfabetismo femminile molto alto il 60% degli studenti di scuola secondaria il 52% degli universitari è donna. L’investimento sull’istruzione ha permesso alle donne di cominciare a contare nella vita pubblica. Anche il nuovo Codice della famiglia che mette dei paletti molto rigidi alla poligamia e al matrimonio sotto i 18 anni (salvo autorizzazione del giudice) è stato un passo particolarmente significativo, pur facendo ancora molto fatica da essere realmente osservato soprattutto nelle zone rurali e tra le persone meno istruite.
Cosa emerge da questo quadro
Il Mediterraneo, è divenuto l’emblema di speranze che vengono calpestate, di scontri fra storie e culture, di processi di democratizzazione che sembrano non giungere a termine , e purtroppo di morte e di disperazione. Occorre pensare forse in modo diverso a un grande piano di rilancio, pur difficile e complesso. Per fare ciò ci vuole lungimiranza e coraggio, grande capacità politica. La piena integrazione delle donne è una componente essenziale per creare condizioni stabilità e sviluppo. La visione femminile dell’umanità, le caratteristiche stesse delle donne, spesso con il loro bagaglio di fatiche e di lotte, non sempre facilitate nelle battagli sui diritti e sulle pari opportunità, sono un capitale umano che da solo, in una condizione di maggior forza e di maggior consapevolezza, potrebbero essere un vero motore per un nuovo sviluppo ed una nuova crescita. E c’è bisogno di tanta “ società civile” capace di farsi strumento intelligente di percorsi di cambiamento.
Quali possono essere, allora, gli aspetti oggi da considerare e sui quali investire affinché le donne siano ancora di più protagoniste nella società civile, rafforzando e condividendo le buone pratiche tra il nord e il sud del Mediterraneo?
Ne vedo alcuni di importanza e di caratteristiche molto differenti che provo ad elencare:
1. Rafforzare la leadership femminile. Occorre ripensare e rafforzare la capacità di leadership delle donne consapevoli che questo concetto assume contorni e sfumature diverse tra una sponda e l’altra del mare. Di qua è certamente il raggiungimento di alcuni obiettivi legati ad ambiti e settori specifici, di là è soprattutto il riconoscimento di ruolo, di opportunità e di capacità di intervento, quello che forse oggi potremmo definire oggi come empowerment femminile. C’è sicuramente una peculiarità nella leadership femminile più orientata alla relazione, all’ascolto e sicuramente al coinvolgimento: fattori che sono stati spesso considerati punti di debolezza, ma che oggi in quei contesti a possono essere la chiave per favorire dei processi di cambiamento. Se per leadership si intende quella capacità di leggere una realtà di interpretarne i mutamenti, di cogliere le problematiche, adoperarsi per cambiare le situazioni, e costruire il consenso intorno a questi processi, le cosiddette caratteristiche femminili, la naturale predisposizione ad un approccio più coinvolgente e democratico possono essere fondamentali per costruire percorsi di trasformazioni sociale.
2. Lavorare con le giovani generazioni, investire su di loro, coinvolgerle nei processi e nelle problematiche favorire la loro partecipazione attiva, aiutarle a costruire forme di aggregazione autonome. Tutte le forme di aggregazione e di partecipazione sono una grande palestra di esercizio della democrazia, di acquisire competenze e capacità di lavorare con gli altri, di appassionarsi ad alcuni temi e problemi. I giovani e le giovani di oggi, anche nelle situazioni più difficili vivono nel mondo globale. L’uso dei social media può essere un’apertura di orizzonte, uno stimolo al cambiamento e un aiuto a costruire nuove sensibilità.
3. Investire nell’educazione e nel lavoro femminile. Sembra scontato, ma nonostante il miglioramento della condizione media delle donne sia per quanto riguarda la salute che l’educazione tutti i dati dicono che la diseguaglianza con gli uomini, soprattutto in alcune realtà in particolare quelle del Sud, è ancora molto forte. Senza educazione e istruzione si riducono drasticamente le opportunità e si rischia di rimanere ai margini della società e della storia. Il tema del lavoro femminile – e qui purtroppo le differenze tra le due sponde del Mediterraneo diminuiscono – conseguente anche al tema dell’istruzione rimane ancora una questione dolente. Innalzare il tasso di occupazione femminile, promuovere interventi a sostegno dell’occupazione è una delle condizioni essenziali per vincere la sfida di una reale parità delle donne.
4. Incrementare e favorire tutte quelle forme di partenariato, di costruzione di reti tra le due sponde del mediterraneo: di imprese di donne, di associazioni femminili, di donne impegnate in politica. Lo scambio di esperienze, la possibilità di condividere idee, di ritrovare percorsi comuni è un modo concreto per rafforzare le donne stesse e aiutarle a non sentirsi isolate nello loro scelte nelle loro battaglie.
5. Favorire – investendo e coinvolgendo soprattutto le giovani – tutte le nuove forme di comunicazione con iniziative e progetti sperimentali volti ad utilizzare al meglio gli strumenti e le opportunità che vengono da questi strumenti. Le lotte, le denunce, il rafforzamento di un’idea, possono trovare trovano nei social media un veicolo formidabile di condivisione e sensibilizzazione e nello stesso aiutano e rafforzano chi si sta impegnando per cambiare le cose.
Vorrei concludere con un pensiero che deriva dalla mia esperienza personale di chi ha vissuto e sperimentato in modo diverso l’appartenenza alla cosiddetta società civile. Dapprima ho rivestito ruoli di governo in un’associazione giovanile, ho lavorato poi con il mondo della cooperazione internazionale, infine ho avuto l’opportunità di continuare a occuparmi di queste tematiche prima come membro del governo italiano ed in seguito come parlamentare. Sono convinta che oggi c’è bisogno di un società civile o più precisamente di cittadini che hanno voglia pur con modalità diverse di farsi attori di partecipazione sociale e di contribuire ai processi di cambiamento. È una fase storica che vede da una parte grandi speranze e grandi opportunità, dall’altra chiede di ripensare i nostri modelli di vita, di confrontarci continuamente con i diversi e i lontani da noi, con storie e culture cercando di trovare nuove modalità di convivenza.
Le donne svolgono un ruolo fondamentale per quanto riguarda tanti aspetti della vita, ed influenzano in modo determinante la condizione delle giovani generazioni. Promuovere quindi i diritti delle donne è una delle strategie più efficaci per l’impatto rilevante che ne deriva nella vita sociale.
E se i diritti delle donne, come qualcuno ha detto, sono il barometro della democrazia, e le società civili hanno dimostrato di essere uno snodo essenziale del cambiamento occorre favorire, supportare, accompagnare le donne perché il loro rimanere ai margini della storia non è una loro sconfitta ma sconfitta di tutti.