LE POVERTÀ IN ITALIA SONO TANTE. LE POLITICHE? ANCORA POCHE
Il "Poverty watch" ci ricorda che crescono i numeri e le forme della povertà. E il volontariato è ancora solo nel cercare risposte. L'esempio di #noicistiamo
17 Dicembre 2021
In Italia, nel 2020, oltre 2 milioni di famiglie sono risultate in condizioni di povertà assoluta, con un peggioramento per i nuclei monoparentali e le coppie con uno o due figli. Nonostante le misure pubbliche di sostegno (come il Reddito d’Emergenza) abbiano limitato in parte i danni, è chiaro che l’impatto della crisi Covid-19 ha accentuato le disuguaglianze e fatto nascere nuove povertà in Italia.
È una lettura trasversale e a più voci quella del “Poverty Watch”, il rapporto redatto annualmente dal CILAP (Collegamento italiano Lotta alla povertà), sezione italiana dell’European Anti Poverty Network (EAPN) (https://www.eapn.eu/). Il report è nato grazie al contributo CSV Lazio e si può scaricare a questo link.
Le famiglie
All’interno del Poverty Watch 2021, Martina Arachi e Vincenzo Maesano scattano una fotografia del nostro Paese, con riferimento agli indici di povertà assoluta. Nel 2020 il 28,8% delle famiglie italiane ha dichiarato un peggioramento della situazione economica familiare rispetto all’anno precedente: questa variazione negativa ha interessato il 30,5% delle famiglie al Centro, il 28,8% nel Nord e il 27,7% nel Mezzogiorno. Le difficoltà dichiarate con maggior frequenza sono state il far fronte a impegni economici ricorrenti come pagare il mutuo, le bollette o gli affitti. «Se negli ultimi anni», afferma Arachi, «l’indice di povertà stava scendendo, la crisi pandemica lo ha nuovamente incrementato. Nei prossimi anni si stima una crescita dei poveri in Europa da 109 a 125 milioni. L’Europa, oltre a puntare sul Next Generation EU, deve costituire una rete solida e a lungo termine di aiuti sociali».
I giovani
Un dato significativo è quello riguardante la condizione dei giovani. Il 2020 ha registrato più 1,3 milioni di minori in povertà assoluta (il 13,5% del totale dei minorenni) e oltre 1,1 milioni di giovani nella classe 18-34 anni (questi ultimi sono per quasi due terzi non occupati).
«L’emergenza sanitaria», spiega Micaela Valentino, progettista sociale presso Salesiani per il sociale APS, «ha prodotto disuaglianze tra i minori, in termini di accesso alla rete informatica, a dispositivi elettronici e alla capacità dell’uso delle nuove tecnologie. Una crisi che ha interessato anche quei giovani accolti in case famiglia, percorsi di re-inserimento lavorativo e giovani stranieri non accompagnati, il cui percorso di integrazione è stato interrotto».
Conseguenze di una povertà educativa minorile che si registra non solo in termini economici o di accesso a servizi, ma anzitutto in termini relazionali, con i propri pari e con le figure di riferimento quali insegnanti, educatori, operatori del sociale. «Il Covid ha generato povertà relazionali anche tra le fasce economicamente più elevate della popolazione» spiega Cesare Moreno, presidente dell’Associazione Maestri di Strada. Il lockdown e la didattica a distanza, hanno portato i ragazzi a sperimentare condizioni di povertà condivise, causate dall’isolamento. Se tra i consumi culturali considerassimo anche le interazioni sociali, potremmo affermare che da questa pandemia anche i più ricchi sono diventati poveri».
Le politiche europee
Il rapporto sulla povertà in Italia apre una finestra di riflessione anche sulle politiche europee messe in campo per uscire dall’emergenza economica figlia di quella sanitaria: in questo senso il Piano Economico Nazionale di Resilienza (PNNR) rappresenta la sfida più grande. «Il Covid è stato un momento decisivo di trasformazione delle politiche sia nazionali che europee, perché tutti gli Stati membri, per la prima volta, hanno accettato l’idea di avere un debito pubblico europeo», afferma Alessandro Scassellati Sforzolini, ricercatore sociale e volontario di Rete FOCUS-Casa dei Diritti Sociali. «Con i 750 miliardi del Next Generation EU occorre istituire al più presto un Salario Minimo Europeo che permetta di ridurre le diseguaglianze. In aggiunta è necessario contrastare la povertà di diritti che dilaga nel nostro Paese. Centinaia di persone si trovano davanti a problemi costruiti a regola d’arte dalle istituzioni, generati da infiniti percorsi burocratici: in Italia, ad esempio, senza una residenza non posso richiedere un certificato, una tessera sanitaria, un contratto d’affitto o più semplicemente l’identità digitale SPID per poter accedere a molti servizi. A Roma più di 8 mila persone vivono per strada e il 41% dei nuclei familiari è costituito da una sola persona, il più delle volte lasciata sola. Oltre i contributi è necessario rivedere alcuni aspetti politici e istituzionali, che impediscono a tutti di accedere in modo egualitario ai servizi».
Le proposte
Non solo buoni auspici, perché il Poverty Watch 2021 ha voluto mettere in evidenza anche buone pratiche portate in essere dalle associazioni aderenti alla rete.
Come la campagna #noicistiamo, realizzata dalla rete di Salesiani per il sociale APS, che dal lockdown di marzo 2020 fino al mese di ottobre 2021 ha garantito a diverse comunità di accoglienza kit di DPI (mascherine, igienizzanti e guanti), mentre ai giovani e ai nuclei familiari in difficoltà di 7 regioni italiane sono stati distribuiti 100 pc e dispositivi di connessioni per assicurare a tutti la didattica a distanza.
Il rapporto sulla povertà in Italia si conclude con alcuni messaggi di raccomandazione per il “prossimo futuro”, promossi dal CILAP e da condividere a livello nazionale. Tra questi: superare le contraddizioni fra l’accesso ai diritti e la consapevolezza del loro esercizio, riconoscere l’apporto del Terzo settore e del volontariato nel contrasto alle situazioni di povertà, rafforzare la sussidiarietà verticale e implementare quella orizzontale favorendo partenariati tra terzo settore, sindacati e istituzioni locali.
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