LEA, DIECI ANNI TRA LUCI ED OMBRE
In un report della Fondazione GIMBE lo stato dei livelli essenziali di assistenza negli ultimi dieci anni. Evidente una questione meridionale anche in sanità. Gimbe auspica una maggiore collaborazione tra Stato e Regioni
30 Dicembre 2022
I servizi sanitari mediamente più efficaci si trovano in Veneto, Toscana ed Emilia Romagna, mentre in zona rossa ci sono Molise, Calabria e Sardegna. La Regione Lazio, dopo le inadempienze che hanno portato al commissariamento del 2008 e il successivo piano di rientro attivato nel 2021, si colloca in 10a posizione. Questo il quadro delineato dal LEA, lo strumento per valutare l’efficacia della sanità regionale, relativo all’anno 2019. LEA sta per Livelli Essenziali di Assistenza, cioè le prestazioni e i servizi che il servizio sanitario è tenuto a fornire a tutti i cittadini, gratuitamente o dietro pagamento di un ticket. Sono tre i livelli oggetto di valutazione di questa analisi: la prima macroarea è la “prevenzione collettiva e sanità pubblica” (prevenzione e controllo delle malattie, screening, programmi vaccinali, tutela degli ambienti e dei luoghi di lavoro, sicurezza alimentare), la seconda è chiamata “assistenza distrettuale” (assistenza sanitaria di base, emergenza sanitaria territoriale, assistenza farmaceutica e specialistica ambulatoriale, sociosanitaria), mentre la terza è la cosiddetta “assistenza ospedaliera” (pronto soccorso, ricovero ordinario, day hospital, riabilitazione e lungodegenza, attività trasfusionali, trapianti).
Lea: il Lazio tra i primi dieci
Per accedere a maggiori finanziamenti dello Stato, le regioni devono rispondere ogni anno a una serie di adempimenti. Un limite piuttosto evidente per chi ha il compito di sorvegliare è rappresentato dai ritardi con cui vengono pubblicati i report; il monitoraggio ufficiale del 2020, ad esempio, non è ancora disponibile nonostante il DM 12 marzo 2019 ne disponga la pubblicazione sul sito del Ministero della Salute entro il 31 dicembre dell’anno successivo a quello di riferimento della valutazione (ovvero per l’anno 2020 entro il 31/12/2021). L’ultima rilevazione disponibile è dunque quella del 2019, che posiziona sul podio dei virtuosi Veneto, Toscana ed Emilia Romagna, con 17 regioni risultate adempienti al LEA. Nel dettaglio della griglia, in 10 raggiungono un punteggio superiore a 200 (Veneto, Toscana, Emilia-Romagna, Lombardia, Marche, Umbria, Liguria, Friuli Venezia-Giulia, Abruzzo e Lazio), altre 7 (Puglia, Piemonte, Provincia autonoma di Trento, Sicilia, Basilicata, Campania e Valle d’Aosta) si collocano in un punteggio compreso tra 200 e 160, cioè a un livello minimo accettabile, mentre la Provincia autonoma di Bolzano, il Molise, la Calabria e la Sardegna si trovano sotto quota 160, cifra indicativa di numerose criticità. Molise e Calabria risultano quindi “inadempienti”, mentre le altre due non sono sottoposte a verifica essendo garantita loro una maggiore autonomia.
Spacchettando le tre aree (prevenzione, distrettuale, ospedaliera) secondo il Nuovo Sistema di Garanzia (NSG) che utilizza un set di 88 diversi indicatori per definire la “Griglia LEA”, si individuano aree di criticità e punti di forza di ciascun territorio. Abbiamo quindi tre diverse classifiche per il 2019. Nella prevenzione, ad esempio, è in testa l’Umbria, seguita da Emilia Romagna e Veneto; nell’area distrettuale la graduatoria premia Veneto, Emilia Romagna e Piemonte; nell’area ospedaliera spiccano invece PA di Trento, Emilia Romagna e Toscana. Qualche considerazione: l’Emilia Romagna è la più costante (2° in tutte e tre le graduatorie), il Veneto scende dal podio solamente nell’area ospedaliera senza però allontanarsi troppo (5°), la Calabria è rispettivamente terzultima, quartultima e ultima, l’Umbria oscilla tra il 1°, il 15° e il 4° posto e il Lazio non va mai sopra la 9° posizione (prevenzione), classificandosi 12° nell’area distrettuale e 14° in quella ospedaliera.
L’ultimo decennio dei Lea
Un report della Fondazione GIMBE, da oltre 25 anni impegnata nella difesa del Servizio Sanitario Nazionale e operante in maniera indipendente con il contributo di cittadini e organizzazioni private, ha messo in relazione i punteggi degli ultimi dieci anni. Rispetto al 2018, ad esempio, la situazione sanitaria risulta essere peggiorata in Piemonte (da 218 a 188), in Liguria (da 211 a 206), in Friuli (da 206 a 205), in Abruzzo (da 209 a 204), in Basilicata (da 191 a 172), in Molise (da 180 a 150), in Calabria (da 162 a 125, qui la diminuzione più consistente), in Campania (da 170 a 168) e in Sardegna (da 145 a 111). Sono migliorate invece, nell’ordine, PA di Bolzano (+15), Lazio (+13), Marche (+6), Puglia (+4), Toscana (+2), PA di Trento (+2), Sicilia (+2), Umbria (+1) e Valle d’Aosta (+1). Lombardia e Lazio sono state le regioni che dal 2010 al 2019 hanno avuto meno oscillazioni, di fatto dimostrando una crescita costante dei livelli LEA: il Lazio, ad esempio, partiva da 122 punti ed è arrivato a 203 (unico calo nel 2013, ma nel 2014 era già sopra ai livelli del 2012). Curioso il caso dell’Abruzzo: sempre in crescita nei 9 anni precedenti, ha fatto registrare un punteggio con segno negativo solamente nell’ultima rilevazione, passando da 209 a 204. La Valle d’Aosta è l’unica tra le 21 regioni ad avere oggi meno punti rispetto al punto di partenza del 2010 (162 contro 160).
In un’ipotetica classifica decennale che tiene conto della somma di tutti i punteggi, troviamo in testa l’Emilia Romagna (2.101) davanti alla Toscana (2.055) e con il Veneto (2.005) al terzo posto. Il Lazio qui è 13°, mentre in coda ci sono Campania, PA di Bolzano (quella che è migliorata di più nel passaggio dal 2018 al 2019) e Sardegna. La prima regione del Sud è la Basilicata, 12a, a dimostrazione di quanto la “questione meridionale” sia un tema da approfondire anche in sanità. Fondazione GIMBE ha inoltre calcolato la percentuale totale di adempimento al LEA, che nel decennio in questione è stata del 75,7%; questo significa che un quarto delle risorse assegnate dallo Stato non ha prodotto servizi per i cittadini. La regione che ha sprecato più risorse è la Sardegna (43,7%), quella più virtuosa è stata l’Emilia Romagna (6,6%). Lo strumento ha però diversi limiti. Secondo l’Osservatorio GIMBE, la capacità di cogliere gli inadempimenti sanitari nelle regioni si è ridotta nel corso degli anni. Gli studiosi lo chiamano un “progressivo appiattimento dello strumento di monitoraggio” che genera, sempre secondo GIMBE, «un inaccettabile paradosso»: se nell’ultima rilevazione del 2019 solo due regioni risultano inadempienti (Molise e Calabria), vari report indipendenti dimostrano invece «un generale peggioramento della qualità dell’assistenza sanitaria». Ci si deve interrogare, inoltre, su quanto sia stato funzionale lo strumento dei piani di rientro per le regioni in deficit. Secondo l’Osservatorio non ha prodotto i risultati attesi, perché «se si è dimostrato efficace per il riequilibrio finanziario delle regioni, lo stesso non si può dire per la riorganizzazione dell’assistenza sanitaria ai fini di un miglioramento dell’erogazione dei LEA, indipendentemente dai punteggi». Non a caso, «delle 10 Regioni sottoposte al piano di rientro dal 2007 al 2010, 7 (tutte al Centro-Sud) lo sono ancora e 2 (Molise e Calabria) rimangono commissariate». Riguardo le disuguaglianze sanitarie presenti nel Paese, infine, GIMBE auspica una maggiore collaborazione tra Stato e Regioni, affinché il diritto alla salute non continui a essere legato al CAP di residenza delle persone.
In copertina Foto di Alexander Grey da Pixabay