SERVIZI SOCIALI: I PROBLEMI IRRISOLTI SONO TROPPI

Dopo 15 anni la legge 328 non è ancora stata applicata. E intanto nuovi problemi chiedono soluzioni

di Caterina Ciampa

Si è tenuto a Roma martedì 10 novembre il convegno : “15 anni di legge 328, idee per il futuro. Per un sistema integrato dei servizi sociali ”, questo incontro è successivo al precedente confronto sui 15 anni di attuazione della legge n. 328/2000 sui modelli di gestione associata dei servizi sociali, che si è tenuta il 14 settembre scorso.
I temi affrontati sono stati: il percorso nell’attuazione della legge che è alla base del nostro sistema di stato sociale, i risultati raggiunti, le problematiche irrisolte e quali interventi realizzare nel segno dell’innovazione e dello sviluppo.
Per Donata Lenzi, capogruppo PD, l’impianto della Legge 328 è ancora attuale, la società però cambia ed oggi ci sono altri problemi quali l’immigrazione o l’allungamento della vita media che ha aspetti positivi e negativi. A tal proposito bisogna rafforzare le risposte alla non autosufficienza; la disabilità è altro e non può essere mesa sullo stesso piano. Su queste nuove tematiche bisogna formulare proposte di intervento e non solo trasferimenti monetari.

328: una legge non attuata

Livia Turco, presente all’incontro e ministro della Solidarietà Sociale all’epoca dell’approvazione della legge, ha affermato che il centrosinistra doveva essere più netto nel difenderla, in quanto l’attuazione è stata a “macchia di leopardo” e sicuramente i governi di centrodestra non l’hanno incoraggiata. Le problematiche di oggi, con la crisi economica e l’impoverimento, hanno creato delle gerarchie del disagio: esistono fragilità che vengono lasciate più indietro delle altre, bisogna coltivare meglio la relazione di cura, agire in rete e le politiche sociali devono essere il motore dello sviluppo.
Riguardo ai piani di zona, strumento di programmazione e valutazione degli interventi previsto dalla legge e che vede coinvolti diversi attori degli enti locali e del no-profit, , Turco sostiene che l’ente pubblico lo deve attuare insieme agli altri attori sociali, invece di limitarsi a consultarli per poi decidere autonomamente. Vanno coinvolti nuovi attori quali: fondazioni bancarie, welfare aziendale, fondi europei. Il sindaco di un Comune dovrebbe chiamare tutte le forze presenti nel territorio, anche private, a dare il proprio contributo, costruire un patto sociale da coordinare e lavorare in squadra. Infine anche le badanti, soggetti che stanno assumendo sempre più importanza nel welfare italiano, dovrebbero essere formate e qualificate e bisogna agire per far emergere situazioni di lavoro nero.

Reti e rapporti

Secondo Pietro Barbieri, presidente del Forum Nazionale del Terzo Settore, in merito ai nuovi modelli di intervento da sperimentare nel sociale, nell’ambito della disabilità sono già stati elaborati dei modelli di inclusione: bisogna tornare a riflettere su questi, anche a livello di cooperative sociali. Fenomeni come “mafia capitale” avvengono quando tutto viene delegato: la parte pubblica deve prendersi le sue responsabilità e bisogna avere un piano sociale nazionale.
Tiziano Vecchiato , Fondazione Zanzan, domandandosi  in cosa è riuscita la legge 328, ha sostenuto che servirebbe una riflessione su cosa è riuscito e cosa no. In merito alla lotta alla povertà , bisogna attuare azioni di sistema: non può esaurirsi tutto solo nel dibattito “reddito di inclusione si”-“reddito no”, bisogna andare oltre alla politica dei trasferimenti monetari alle persone. I diritti dovrebbero essere universalistici e invece abbiamo 21 sistemi di diritti, a seconda della zona in cui una persona è residente sono assicurati o meno determinati diritti. Ci vogliono nuove professioni nell’ambito del sociale, occorre valorizzare le capacità delle persone che vengono aiutate e oltre ai diritti ci devono essere anche i doveri.
Cecilia Guerra si è invece soffermata sulla 328 e sul titolo V della Costituzione, su cosa doveva essere garantito. I livelli essenziali di assistenza sono stati un tema poco strutturato: sono diversi rispetto ai LEA di tipo sanitario e ci sono dislivelli regionali. Gli interventi di welfare aziendale sono previsti nelle imprese dopo la contrattazione di secondo livello con i sindacati.
Edo Patriarca, ha introdotto l’argomento dei voucher per famiglie (ogni famiglia può scegliersi i servizi avendo a disposizione dei voucher da poter spendere per interventi di assistenza).  L’ esperienza francese del loro utilizzo ha favorito l’emersione del lavoro nero, soprattutto di assistenza domiciliare.

Istituire la protezione sociale

A chiusura dell’incontro è intervenuto il Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali Poletti, il quale ha affermato che bisogna avviare una riflessione su queste tematiche, sulla limitata implementazione della Legge 328/2000, su come costruire idee ed azioni, come recuperare una serie di fondamentali. Bisogna capire l’impianto di governance, e analogamente a come è stata istituita la protezione civile, ci deve essere la protezione sociale. Occorre connettere tutte le parti degli enti locali e garantire governabilità e responsabilità. Per il ministro, i livelli essenziali vanno costruiti anche con gradualità. Un piano di lotta alla povertà è stato inserito nella legge di stabilità, anche se bisogna definire competenze e responsabilità. Va comunque costruito un sistema di monitoraggi e verifiche di esiti. Poletti si ritiene molto soddisfatto, perché la legge di stabilità ha una componente sulle politiche sociali e del lavoro molto forte, con interventi di tipo strutturale, come il Piano nazionale per la lotta alla povertà e per l’integrazione e un fondo stabile nazionale per la lotta alla povertà e per l’integrazione.

SERVIZI SOCIALI: I PROBLEMI IRRISOLTI SONO TROPPI

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