GLI ADOTTATI CHIEDONO DI CONOSCERE LE ORIGINI BIOLOGICHE. MA LA LEGGE È FERMA

FAEGN rilancia il dibattito: è giusto trovare un equilibrio tra i diritti degli adottati e quelli delle madri naturali, che vogliono mantenere l'anonimato.

di Ermanno Giuca

Per un figlio adottato, conoscere l’identità dei propri genitori naturali è ancora impossibile. Più precisamente, in Italia si può accedere a tali informazioni non prima di 100 anni. La materia è infatti regolata dalla legge 184 del 1983 (con alcune modifiche apportate dalla legge 149 del 2001) che sostanzialmente vieta ai figli adottivi non riconosciuti alla nascita, di conoscere le proprie origini biologiche.

 

LA LEGGE SI È È FERMATA. Tale ostacolo giuridico non solo nega il diritto di possedere informazioni sulle origini biologiche e quindi sulla propria storia, ma rende anche impossibile la conoscenza di eventuali patologie ereditarie e familiari con gravi ripercussioni sul diritto alla salute. Dopo diversi ricorsi all’attuale testo di legge è intervenuta la Corte Costituzionale con la sentenza 278/2013 che ha di fatto imposto all’Italia la modifica della vecchia legge, suggerendo un testo che bilanci da una parte il diritto della donna di mantenere l’anonimato e dall’altra il diritto dell’adottato di accedere alle sue informazioni biologiche.

Nonostante la prima stesura del nuovo testo sia stato approvato dalla Camera nel giugno 2015, si è ancora in attesa della discussione in Senato.

 

origini biologiche
Luisa Di Fiore, presidente di FAEGN

LA TRIADE. Dai primi anni 2000, in Italia, esiste un’associazione che negli anni ha dato voce ad oltre 3000 figli adottivi adulti in attesa di conoscere la propria storia. La rete FAeGN (Figli Adottivi e Genitori Naturali) è nata grazie alle prime comunità virtuali fondate sul web e oggi, grazie ai social media, è riuscita a rafforzare la propria identità partecipando al dibattito sulla materia. «Il nostro compito non è schierarci solo dalla parte dei figli adottivi», dice Luisa Di Fiore, presidente dell’associazione, «ma nostro scopo è quello di mettere al centro la triade “genitori adottivi–figli adottati–genitoriali naturali”. Costruendo un dialogo tra loro e tutelando le diverse sensibilità di questi tre soggetti, siamo certi che verranno garantiti i diritti di tutti».

 

IL TEST E LA LEGGE. Nel 2016 l’associazione ha lanciato la campagna #DNAdozione, per sfruttare la genealogia genetica come ulteriore strumento per risalire alle proprie origini biologiche. Ma il test è ancora privilegio di pochi (il costo si aggira intorno al migliaio di euro) e per essere utile ai fini della ricerca, deve essere supportato da una ricca banca dati (le attuali contengono oltre 5 milioni di profili genetici)​. Tuttavia, da alcuni anni, è anche possibile acquistare online un test del DNA autosomico ad un prezzo che non supera il centinaio di euro.​

Di fatto però,​ l’esame rappresenta una modalità per aggirare la norma in vigore, ecco perché scopo dell’associazion​e​ FAeGN e di altri comitati sparsi in Italia è quella di ottenere una legge che faccia decadere il segreto

origini biologiche
FAEGN ha lanciato una campagna per la diffusione del testa sulla genealogia genetica

In Italia non esiste un dato certo su quanti siano i figli adottivi, per questo motivo, a partire dai prossimi mesi, le associazioni lanceranno un auto-censimento dal basso che restituirà alcune cifre del fenomeno.

 

I DIRITTI DELLE MADRI. Tra le realtà che si oppongono all’introduzione del nuovo testo di legge c’è l’Anfaa (Associazione nazionale famiglie adottive e affidatarie), che in più occasioni ha sottolineato come, dando libero accesso alle informazioni biologiche, verrebbe violato il diritto alla privacy della donna e si romperebbe il patto stretto con lo Stato. Nel timore, poi, di essere comunque rintracciabili queste donne (sempre più straniere) potrebbero decidere di non partorire in ospedale andando in contro a condizioni rischiose.

La FAeGN, di contro, risponde che una volta contattata e messa a conoscenza di questa richiesta da parte del figlio, la madre sarebbe libera di accettare o meno di incontrarlo senza alcun vincolo.

 

LE STORIE. Al di là delle norme, però, parlano poi le emozioni e le singole storie di questi figli che hanno subìto il più grave abbandono. Lo scorso 23 Settembre alcune di queste storie, accompagnate da musica, arte, recitazione e dalle dirette testimonianze dei partecipanti, hanno preso vita sul palco del Teatro Belli di Roma dove si è tenuta la conferenza-spettacolo “Dentro le emozioni del figlio adottivo”.

«La mia e quella di tanti altri adottati che oggi si ritrovano adulti», racconta Monica, «è una ricerca fatta di stupore, gioia, rabbia e malinconia. Avere la possibilità di ricostruire la storia del mio ritrovamento e di mia madre vuol dire svelare le mie radici, restituire delle coordinate al mio vissuto». «Conoscere le proprie origini biologiche è come ritrovare una mappa e seguire il percorso sin dal principio», dice Emilia, «perché è necessario, ad un certo punto della vita, dare un nome a delle emozioni provate».

 

L’evento del 23 settembre, per rilanciare la richiesta di una nuova legge (foto Emilia Rosati)

I TRIBUNALI PER I MINORI. Sulla questione, con la sentenza 1946/2017, è intervenuta anche la Corte di Cassazione, sollecitando i Tribunali per i minori ad avere un comportamento unificato nel recepire le istanze degli adottati e di procedere secondo quando indicato nel nuovo testo approvato dalla Camera. «Prima di andare in pensione», racconta Melita Cavallo, già presidente del Tribunale dei minori di Napoli e di Roma, «ho analizzato 23 istanze di accesso ai dati biologici e per buona parte abbiamo dato risposte. Molte madri contattate dicevano di avere una nuova situazione familiare consolidata e che non potevano deludere la loro nuova famiglia. Ma tutte le madri incontrate, hanno sempre lasciato il proprio numero di telefono per essere ricontattate.  Una delle cose che più mi ha sorpreso è che, nel cercare i genitori naturali, questi figli, sono stati sempre supportati dai genitori adottivi».

Rispettare le sensibilità di tutti i soggetti coinvolti e bilanciare quanto più il diritto alla privacy e quello alla conoscenza delle proprie origini biologiche, sarà compito del legislatore nei prossimi mesi. Augurandoci che questo, insieme a tanti altri dibattiti che interessano i più deboli, non vengano ancora una volta ignorati.

 

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