LE LEGGI DELLE DONNE HANNO CAMBIATO L’ITALIA
È importante riconoscere l'importanza dell'impegno delle nostre donne politiche, dalla Costituzione in poi. Un dibattito nell'Istituto L. L. Radice, a Roma
18 Maggio 2016
Le leggi delle donne hanno cambiato il nostro Paese, anche se pochi ne sono consapevoli. E sono leggi nate dalla partecipazione attiva alla vita politica, frutto di quelle per la parità e per i diritti, che «hanno ambiato la vita di tutti, non solo quella delle donne». Livia Turco, presidente della Fondazione Nilde Iotti, ha affrontato il tema nell’istituto Lucio Lombardo Radice di Roma, dove il 12 maggio scorso si è discusso, appunto, di “Leggi delle donne, dalla nascita della Repubblica ad oggi”.
Un incontro organizzato dalla Fondazione e dal Cesv, per proseguire idealmente quello che si è svolto nell’aprile scorso al Liceo Gassman sul contributo delle donne alla Costituzione.
Ai giovani del Radice, Livia Turco ha raccomandato: «Voi avete delle responsabilità, tocca a voi continuare a difendere i diritti, rivendicare quelli ancora non riconosciuti, chiedere l’applicazione delle leggi, che ci sono, e anche buone. Dovete farlo perché possiate avere figli nel tempo giusto, anche se vivete in un’epoca in cui per le donne è ancora difficile tenere insieme famiglia e lavoro. Vivete in una società sterile».
Cinque decenni con le leggi delle donne
I decenni successivi alla fase costituente hanno visto un impegno costante delle donne nel campo delle politiche sociali.
Livia Turco ha fatto un rapido excursus, ricordando che negli anni cinquanta due punti cardini di questo lavoro furono la tutela del lavoro a domicilio – allora molto diffuso tra le donne – e la legge contro lo sfruttamento della prostituzione (la cosiddetta Legge Merlin).
Gli anni sessanta, invece, le leggi delle donne hanno riguardato l’istituzione della scuola pubblica per tutti, la legge sulla tutela della maternità, il riconoscimento della pensione alle casalinghe, e due leggi altamente simboliche: nel ’63 è stato aperto l’accesso delle donne alla magistratura, nel ’68 l’adulterio femminile non è più stato reato.
Il decennio successivo – quello del femminismo – è stato caratterizzato, secondo Livia Turco, da una nuova coscienza di sé e quindi da profondi cambiamenti sul piano culturale.
A livello legislativo, sono nati gli asili nido e i consultori familiari, è arrivata la legge 194 sulla maternità e l’aborto, è stato riformato il diritto di famiglia ed è stata riconosciuta la parità sul lavoro. Nel 1976, per la prima volta, una donna è diventata ministro: si trattava di Tina Anselmi, Ministra del lavoro.
Risalgono invece agli anni ottanta l’abrogazione del delitto d’onore – anche questo un atto legislativo di grande impatto anche culturale – le norme in materia di adozione e affido, a tutela dei più piccoli, quelle sulla cittadinanza e il riconoscimento della maternità per le lavoratrice autonome.
Gli anni novanta sono stati invece caratterizzati dai grandi interventi nel sociale: la legge sul volontariato (che ebbe come relatrice una donna, la Iervolino), la 285 sull’assistenza, l’affermazione dei diritti dei disabili, l’istituzione del servizio civile.
Per quanto riguarda specificamente le donne, è da ricordare il 1996, quando lo stupro da reato contro la morale divenne finalmente reato contro la persona, con ben altre conseguenze giudiziarie, quindi.
Le donne giocano insieme
Le leggi delle donne, in genere, sono state pensate, discusse e approvate grazie alla collaborazione trasversale delle donne di diversi schieramenti, senza la quale molte leggi non sarebbero mai passate. «Le donne, quando giocano, giocano in squadra», ha ricordato Francesca Danese, ex assessore alle politiche sociali del Comune di Roma. Che ha ricordato anche come in quegli anni si è sviluppato il dibattito sulle quote rosa, purtroppo ancora attuale, perché la partecipazione politica delle donne ancora non è scontata: «basti pensare che esistono Consigli regionali, come quello della Basilicata, in cui non c’è neanche una donna».
Un importante passo avanti, ha ricordato Sesa Amici, sottosegretario ai Rapporti con il Parlamento, è stata la legge che ha imposto la doppia preferenza nelle elezioni comunali, «che ha permesso di valorizzare davvero la presenza delle donne nelle liste, perché, se ci sono donne e uomini che governano insieme, il modo di governare cambia. Le donne non sono né migliori né peggiori, ma sono portatrici di soggettività. E quindi la loro partecipazione arricchisce la democrazia».
Non bisogna dimenticare, ha raccomandato Roberta Agostini, vicepresidente della Commissione Affari Costituzionali, «che c’è un legame tra l’emarginazione nella vita pubblica e la subordinazione in quella privata. Protagonismo pubblico e privato vanno avanti insieme». Purtroppo però in Italia ci sono ancora «forme di maschilismo strisciante che ogni tanto riemergono». Sono tra le cause di una serie di problemi che ci portiamo dietro: il tasso di occupazione femminile troppo basso, il gap tra gli stipendi degli uomini e quelli delle donne, la mancanza di una strategia seria contro i femminicidi… «Serve quindi una battaglia politica e culturale che spetta a ciascuno di noi».
I giovani hanno applaudito.