LIFE ANIMATED: UN RAGAZZO AUTISTICO E I CARTONI DISNEY PER CAPIRE IL MONDO
In sala dal 2 febbraio, Life Animated racconta la storia di Owen Suskind, un ragazzo con autismo che ha imparato a comunicare con i cartoni animati di Walt Disney
30 Gennaio 2017
«La gente pensa che quelli con l’autismo non vogliano stare con le altre persone. Questo è sbagliato. La verità è che noi vogliamo quello che vogliono tutti. Ma qualche volta siamo maldestri, e non sappiamo come comunicare con gli altri». Owen Suskind, oggi un ventenne autonomo e consapevole, è un ragazzo autistico, e sta raccontando la sua esperienza in una conferenza sul tema. È una delle scene di Life Animated, il film di Roger Ross Williams candidato all’Oscar come miglior documentario (categoria nella quale sfiderà il nostro Fuocoammare) in uscita nelle nostre sale il 2 febbraio (e in anteprima il 31 gennaio al Cinema Colosseo di Milano), distribuito da I Wonder Pictures, Unipol Biografilm Collection e Fil Ruoge Media. Tratto dal libro del premio Pulitzer Ross Suskind, Life Animated: A Story Of Sidekicks, Heroes And Autism, racconta una storia incredibile: quella di un bambino affetto da autismo che ha saputo trovare la chiave per comunicare con il mondo attraverso i film, in particolare i cartoni animati classici della Walt Disney. È un film che unisce passato e futuro, la storia di Owen bambino e la sua storia recente di giovane uomo alle prese con la vita.
Life animated: quel mondo immobile che aiuta a vivere
A raccontarci la storia del passato è soprattutto il padre, Ross. L’autismo entra nella vita della sua famiglia come un fulmine a ciel sereno.
Un buon lavoro, una bella casa, due figli. Ma a tre anni il figlio minore, Owen, come un personaggio di “Peter Pan”, “scompare”: non dorme più, ha difficoltà motorie, dice parole incomprensibili. I genitori cominciano a chiedersi cosa gli stia succedendo, a cercare indizi come in un rapimento. La diagnosi è disturbo pervasivo dello sviluppo: autismo. Una parola che fa crollare il mondo addosso a chiunque. Owen tende a isolarsi, a non comunicare. L’unica cosa che la famiglia può fare insieme a lui è vedere i cartoni della Walt Disney, l’unico momento in cui Owen è tranquillo e concentrato. E poi, all’improvviso, succede qualcosa. Una sera, durante La sirenetta, Owen, che non parlava da quasi un anno, pronuncia le parole “Just your voice”, “solo la tua voce”, quelle che la strega pronuncia al momento del baratto con Ariel.
Da quel momento parte una missione, entrare nella prigione dell’autismo e tirare fuori Owen. I genitori, pur non essendo psicologi, capiscono che il mondo della Disney può essere la chiave per comunicare con Owen. A nove anni, dopo la festa del suo compleanno, Owen pronuncia queste parole. “Walter (il fratello maggiore, ndr) non vuole crescere, come Mowgli e Peter Pan”: una frase di senso compiuto. Così, una sera, Il padre Ross prende un pelouche di Iago (il pappagallo aiutante di Jafar in Aladdin) e gli parla attraverso lui, muovendolo, facendo la sua voce. Capisce che il figlio ha memorizzato tutti i dialoghi dei film che ha visto. E da quel momento tutti, in famiglia, cominciano a parlare con lui attraverso questi dialoghi.
Gli psicologi spiegano che i cartoni della Walt Disney sono figure disegnate a mano, con espressioni ed emozioni esagerate. E per Owen sono più facili da interpretare. E poi quello della Disney è un mondo che non cambia mai, mentre nel mondo reale intorno a lui tutto cambia – il fratello cresce, i genitori invecchiano – e lui si aggrappa a questo. I personaggi diventano dei punti di riferimento per le sue emozioni e comincia a usarli: Hercules significa non arrendersi, Il libro della Giungla il bisogno di avere amici, Pinocchio la sensazione di essere un bambino vero. Il suo percorso – la crescita, le responsabilità, il distacco dalla famiglia – rientra in effetti in un copione Disney. Ma la vita reale non è un film di Walt Disney. Ed è questo che preoccupa di più chi gli sta intorno, soprattutto nel momento in cui dovrà diventare autonomo.
Ma la vita reale è un’altra
E infatti arrivano i momenti bui, la scuola e gli atti di bullismo. Minacce stupide, come bruciare la casa e uccidergli i genitori, che un ragazzo autistico però prende alla lettera. Sono quelle sfide da superare che a ogni eroe della Disney prima o poi capitano.
Ancora una volta i suoi amati personaggi dei cartoni arrivano in soccorso. Il padre scopre che Owen, in quei giorni sempre più chiuso in se stesso, sta lavorando a centinaia di disegni dei suoi personaggi. E, con gran sorpresa, si rende conto che sono tutti degli “aiutanti”: non gli eroi, ma dei comprimari. Personaggi secondari, buffi, ma importantissimi per la missione degli eroi, per far andare la storia a buon fine. Ne scrive addirittura una sua di storia, Owen, La terra degli aiutanti perduti, in cui un bambino, in cui si identifica, è il protettore degli aiutanti che un cattivo ha deciso di far scomparire.
C’è qualcosa di straordinario, e di miracoloso, nel modo in cui Owen vede il mondo attraverso i film. Questa sua passione per gli aiutanti non è casuale. È forse la consapevolezza di non poter essere mai un protagonista, ma anche quella di poter trovare il proprio posto nel mondo, il proprio ruolo nella vita sua e di chi gli sta vicino, il suo bisogno di empatia con gli altri. E in quel cattivo, che ha creato per la sua storia, che vuole eliminare tutti gli aiutanti dei cartoni spingendo la nebbia nelle loro menti c’è tutta la comprensione della propria malattia, che annebbia la mente impedendo di comunicare.
In Life animated c’è un pezzetto di tutti noi
Life Animated è fatto di due storie in una. C’è la storia di Owen da bambino, raccontata dai genitori e ricostruita con immagini di repertorio inserti di animazione (realizzati dalla casa di produzione francese MacGuff) che sembrano degli schizzi al carboncino che prendono vita).
E quella dell’Owen di oggi, ventitreenne che sta per diplomarsi ed andare a vivere da solo, che si innamora e forse penserà al sesso, mentre i suoi personaggi del cuore si fermano sempre al primo bacio (di questo aspetto parlava un bel documentario italiano, The Special Need). La combinazione delle immagini di repertorio e del girato compie ancora una volta, dopo Boyhood, un miracolo che ci permette di vedere sul grande schermo un bambino diventare uomo nel giro di poche ore. In quel ragazzo che si sente come il Quasimodo de Il gobbo di Notre Dame, un diverso che finisce per essere accettato dalla società, che come Bambi deve imparare a vivere senza i genitori, troviamo cose che ci riguardano tutti. Life Animated è un film da non perdere. È un romanzo di formazione, la storia di una crescita, di come un ragazzo trovi la forza di andare oltre i propri limiti. In Owen troviamo qualcosa di noi stessi. In fondo ha usato le proprie passioni per capire il mondo. Ma forse non facciamo tutti così?
Una risposta a “LIFE ANIMATED: UN RAGAZZO AUTISTICO E I CARTONI DISNEY PER CAPIRE IL MONDO”
Vorrei saperne di più —-ho iniziato lo stesso percorso con mio nipote —-con autismo