LO SPORT DI BASE È IN CRISI. DUE PROPOSTE PER AFFRONTARLA

Lo sport di base è gioco, ma anche salute e perfino welfare. Ma molti enti rischiano di chiudere

di Giorgio Marota

Lo sport di base non chiede ristori, bensì interventi strutturali. I soldi “a pioggia” tamponano l’emergenza, ma non risolvono i problemi di una crisi dilagante tanto che, entro la fine del 2022, il 20% delle società sportive rischia di scomparire per effetto della pandemia. Una sorta di “long Covid” che dura di fatto da 2 anni: a una prima fase di accettazione delle restrizioni è seguita la reazione positiva dell’estate 2020, grazie alle prime riaperture; il 2021 si è diviso poi tra pessimismo e resilienza, mentre oggi rischia di esserci posto solo per la rassegnazione.

Serve un segnale immediato

Per cercare di invertire la rotta sono nati due progetti finanziati da Sport e Salute, la società dello Stato per la promozione dello sport e i corretti stili di vita, presentati mercoledì in una conferenza stampa online. Li hanno ideati quattro diversi enti di promozione che hanno dimostrato di saper fare rete: ACSI (Associazione centri sportivi italiani), AiCS (Associazione italiana cultura sport), CSEN (Centro sportivo educativo nazionale), e il Centro Sportivo Nazionale LIBERTAS, che insieme abbracciano un totale di quasi 7 milioni di sportivi amatoriali. I progetti si chiamano “È Ora” e “Riunisci” e secondo il presidente di AiCS, Bruno Molea, «rappresentano la voglia di dare un segnale immediato, come si intuisce già dai nomi che richiamano la prontezza di riflessi, la competenza e la velocità necessari in un momento così complesso. Non è più tempo di finanziamenti a pioggia, servono interventi strutturati per lo sport di base».

Il progetto “È Ora”

“È Ora – Servizi di aggiornamento e assistenza all’associazionismo sportivo per la ripartenza” (questo il titolo completo) è un intervento in termini di formazione, pensato per il mondo dell’associazionismo sportivo. Al giorno d’oggi, un dirigente di società necessita di conoscenze legislative, competenze di natura fiscale e finanziaria, abilità digitali, approfondimento delle norme legate all’impiantistica e molto altro.

Il progetto si articola seguendo due filoni. La prima fase (online) è stata pensata per 320 operatori di associazioni sportive dilettantistiche e società sportive, oltre che ai Comitati Regionali degli stessi enti di promozione. In un secondo momento, da aprile, otto Comitati verranno scelti tramite un’azione pilota per ricevere una formazione ancora più specifica e diventare, a loro volta, delle vere e proprie sentinelle sui territori (“tutor di servizio regionale”); estenderanno quindi la formazione verso la base, organizzando altri corsi. Il progetto si compone anche di un’assistenza continua (“L’esperto risponde”) per creare uno sportello informativo, oltre a un’attività di comunicazione su più livelli. «È un progetto che va a ripetersi, per avere un raggio d’azione nazionale con ricadute a livello territoriale» ha spiegato Valeria Gherardini, coordinatrice generale dei progetti.

Il progetto RI.UNI.S.C.I

RI.UNI.S.C.I è invece una ricerca che i quattro enti condurranno in collaborazione con l’Università di Tor Vergata. Attraverso un questionario rivolto a 7 mila persone (uomini e donne che praticano sport di base, tra gli 11 e i 65 anni; famiglie di ragazzi adolescenti; allenatori e preparatori atletici), si arriverà a capire, con dati misurabili, in che modo lo sport possa rappresentare uno strumento per promuovere la legalità, la solidarietà, la coesione e l’inclusione sociale (anche in riferimento alla disabilità) e il contrasto alla xenofobia. Successivamente, ACSI, AiCS, CSEN e LIBERTAS elaboreranno un report statistico e promuoveranno, tramite una campagna di comunicazione ad hoc, delle politiche di indirizzo del movimento sportivo amatoriale e non. Come ha spiegato in conferenza stampa il ricercatore Matteo Ghibelli, verrà dunque approfondito il legame che esiste tra la pratica motoria e il superamento delle barriere economico-sociali, mettendo al centro il concetto di sport come strumento per un’interazione positiva tra i cittadini.

Lo sport è salute e welfare

«Sport e Salute sostiene con convinzione queste due splendide iniziative», le parole di Vito Cozzoli, presidente e amministratore delegato della società. «C’è piena sintonia con lo spirito innovatore che sta alla base della riforma dell’ordinamento sportivo. Un plauso a chi ha deciso di fare squadra». È bene ricordare che ai risultati straordinari delle ultime Olimpiadi (e più in generale del 2021 ricco di successi) fanno da contraltare le difficoltà vissute quotidianamente dalle asd e ssd in tutta Italia, per ultimo il caro-bollette che rischia di mettere in ginocchio il sistema («dobbiamo unirci per sensibilizzare il governo altrimenti molte strutture rischiano di chiudere» ha aggiunto Molea), e il fatto che, spiega Cozzoli, «l’Italia è il quinto paese più sedentario d’Europa». Per avere un futuro, in tutti sensi, servirà «allargare la base della piramide sportiva».

Per ogni palestra che rimane chiusa e per ogni società che interrompe la propria attività ci sono infatti decine di ragazzi che smettono di fare sport. Le ricadute sulla salute e la prevenzione delle malattie sono evidenti sotto forma di equazione: meno pratica sportiva uguale aumento dell’obesità giovanile ed esposizione ai problemi cardiovascolari. L’impatto sulla socialità è invece più nascosto ed emerge solamente in seguito a un’analisi sul medio-lungo termine.

Prima della pandemia, spesso e volentieri, le società di base hanno colmato dei vuoti istituzionali creando welfare lì dove mancava e proponendo attività concrete in territori disgregati. Si pensi a quanto di buono lo sport ha saputo realizzare nelle periferie, al pari della cultura. Ma costruire ponti sta diventando sempre più complesso. I lockdown ripetuti – e non programmabili – hanno minato l’entusiasmo dei volontari, mentre lontano da campi, palestre e palasport sta crescendo la “generazione DAD”, quella che apprende a distanza rinunciando al contatto tra pari e al confronto con l’altro. Dinamiche che lo sport considera invece essenziali per la crescita dell’individuo.

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