LO SPORT HA UN VALORE SOCIALE: RICONOSCIAMOLO
Lo sport amatoriale in Italia coinvolge quasi 8 milioni di tesserati e quasi 100 mila società. Ha valore educativo, ma anche impatto economico
21 Ottobre 2019
Lo sport fa crescere la comunità, esalta i valori della lealtà e del rispetto, accompagna i giovani nel loro percorso educativo e ha un forte impatto in termini economici e politici. Se ne è parlato al Salone d’Onore del Coni di Roma, alla presenza delle istituzioni (tra cui Elena Bonetti, ministro per le pari opportunità) e di ricercatori provenienti da tutta Europa. Il forum mondiale “Sport Impacts All”, promosso dalla Confederazione internazionale dello sport amatoriale e organizzato in collaborazione con l’Associazione Italiana Cultura Sport (AiCS), ha rappresentato un punto di partenza per una nuova – e più corretta – interpretazione del fenomeno della promozione sportiva e del valore sociale dello sport.
I NUMERI. Lo sport amatoriale in Italia coinvolge quasi 8 milioni di tesserati e quasi 100 mila società. Equivale al 50% di tutti i praticanti continuativi nel nostro Paese. La ricerca dell’Osservatorio Permanente sulla Promozione Sportiva, nato alla fine del 2017, ci dice anche che il 13% dell’intera popolazione italiana è tesserato presso un Ente di Promozione Sportiva (EPS). Nell’immagine a fianco ci sono quelli riconosciuti dal Comitato Olimpico Nazionale Italiano.
A colpire è soprattutto la crescita del fenomeno nell’ultimo triennio: dal 2015 più di 1 milione di persone hanno deciso di tesserarsi presso gli Enti (+16%). Il numero complessivo oggi è pari agli abitanti delle prime 7 città d’Italia (Roma, Milano, Napoli, Torino, Palermo, Genova e Bologna). Erano 6,6 milioni nel 2014, sono 8 milioni oggi. Il numero delle società sportive è salito a 95 mila, con una distribuzione geografica che predilige il Nord Italia (23 mila nel nord-ovest, quasi 19 mila nel nord-est), ma che fa registrare numeri importanti anche nel Centro-Sud (21 mila nel centro, 20 mila al Sud e 11 mila nelle isole). Nove praticanti su 10 in fascia d’età 14-17 sono tesserati presso un ente di promozione sportiva. Questo non esclude, ovviamente, a un ragazzo o a una ragazza di praticare sport in campionati federali. Si può giocare a calcio, basket e pallavolo sia in un torneo Aics, che in uno organizzato dalle federazioni. Da evidenziare anche il dato relativo alla parità di genere: il 45,5% di chi pratica sport amatoriale è donna. Nelle federazioni sportive questo numero scende al 27,2%.
IL VALORE SOCIALE E QUELLO ECONOMICO. «Promuoviamo la pratica sportiva e processi che appartengono alla società civile come l’integrazione, l’abbattimento delle barriere, le pari opportunità, e gli interventi funzionali per una maggiore coesione sociale», ha spiegato Bruno Molea, presidente AiCS e di Csit, la Confederazione Internazionale. «Portiamo ricchezza per i territori dove operiamo, ma non siamo all’attenzione dei media perché “siamo quelli dello sport amatoriale”. Se analizzassimo in maniera concreta quello che si sviluppa in termini di valori sociali ed economici durante le nostre manifestazioni, scopriremmo che il nostro mondo rappresenta un importante volano per l’economia. Non abbiamo i campioni come Cristiano Ronaldo, certo, ma i nostri testimonial sono le persone».
I 15 Enti di promozione sportiva organizzano 607 mila eventi e manifestazioni ogni anno. In media, 1 evento al minuto e oltre 30 mila per ogni regione d’Italia.
I VOLONTARI. Ovviamente, in un mondo così eterogeneo, dinamico e fortemente improntato alla condivisione di valori, il volontariato ha un ruolo determinante. «In Italia ci sono 5,5 milioni di volontari», ha dichiarato Claudia Fiaschi, portavoce del Forum del Terzo Settore. «Un terzo di loro opera nello sport. Il terzo settore porta lo sport nelle periferie e in luoghi dove c’è marginalità economica e difficoltà di accesso ai servizi. La riforma del terzo settore? Mette a disposizione grandi opportunità, ma per quanto riguarda lo sport vanno ancora risolti dei conflitti normativi. È stata criticata perché ancora non siamo riusciti ad arrivare all’armonizzazione tra la disciplina dello sport e quella del terzo settore in generale. Purtroppo ogni cambio di governo produce un fisiologico rallentamento che a questa riforma di certo non fa bene».
La ricerca rivela come i volontari degli EPS, stimati nel numero di 432 mila, investano nelle proprie società sportive circa 82 milioni di ore in una stagione, generando 1 miliardo di euro di valore economico. In Parlamento si sta lavorando affinché possa esserci, finalmente, un riconoscimento per gli uomini e le donne che nello sport lavorano senza essere considerati professionisti. In Italia c’è una legge, ma risale al 1981. Tranne calcio, basket, golf e ciclismo – e sempre e solo nel maschile – tutte le altre discipline non l’hanno applicata per mancanza di risorse.
IL PROBLEMA DELLO SPORT FEMMINILE. Il professionismo ha dei costi elevati, difficili da sostenere. Nel nostro Paese non esistono donne professioniste, con la conseguenza, per quest’ultime, di non avere garanzie su temi come pensioni, maternità, infortuni e ferie. Nel calcio, anche grazie all’exploit della Nazionale femminile, la FIGC ha chiesto di abbassare le tasse per i club, affinché possano investire nel sistema ed essere sgravati dai costi non ancora assorbibili. Ma il calcio ha visibilità e possibilità quasi illimitate… E se addirittura il mondo del pallone incontra delle difficoltà per far riconoscere alle proprie atlete lo status di lavoratrici, figuriamoci le altre discipline.
«Il grande risultato raggiunto dallo scorso governo è stato quello di aver inserito nel vocabolario politico il termine “lavoratore dello sport”», ci ha raccontato l’onorevole Simone Valente, ex sottosegretario nell’esecutivo Lega-M5S, «che deve avere diritti e tutele come qualsiasi lavoratore in Italia. Si supera il concetto di professionismo, semiprofessionismo e dilettante. Spero che il Governo scriva decreto legislativo in tempi brevi e il Parlamento lo approvi. Entro l’inizio del 2020 avremo bozze concrete, poi partirà l’iter».
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