M – IL FIGLIO DEL SECOLO E IL POPULISMO, ALLORA COME OGGI

M – Il Figlio del Secolo, la serie Sky sull’ascesa al potere di Benito Mussolini tratta dal romanzo di Scurati trova un tono grottesco ed eccessivo per parlarci di fascismi antichi e recenti

di Maurizio Ermisino

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«Per vent’anni mi avete amato, adorato come un Dio. E poi mi avete odiato, follemente odiato perché mi amavate ancora. Mi avete ridicolizzato perché di quel folle amore avevate paura. Anche da morto. Ditemi a cosa è servito. Guardatevi attorno. Siamo ancora tra voi». È l’inquietante incipt, con la voce narrante di Benito Mussolini, interpretato da Luca Marinelli, di M – Il Figlio del Secolo, la nuova serie Sky Original sull’ascesa al potere di Benito Mussolini. Tratta dal romanzo di Antonio Scurati e diretta da Joe Wright, è stata presentata alla Mostra del Cinema di Venezia e arriva su Sky e NOW dal 10 gennaio. È un racconto potente, lucido, cruento, ironico e grottesco, un documento imprescindibile per capire l’Italia e il mondo di cento anni fa come quelli di oggi. Una messinscena teatrale e oscura, unita a sequenze girate nello stile dei cinegiornali di quegli anni mescolati alle immagini di repertorio. Con la musica elettronica di Tom Rowlands dei Chemical Brothers, che crea un ponte tra passato e presente e sembra dare il senso di movimento, rumore e meccanica del Futurismo, che per un attimo è stato vicino a movimenti come il Fascismo. M – Il Figlio del Secolo è un’opera da vedere, oggi che sul Fascismo si scherza, che di quell’esperienza non si sente il peso. Lo dice anche Zerocalcare nella serie Questo mondo non mi renderà cattivo: «A ‘sto paese prima se dicevi fascista era ‘na cosa brutta. Mo’ non gliene frega più niente a nessuno. Uno dice: vabbè è fascista però è bravo. Come a di’: e vabbè, è celiaco». M – Il figlio del secolo riporta a tutta la gravità e l’efferatezza del Fascismo, mostra come l’Italia ne sia stata sedotta, lo abbia sottovalutato. E se ne fa beffe, per smitizzarlo.

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Tratta dal romanzo di Antonio Scurati e diretta da Joe Wright, la serie M – Il figlio del secolo arriva su Sky e NOW dal 10 gennaio

È con gli ultimi che si fa la Storia

M – Il figlio del secolo, inizia a Milano subito dopo la Prima Guerra Mondiale. Benito Mussolini, ex socialista, ex direttore de L’Avanti, ci presenta quello che sarà il suo seguito, il suo partito, il suo esercito, il suo elettorato. È un popolo smarrito, bisognoso di idee semplici: sono i reduci della Grande Guerra. «Sento la loro rabbia, il loro odio. È con il materiale scadente, con il materiale di risulta, con gli ultimi che si fa la Storia. Si attizza la loro rabbia. Gli si mettono in mano le bombe, le rivoltelle. Con loro farò la rivoluzione». Sono le parole del protagonista, che, ascoltate oggi, fanno venire i brividi per la loro attualità. La storia segue l’ascesa di Mussolini dal 1919 al 1924, fino al delitto Matteotti, passando per la marcia su Roma.

Come in House Of Cards: Mussolini parla al pubblico

«Seguitemi. Anche voi mi amerete. Anche voi diventerete fascisti» ci dice Mussolini alla fine del suo discorso introduttivo. Il gioco è geniale e chiaro fin da subito. Il Mussolini di Marinelli sfonda la quarta parete e si rivolge al pubblico, come il Frank Underwood di Kevin Spacey in House Of Cards. Lo arringa, lo seduce, lo chiama a sé. Fa vedere a noi, pubblico di oggi, la grande opera di persuasione fatta un secolo fa a un’intera nazione. E noi che guardiamo ci sentiamo complici, colpevoli, quasi quanto gli italiani di 100 anni fa. Guardate Luca Marinelli quando fomenta le sue camicie nere contro i socialisti: per un attimo ci fa un cenno, con gli occhi e con la bocca, come a dirci non è vero niente. E dopo, parlando dei suoi adepti, cerca ancora la nostra complicità. «Li ho liberati io i cani. E se sono arrivato dove sono lo devo anche a loro. Ma ora devo richiamarli. Entra in scena l’addestratore». «Ora entra in scena il prestigiatore. Ora entra in scena il trasformista», ci avvisa in Parlamento, prima di votare contro il governo Giolitti. «È un suicidio. Certo che è un suicidio. E io sono contrario al suicidio. È tutta una finzione che per essere credibile ha bisogno di una certa dose di realtà. Un bluff. Una messa in scena». È quello che dice sulla famosa marcia su Roma, anch’essa smitizzata. È il modo di farci capire come Mussolini, e altri dopo di lui, hanno provato a conquistare il loro pubblico con modi melliflui e suadenti. E per svelare i suoi trucchi.

M – Il figlio del secolo: trovare il tono giusto

Luca Marinelli è la chiave di questo gioco. È un Mussolini caricaturale, grottesco, eccessivo, ma non è mai una macchietta, mai ridicolo, è inquietante e minaccioso. E lo diventa sempre di più, man mano che il racconto procede e il tono si fa più oscuro. È un Mussolini empatico, complice, che vuole essere simpatico. «La sfida più grande era trovare il tono giusto» spiega il regista, l’inglese Joe Wright. «Era importante non ritrarlo come un pagliaccio, ma prenderlo sul serio. La sfida più importante è stata riuscire ad avvicinarsi quanto più possibile alla figura di Mussolini e permettere a Luca di interpretarlo seducendo il pubblico, così come Mussolini aveva sedotto l’Italia e anche tanti leader internazionali come Churchill».

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Marinelli: «È stata un’esperienza fisica ed emotiva. Da antifascista, il fatto di aver dovuto sospendere il giudizio per dieci ore al giorno e sette mesi è stato devastante»

Luca Marinelli: «Da antifascista sospendere il giudizio è stato devastante»

L’operazione è riuscita grazie a questo straordinario attore. Gli occhi affebbrati, infuocati, folli di Luca Marinelli, ci guardano, ci sfidano. Provano a leggerci dentro. Ci mettono alla prova. Convinto antifascista, persona colta e gentile, Marinelli si getta nell’impresa modificando il suo fisico, appesantendolo per entrare nel ruolo. «È stata un’esperienza fisica ed emotiva» ci ha raccontato. «Per me è stato importante il piano fisico, ma anche quello intellettuale, emotivo: da antifascista, il fatto di aver dovuto sospendere il giudizio per dieci ore al giorno e sette mesi è stato devastante. Ho tentato di togliere le definizioni. Cattivo, mostro, il diavolo: parole che non fanno altro che giustificare una nostra posizione e allontanarlo, invece è stato un essere umano che ha imboccato questa via criminale che ha portato il paese a toccare la parte più oscura».

Il primo Mussolini: un arci italiano meschino e opportunista

La forza della serie è anche in una regia che ha il giusto distacco e riesce a comunicare un certo senso del ridicolo. Come certi film di mafia recenti, anche qui si mette alla berlina il potente e si fa perdere ogni possibile fascinazione. Il superuomo è nudo, è un piccolo uomo, è un meschino. Viene preso in giro come l’Hitler de Il grande dittatore.  «La famiglia. Ricordatevi che non c’è niente di più importante» ci dice, dopo che ci ha svelato di avere ormai due amanti, oltre alla moglie. «Salutiamoci come gli antichi romani». «I romani non si salutavano così». «Non lo diciamo a nessuno», sentiamo dire in un altro dialogo. «Cosa fa di un fascista un fascista ragionevole e rispettabile? Proverò a spiegarvi» aggiunge dopo. «D’ora in poi ogni cosa dovrà camminare alla perfezione. Non voglio più un treno in ritardo». «Il primo Mussolini è un Mussolini perdente, sconfitto, un arci italiano meschino e opportunista» riflette lo sceneggiatore Stefano Bises. «Un Alberto Sordi, un Tony Soprano. Quel tipo di personaggio è parte del nostro racconto. In M – Il figlio del secolo abbiamo creato un tipo di trattamento funzionale a creare una simpatia, una vicinanza, una comprensione dei suoi sentimenti. Via via che la serie diventa più crudele, quest’uomo mette i propri vizi capitali al servizio di un potere feroce. Volevamo portare lo spettatore idealmente a sentirsi male per aver avuto dei sentimenti di comprensione per quel perdente iniziale».

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Luca Marinelli è un Mussolini caricaturale, grottesco, eccessivo, ma mai una macchietta, mai ridicolo, è inquietante e minaccioso

È facile sottovalutare quel pericolo: lo stiamo facendo adesso

Benito Mussolini ci guarda e ci parla. «Il controcampo siamo tutti noi» analizza l’altro sceneggiatore, Davide Serino. «Ed è facile sottovalutare quel pericolo. Lo facciamo ogni volta, lo stiamo facendo adesso. Volevamo portarvi a sottovalutarlo. Il finale di M – Il figlio del secolo, in cui Mussolini chiama tutti noi a dire una parola e nessuno la dice, è la chiave di tutto. Racconta il populismo e i rischi che corriamo ogni volta». «Il tono da commedia era una trappola» precisa. «Quello che ha fatto un paese intero è stato sottovalutare un possibile mostro, umanizzandolo. Quei tratti da commedia all’italiana gli appartenevano completamente e hanno sedotto moltissime persone. Tendiamo a sottovalutarlo e questa è una colpa imperdonabile. Che parla anche dell’oggi». E lo sentiamo chiaramente quando il Mussolini di Marinelli, nel lasciarci, pronuncia un «Make Italy Great Again!» facendoci venire in mente Trump. Dopo averlo visto fare stage diving sulla folla durante un comizio, lo vediamo in parlamento durante una votazione. E parte Can’t Help Falling In Love di Elvis. Mussolini, come tanti politici che lo hanno seguito, è uno showman, un affabulatore, un incantatore. Un pifferaio di Hamelin pronto a portarci nel buio di una caverna.

Immagini di scena Andrea Pirrello

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