MASTRI BISCOTTAI: I RAGAZZI CON DISABILITÀ SI PRENDONO SUL SERIO
Mastri Biscottai produce petfood di qualità e promuove un modello di lavoro in cui le persone con disabilità intellettiva possano vivere i contesti produttivi e lavorare con soddisfazione
22 Aprile 2022
Chi lo ha detto che i nostri amici a quattro zampe debbano mangiare peggio di noi? “Human grade” è la parola chiave di questo concetto. Vuol dire che i prodotti per gli animali rispettano tutti gli standard di qualità del cibo per esseri umani. Essere human grade è la caratteristica dei prodotti dei Mastri Biscottai, un gruppo di ragazze e ragazzi appartenente all’associazione Ylenia e gli amici speciali, che oggi produce petfood di alta qualità. I biscotti per cani dei Mastri Biscottai sono, infatti, preparati a mano uno ad uno, con ingredienti sani, freschi e gustosi come tonno, verdure, frutta o erbe. E sono sicuri perché privi di zucchero, sale e conservanti. Ma i Mastri Biscottai non sono solo questo, sono anche, e soprattutto, un progetto che promuove un modello di lavoro in cui le persone con disabilità intellettiva possano vivere i contesti produttivi e lavorare con soddisfazione.
Dal catering solidale alla biscotteria
Il progetto Mastri Biscottai in realtà nasce da un fallimento, quello di un catering solidale. «Il catering solidale è quella cosa per cui, se devi fare un matrimonio o un altro evento, ti servi di un catering e a prepararlo sono persone con disabilità» ci ha spiegato Nicola Lupo, coordinatore del progetto Mastri Biscottai. «Non ha funzionato, probabilmente perché catering solidale non vuole dire nulla. Io chiamo un catering perché è buono, se ci lavorano le persone con disabilità, meglio».
Il catering ha tempi di lavoro molto stretti, richiede competenze organizzative importanti, ore di lavoro stressanti, e forse non era l’ideale per dei ragazzi con disabilità intellettiva. «C’è chi lo chiede in sede, che vuol dire spostarsi con tutta l’attrezzatura, è molto complesso e, secondo noi, suscita diffidenza, che, nella nostra esperienza, ha giocato da subito un ruolo importante. La cooperativa non si è data neanche il tempo di trovare le competenze che servivano», continua Lupo. Ma la svolta è arrivata dall’America, durante un viaggio. «Abbiamo scoperto che, da diversi anni, c’erano negozi e chioschi che facevano biscotteria per il petfood» ci spiega il coordinatore del progetto. «Anche il pet ha bisogno di cibi di alta qualità. Dall’America viene questa idea che i cuccioli siano come dei figli. C’è una fortissima cultura d’impresa e si è creata una micro imprenditoria di altissima qualità. Parliamo di “human grade”, cioè qualità umana. Un biscotto che possiamo mangiare anche noi. E il modo migliore per vedere se vengono bene è assaggiarli. Così è nata l’idea di virare verso quei clienti che hanno animali». Così si è iniziato a fare delle prove. I biscotti andavano a ruba, ma erano ancora fatti in maniera casalinga, nel forno di casa. «La partnership era tra l’associazione Ylenia e gli Amici Speciali, associazione di familiari, e l’Associazione di Volontariato Con Gli Altri, esperti di cucina alberghiera, che veniva dall’esperienza del catering solidale» spiega Lupo. «Poi siamo rientrati noi, l’associazione Pomerium ETS, già Pomerium Onlus, un’associazione di psicologi e progettisti, quando è arrivato un bando della regione Lazio, con un finanziamento di 250mila euro. Ci siamo detti: “questa idea è buona, possiamo renderla un progetto di formazione per venti persone con disabilità”».
Da disoccupati a lavoratori, non è facile
«Ci siamo chiesti: qual è la dimensione terapeutica?» racconta Nicola Lupo. «In realtà non è vero che i ragazzi vogliono lavorare: si stressano. I contesti riabilitativi, come i centri diurni, hanno un grosso limite: sono improduttivi, il tempo passato lì è tempo sprecato. Il sabato e la domenica si può fare. Ma passare il tempo tutti i giorni, parliamoci chiaro, vuol dire che sei disoccupato. Le persone con disabilità sono disoccupate. È un tema spesso sottovalutato». Così è nato un progetto di formazione. «Ci volevamo formare a lavorare, ma anche formare dei gruppi di lavoro» spiega il coordinatore. «Volevamo dare vita a un’azienda, un’impresa. Abbiamo formato tre gruppi: magazzino, cucina e marketing. Abbiamo professionalizzato queste persone secondo i loro interessi, valorizzando le attitudini dei ragazzi, supportati dalle famiglie che li conoscono». «Abbiamo evitato la tipica dinamica dei servizi del “cambio gruppo ogni settimana così imparo tutto”. Non è vero, non impari niente» continua. «Abbiamo curato tutti quei fallimenti di convivenza che portano a cambiare gruppo ogni cinque minuti. Ci sono stati cambi di gruppo solo entro finestre possibili, mentre il lavoro vero è stato dare un senso ai conflitti che si creavano: il problema non era cambiare gruppo, ma riuscire parlare con il collega con cui stavi lavorando. In questi tre reparti c’era un monitoraggio individuale, di gruppo e organizzativo». «Si è visto che che lavorare per i ragazzi con disabilità è faticoso» ci spiega Lupo. «A livello fisico, psicologico, ma anche identitario. La logica del lavoro come diritto non ti fa vedere che quando lavori per la prima volta hai paura di sbagliare. Ti senti incompetente, incapace. Passare dall’identità di disoccupato a vita all’identità di uno che potrebbe lavorare è stato per alcuni confusivo».
Dimmi chi è il tuo cane e ti dirò chi sei
Il progetto Mastri Biscottai è stato realizzato grazie a diversi consulenti. È stato fondamentale l’apporto di due chef, due nutrizionisti veterinari. «Ci hanno aiutato a definire delle ricette e, sul piano del marketing, a definire forme e linee di prodotto» ci spiega Nicola Lupo. «Abbiamo fatto delle ricerche di mercato e abbiamo visto che nella Regione Lazio ci sono dai 500 agli 800mila cani, 500mila soltanto a Roma. Abbiamo visto quali sono le abitudini, a partire dai tipi di cani, e abbiamo individuato quattro aree clienti». Così sono nate quattro linee di prodotto «I clienti con i cani a taglia molto piccola spesso sono persone sole con cani molto affettuosi, che cercano una vicinanza fisica. E per quelli ironicamente abbiamo fatto biscotti alle erbe per profumare l’alito. È per questo che è nato il gusto menta» spiega il coordinatore. «C’è una sottocategoria di padroni sportivi, che hanno il cane per andare a caccia, a funghi o per andare al parco a correre, o che lo portano a fare gite fuori porta: per questi cani sportivi abbiamo pensato di mettere delle proteine, e abbiamo fatto il biscotto al tonno». E poi sono nati altri due tipi di biscotti. «Il primo è il gusto zucca» continua. «Fra poco faremo tutto a chilometro zero, ma intanto la zucca ci sembrava un prodotto che potesse essere biologico fin da subito, per i padroni che sono attenti alla linea dei cani. E poi c’è un altro biscotto, alla banana, perché abbiamo visto che i cani hanno spesso bisogno di potassio, e la frutta ci sembrava un modo per venire incontro a questo aspetto». Il catalogo è fase di ampliamento. «Ne faremo uno al carrubo, un gusto simile alla cioccolata, e uno con dei tartufi di qualità interiore, per gli addestratori dei cani da tartufo».
Non siamo persone con disabilità, siamo mastri
Mastri Biscottai è un marchio dal nome non scontato. Non si punta sui cani, ma sul prodotto – i biscotti – e, soprattutto, sulla professionalità, con il nome “mastri” che ha un significato ben preciso. «Il primo logo era un cagnolino disegnato male, il secondo era disegnato bene, ma c’era un cane» ci racconta Nicola Lupo. «Per il terzo logo abbiamo pensato che Mastri Biscottai può produrre prodotti per cani, ma anche altre cose. Ci siamo voluti tenere larghi per avere più aree possibili di mercato. Pensiamo che non ci sia bisogno di nominare i cani nel progetto perché ormai siamo conosciuti. E poi perché, se il concetto è human grade, la questione è la professionalità. Il concetto di mastro, tipo chef, è la cosa che è richiesta di più. Non siamo persone con disabilità, siamo mastri».
Mastri Biscottai: prendersi sul serio
Mastri Biscottai è un progetto che può dare molto ai ragazzi con disabilità e migliorare le loro vite. Ma dove si può vedere il miglioramento? «Può sembrare una banalità ma la questione è prendersi sul serio» ci spiega Nicola Lupo. «Se litigo con una persona non cambio gruppo, ma cerco di capire quel litigio da dove arriva e come si può risolvere. Prendersi sul serio è pensare che certi comportamenti non derivano dall’essere disabile. La competenza a convivere in gruppo, in delle organizzazioni, è quella più rilevante». Ma prendersi sul serio è anche essere produttivi. «Se produco tre etti o tre chili, c’è differenza. «Perché io guadagno» spiega Lupo. «Abbiamo avuto anche altri tre finanziamenti di fondazioni ed enti locali. Nel progetto abbiamo inserito che il guadagno dei ragazzi sono le vendite divise in parti uguali». Sul piano dei sintomi, «litigare di meno è un indicatore», continua. «Essere felici di andare al lavoro invece di essere scontenti di andare al centro diurno è un altro. Dire di un altro ragazzo non è solo un mio amico, ma è un mio collega è un altro ancora. I ragazzi hanno imparato a esprimere le loro problematiche, a utilizzare la parola piuttosto che il litigio per parlare. Un’alternativa al litigio è parlare delle proprie emozioni. Ho paura di lavorare perché perdo la pensione, non so parlare, ho paura di non poter litigare quando devo dire la mia».
La fiducia nel futuro: un punto vendita
Ma un indice del miglioramento delle cose è anche e soprattutto la fiducia delle famiglie per il futuro. «È migliorata tantissimo durante il corso del progetto, tanto che le famiglie hanno comprato un locale, hanno fatto quell’investimento nel futuro, una cosa che di solito nelle famiglie con disabilità non si fa» spiega Lupo. Il nuovo punto vendita è in Via Luigi Kossuth, 25, in zona Portuense, a Roma. «Sarà un locale aperto al pubblico, dal lunedì al venerdì tutto il giorno e il sabato mattina, e organizzeremo eventi sul territorio» conclude Lupo. «Per noi sarà un banco di prova, vendere i prodotti e raccontare la nostra storia».