MELITA CAVALLO: SI FA PRESTO A DIRE FAMIGLIA
“Si fa presto a dire famiglia” non è solo il racconto di una vita spesa in Tribunale. È uno stimolo al cambiamento, una chiamata ad istituzioni e società civile ad una presa di responsabilità condivisa
29 Febbraio 2016
Mentre si discute di unioni civili, della legge Cirinnà e il Senato approva la fiducia sul maxiemendamento, mentre i nastri arcobaleno restano i veri protagonisti di un Sanremo forse un po’ meno paludato del solito, e i retrivi si avvicendano agli illuminati sui social, Melita Cavallo arriva in libreria con il suo “Si fa presto a dire famiglia” (Editori Laterza).
Già presidente del Tribunale per i minorenni di Roma, giudice minorile a Milano, Napoli e nella Capitale, nonché presidente della Commissione per le Adozioni internazionali e capo del Dipartimento per la Giustizia minorile, Melita Cavallo ripercorre quarant’anni di carriera, che sono anche quarant’anni di trasformazioni sociali, sia interne che esterne alla famiglia, di cambiamenti del ruolo femminile e di ripartizione della funzione genitoriale, di una profonda evoluzione strutturale della famiglia tradizionale, a cui sono andati affiancandosi altri e nuovi modelli di aggregazione familiare.
Racconta quanto, nel tempo, si sia trasformato «l’arcipelago dei legami affettivi». E lo fa attraverso il ricordo dei volti dei bambini e dei ragazzi che ha incontrato negli anni, di madri disperate o del tutto anaffettive, di padri feriti da donne amate intensamente, di genitori troppo impegnati nella rivendicazione reciproca per riuscire a prestare ascolto al disagio dei figli, «costretti a schierarsi, a barcamenarsi, sballottati e trascinati di qua e di là», bambini «impotenti e soccombenti, costretti ad assorbire violenza».
Per Melita Cavallo la risposta sta nella prevenzione
Storie come quella di Lira, 8 anni, di cui la madre chiede l’affidamento esclusivo dopo aver scoperto il legame omosessuale del marito o quella di Felicita, 5 anni, costretta ad interrompere i rapporti con il padre, accusato ingiustamente di molestie sessuali contro la figlia. Felicita, che nell’ultima udienza che ha stabilito la ripresa dei rapporti padre-figlia dice «Ora potrei mettere un accento sul mio nome e chiamami Felicità perché mia madre ha capito che è stato tutto sbagliato e non so come non l’hanno capito subito i giudici e gli avvocati…».
La storia di Lina, madre adottiva alla ricerca disperata dei genitori naturali del figlio diciottenne; di Luca, cresciuto felice con due mamme «senza fare alcuna differenza tra l’una e l’altra, tiranneggiandole in pari modo», che si erano rivolte al Tribunale per l’adozione mite; di Lucia, costretta a subire gli abusi del compagno della madre, senza trovare in lei un sostegno, assoggettata com’era ad un uomo della cui innocenza continua ad essere convinta. Di Irma, 7 anni, sottratta al padre italiano e condotta nel Paese d’origine della madre, che mai il padre, unico genitore affidatario, è riuscito a far rientrare in Italia e di cui si sono perse le tracce.
Storie paradigmatiche, attraverso le quali Melita Cavallo pone l’attenzione sulla sofferenza dei bambini, sull’indifferenza degli adulti di riferimento che quei bambini dovrebbero sostenere nel loro percorso di crescita psico-fisico, aiutandoli a diventare gli adulti sereni e consapevoli di domani, sull’impotenza dei servizi territoriali che «purtroppo intervengono quasi sempre in ritardo perché la segnalazione non arriva mai in tempo a causa dell’assenza di coordinamento tra le istituzioni».
Ma “Si fa presto a dire famiglia” non intende essere solo un racconto, il resoconto di una vita spesa in Tribunale, ma uno stimolo per il cambiamento, una chiamata alla comunità. Secondo Melita Cavallo, infatti, la risposta alle patologie che possono investire la famiglia sta tutta nella prevenzione, che non vuol dire solo potenziare gli aiuti alla famiglia e rafforzare i servizi socio-sanitari, quanto utilizzarli prima che il danno sia fatto e che si debba adire l’autorità giudiziaria. Per quanto le famiglie felici siano ancora la maggioranza, il numero di quelle problematiche è in aumento: secondo il magistrato minorile «Una maggiore attenzione delle istituzioni e della società civile consentirebbe, a costo zero, un miglioramento delle condizioni di vita dell’infanzia e dell’adolescenza sofferente». Perché «al di là dello spirito di solidarietà che pure sarebbe doveroso», la società civile dovrebbe rendersi conto che «per salvare i propri figli bisogna salvare i figli degli altri, non fosse altro che per evitare il “rischio contagio”».
Melita Cavallo
“Si fa presto a dire famiglia”
Editori Laterza, 2016
pp.188, € 15,00