MIGRANTI CON DISABILITÀ: UNA DOPPIA DISCRIMINAZIONE
Trovare lavoro è difficile, accedere a cure specifiche anche di più. Gli stranieri disabili aumentano nelle nostre scuole ma le loro esigenze spesso sfuggono a istituzioni e organizzazioni non profit
23 Giugno 2015
«Se, come si dice, “ogni vita è un romanzo”, questi romanzi non li abbiamo mai letti e non li conosciamo affatto»: la FISH – Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap, parla chiaro, la condizione dei migranti con disabilità di rado viene analizzata dalle statistiche o raccontata dalle ricerche nazionali. La percezione è anzi quella di un fenomeno sommerso, conosciuto poco persino dalle associazioni che lavorano sul territorio.
Con l’intento di affrontare il problema e proporre nuove soluzioni operative, è nato il progetto Migranti con disabilità: invisibili nell’emergenza, realizzato dalla FISH in collaborazione con le associazioni Villa Pallavicini e Nessun luogo è lontano. La ricerca ha indagato le condizioni di vita degli stranieri con disabilità in Italia, selezionato e organizzato i dati disponibili, analizzato la normativa nazionale di riferimento, raccolto le storie delle persone con disabilità (e/o dei loro familiari) migrate nel nostro paese.
La scuola
Insieme all’aumento del numero di stranieri residenti in Italia (che nel 2015 secondo l’Istat ha raggiunto i 5 milioni 73 mila) crescono anche gli studenti stranieri nelle nostre scuole. Secondo i dati del MIUR infatti, durante l’ anno sociale 2013/2014, gli alunni stranieri iscritti nelle scuole statali e non statali, di ogni ordine e grado sono stati 802.785 (il 9% del totale). Di questi, 26.626 erano migranti con disabilità. Basti osservare il dato relativo all’anno sociale 2007/2008, quando gli studenti con questa doppia vulnerabilità erano “soltanto” 11.760, per capire quanto il fenomeno sia in ascesa.
Negli ultimi anni, il maggior numero di alunni stranieri con disabilità si è registrato nella scuola primaria: le iscrizioni durante l’ a.s. 2013/2014 sono state infatti 11.227. Poco più bassa, nello stesso anno, la cifra relativa alla scuola Secondaria di I grado (8.198), mentre
scuola per l’infanzia e secondaria di II grado hanno registrato, dal 2007 al 2014, numeri nettamente inferiori ma ugualmente di rilievo.
Secondo la ricerca della FISH, la scuola rappresenta il principale riferimento per le famiglie straniere con figli disabili, anche per quanto riguarda l’accesso al complesso sistema dei servizi territoriali. Eppure, si registra la mancanza di una progettazione mirata sulla doppia dimensione che caratterizza gli alunni: politica scolastica e prassi didattica sembrano riservare molta attenzione alla disabilità, ma scarsa considerazione alla diversa appartenenza culturale dello studente. Non mancano poi i fenomeni di bullismo: «Sono stato trattato male dai compagni di classe – racconta uno dei migranti con disabilità intervistato dalla FISH – non volevo più andare a scuola».
Lavoro e sanità
I dati che analizzano il mondo del lavoro segnalano chiaramente il rischio di una doppia discriminazione per i migranti disabili che cercano un’occupazione nel nostro Paese. La ricerca della FISH precisa infatti che nel 2013 gli extracomunitari con disabilità iscritti agli elenchi unici provinciali del collocamento obbligatorio erano 13.108 su 676.775, pari all’1,9% del totale. Di questi, 4.906 erano donne. Nello stesso anno, gli avviamenti degli extracomunitari con disabilità sono stati 643 su 18.295 complessivi, pari al 3,5% del totale. «Ad un colloquio di lavoro mi hanno chiesto: “Diventerai sordo totale? Allora non ci interessi”», si legge tra le testimonianze raccolte dalla FISH.
Anche l’accesso alle cure sanitarie è tutto in salita, le procedure sono farraginose e spesso difficili da comunicare. L’obiettivo principale è ottenere lo status di straniero con disabilità (per cui è facile immaginare i lunghi tempi d’attesa): spetta ad Asl e Servizio Sanitario Nazionale compiere le verifiche per stabilire quali cittadini stranieri abbiano diritto alle prestazioni sanitarie, quali di queste siano garantite e quali invece siano a pagamento.
Le difficoltà burocratiche sono senza dubbio molte, ma per queste persone lo statuto di “invalido” diventa spesso più importante di quello di “cittadino”. Se ottenute infatti, le prestazioni assistenzialistiche in Italia sono migliori di quelle a disposizione dei migranti nei loro paesi d’origine (anche se il rischio di perderle è sempre in agguato).
Linee guida
In conclusione, il progetto della FISH segnala la mancanza di una rete che faccia lavorare insieme il sociale, la sanità, l’educazione e le famiglie. Le associazioni e le istituzioni dovrebbero agire a livello locale, approfondendo la condizione dei migranti con disabilità incontrandoli nel luogo dove vivono. È necessario assumere l’iniziativa: farsi carico delle situazioni di discriminazione (attività legale) e raccontarle per scioglierne la complessità (attività di comunicazione).
«La ricerca ha evidenziato come le persone migranti con disabilità affrontino problemi e discriminazioni in sostanziale solitudine – dice il presidente della FISH Vincenzo Falabella – Si tratta di un fenomeno poco conosciuto nel suo complesso e per il quale né le istituzioni né le organizzazioni della società civile riescono a fornire risposte adeguate. Al nostro stesso mondo associativo, composto in gran parte da volontari, chiediamo innanzitutto di avere un atteggiamento attivo, per poter incontrare e conoscere le persone con disabilità che provengono da altri paesi e altre culture: incontro e conoscenza sono le premesse indispensabili per avviare azioni efficaci di promozione dei diritti e di stimolo a politiche pubbliche mirate».