MIGRANTI E INFORMAZIONE TRA LUOGHI COMUNI E HATE SPEECH
Notizie false e informazioni incomplete alimentano la polarizzazione. La sfida dell'informazione per smettere di essere una "fabbrica della paura"
14 Settembre 2017
Migranti e migrazioni. Tema importante a livello politico, spesso oggetto di strumentalizzazioni, tema caldo per le chiacchiere da bar e le moderne, più violente, chiacchiere da Social. Anche il modo dell’informazione è chiamato inevitabilmente ad affrontare il tema, con il potere di alimentare, in un modo o nell’altro, la discussione o lo scontro politico, da bar o da social. Come lo sta facendo? Su questo ci si è interrogati durante il corso di formazione per giornalisti “L’informazione: da fabbrica della paura a strumento di pace”, organizzato dal Cesv e Caritas Italiana giovedì 8 settembre a Roma.
PERCEZIONI E TERMINOLOGIA. La percezione del tasso di immigrazione da parte della popolazione italiana è il triplo del dato reale, con un errore ancora più ampio sul numero di musulmani (dati indagine IPSOS-Mori) e anche la percezione sul tasso di delinquenza tra i migranti è più alto della realtà.
L’informazione gioca ovviamente un ruolo fondamentale nelle dinamiche che portano a queste distorsioni, rischiando di alimentarle o non riuscendo a diminuirle per diversi motivi. Il primo è quello legato alla terminologia, che, come ben illustrato durante il corso di formazione da Marco Binotto, ricercatore presso l’Università La Sapienza di Roma, alimenta da trent’anni la paura e l’allarme nei confronti dell’immigrazione.
La retorica dell’invasione, l’enfasi posta sugli sbarchi, la caratterizzazione dei criminali (e delle vittime) in primis attraverso la loro nazionalità, la perpetua associazione sicurezza-immigrazione, la necessità della “linea dura” con i migranti, sono tutti elementi che ricorrono sui giornali, di diversi orientamenti, fin dagli anni ’90 e che hanno contribuito e contribuiscono alle discrepanze tra percezioni e realtà legate all’immigrazione.
Qualche passo in avanti è stato fatto con la Carta di Roma, il protocollo deontologico concernente richiedenti asilo, rifugiati, vittime della tratta e migranti redatto da FNSI (Federazione Nazionale della Stampa Italiana) e dall’Ordine dei Giornalisti, che ha permesso di cancellare dalla stampa terminologie errate e fuorvianti, come quella di “clandestino” con il quale per anni venivano chiamati indistintamente tutti gli immigrati in arrivo in Italia.
NARRAZIONI INCOMPLETE. Il racconto dell’immigrazione sulla maggior parte dei media è quasi sempre incompleto. « I migranti sono sempre oggetto e mai soggetto della narrazione dell’immigrazione» ha spiegato durante il corso Eleonora Camilli, giornalista di Redattore Sociale «una narrazione spesso incompleta e sbilanciata, dove manca il racconto dei milioni di immigrati che sono da anni in Italia, i filippini, gli albanesi, i marocchini che sono alle seconde, a volte alle terze generazioni e che stanno vivendo anche un fenomeno di ritorno dei propri Paesi.
Manca il racconto dei contesti di provenienza con una tendenza a fare un unico grande calderone riguardo persone che vengono da Paesi distanti e diversi, con problematiche e culture diverse. Manca anche il racconto dell’emigrazione italiana sempre più in crescita. Tutta l’attenzione si concentra su 150-180mila persone che sbarcano alle quali non viene concessa alcuna soggettività».
Le motivazioni sono diverse, dalla necessita di scrivere cose “che vendano”, «alle difficoltà degli Esteri nei mainstream italiani, con corrispondenti che devono seguire tutto e non possono farlo in modo approfondito. “Ci si affida ai giornalisti freelance» spiega Eleonora Camilli «che spesso fanno un buon lavoro ma manca una narrazione completa e costante che porta a lacune importanti. Un esempio su tutti la Libia, fondamentale per le politiche che stanno mettendo in atto i Paesi Europei, la cui situazione politica non viene raccontata abbastanza».
NOTIZIE FALSE E HATE SPEECH. Dall’informazione incompleta a quella “criminale” che fomenta lo scontro e l’odio attraverso la disinformazione. «Il buon racconto sull’immigrazione ha come presupposto la necessità di attenersi alle regole deontologiche di base, prima fra tutte la veridicità dei fatti» ha sottolineato Eleonora Camilli «palesemente violata ad esempio dai titoli di alcuni quotidiani nazionali legati alla morte della bambina per malaria. Preoccupa prima di tutto la diffusione di fatti privi di veridicità, non tanto la loro strumentalizzazione».
Oltre alla malafede entrano in gioco spesso dinamiche che non consentono un fact checking accurato, con la velocità con cui si vogliono pubblicare le notizie che porta alla diffusione di notizie false. Caso emblematico e recente è quello accaduto al Tiburtino III, il centro di accoglienza gestito dalla Croce Rossa a via del Frantoio a Roma, dove si era diffusa la notizia di un’aggressione a dei bambini con lanci di sassi e il tentativo di sequestro di una donna da parte di un immigrato che ha causato degli scontri fuori e dentro il centro tra immigrati e un gruppo di residenti. Articoli, condivisioni, rabbia contro i migranti, per poi scoprire che la donna si era inventata tutto e con la notizia, questa sì grave e vera, dell’accoltellamento di un richiedente asilo all’interno di un centro di accoglienza della Croce Rossa, rimasta come dettaglio residuale.
VIA CURTATONE. Lo sgombero dei migranti dallo stabile occupato in via Curtatone a Roma e le vicende che ne sono seguite sono un altro esempio nel quale le carenze dell’informazione di cui abbiamo parlato finora sono state evidenti.
Eleonora Camilli, che ha seguito la vicenda da vicino e che era presente il giorno delle cariche della polizia in piazza Indipendenza, ha sottolineato come, anche in quell’occasione, «si è parlato molto del giorno dello sgombero, tralasciando alcune parti, non spiegando chi erano quei migranti, da dove venivano, perché vivevano lì. Un’occupazione conosciuta , controllata, dove la maggior parte delle persone erano titolari di protezione internazionale e in possesso di documenti.
Si è posta l’enfasi sugli scontri nella piazza, sulla prima carica della polizia, dove si vedevano le bombole in possesso degli immigrati, non è stata raccontata la seconda carica, a metà mattinata, contro le persone, per la maggior parte donne, che cercavano di recuperare i loro averi».
Di nuovo articoli, servizi, centinaia di commenti riguardo le bombole, gli idranti, la foto della carezza del poliziotto alla migrante in lacrime, l’audio del “se tirano qualcosa spezzategli un braccio”, prese di posizione, accuse, insulti. Una polarizzazione che viene favorita e alimentata anche dalle carenze dell’informazione. Ma cosa possiamo fare affinché l’informazione smetta di essere una “fabbrica della paura”? «Oltre a combattere contro le notizie false dobbiamo cercare di far diventare notizie quelle ai margini per contrastare questa narrazione parziale e far tornare i migranti soggetto attivo e non solo oggetto del racconto dell’immigrazione».