MINORI IN COMUNITÀ: SONO 23MILA, SOPRATTUTTO ITALIANI, TRA I 14 E I 17 ANNI
I numeri della ricerca dell'Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza per il triennio 2018-2020. Roma al quinto posto nella graduatoria dei distretti con maggior numero di minori
25 Ottobre 2022
In 3.605 comunità per minorenni attive in Italia sono ospitati 23.122 bambini e ragazzi: 6 su 10 sono italiani e hanno soprattutto fra i 14 e i 17 anni. Le cifre, riferite al 31 dicembre 2020, sono state pubblicate dall’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza in una raccolta dati realizzata in collaborazione con le procure presso i Tribunali per i minorenni, La tutela dei minorenni in comunità, ricerca alla sua quarta edizione che analizza il triennio 2018-2020. Il volume, «senza pretese di esaustività, si propone appunto quale strumento di conoscenza: una finestra sulla realtà dei minorenni privati temporaneamente dell’ambiente familiare, con il fine ultimo di dare sempre maggiore attuazione ai principi enunciati dalla Convenzione Onu sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, con particolare riferimento al superiore interesse del minore solennemente sancito dall’articolo 3», ha commentato la garante Carla Garlatti.
Una forte difformità territoriale
Le strutture analizzate comprendono comunità familiari, comunità terapeutiche e strutture di accoglienza genitore-bambino. In calo, rispetto alla fine del 2017, sia i minorenni in comunità (erano 32.185) sia il numero di strutture che li accolgono (erano 4.027). «Nel 2020, dunque, si rileva un calo di circa 9mila ospiti, riconducibile per lo più alla diminuzione dei minorenni stranieri non accompagnati (Msna) presenti nel nostro Paese. Questi ultimi sono passati – stando ai dati del Ministero del lavoro e delle politiche sociali – dai 18.303 del 31 dicembre 2017 ai 7.080 del 31 dicembre 2020», nota il Rapporto. Il numero medio di ospiti per struttura a fine 2020 è 6,4 a livello nazionale, che corrisponde alla media nella Capitale (mentre supera i 10 a Bolzano e Trieste). I distretti con maggior numero di minorenni sono Milano (13,4%), Palermo (11,1%), Bologna (8,9%), Napoli (7,5%), Roma (6,6%) e Venezia (6%). Roma si colloca quindi al quinto posto nella graduatoria nazionale. «C’è una notevole difformità tra territori», osserva Garlatti. «Ciò non è riconducibile solo al numero degli minori stranieri non accompagnati, ma anche a una diversa presenza dei servizi sociali. Infatti, a un numero maggiore di minorenni allontanati dal nucleo familiare d’origine non corrisponde necessariamente una condizione di maggior disagio del territorio, poiché l’attivazione degli interventi di protezione potrebbe essere riconducibile a una più attenta e diffusa attività di monitoraggio e prevenzione ad opera dei servizi».
Il 55% degli ospiti ha un’età compresa tra 14 e 17 anni, il 15% tra 6 e 10 e il 14% tra 11 e 13. Sono presenti anche maggiorenni, che su base nazionale risultano 2.745 al 31 dicembre 2020, pari all’11,9% del totale. La maggior parte dei minorenni in comunità è di cittadinanza italiana (55% nel 2018, 61% nel 2019 e 60% nel 2020). Gli stranieri a fine 2020 sono il 40%, dei quali il 24% Msna. Il 61% è di genere maschile e il 39% femminile. Per circa il 26 % i tempi di permanenza in struttura sono superiori a 2 anni, ma il dato si riferisce al 65% dei minorenni in comunità presenti in Italia.
La ricerca approfondisce anche i motivi dell’inserimento in comunità. Secondo i dati forniti da 18 procure su 29, il 78% dei minori presenti nelle strutture a fine 2020 è arrivato su disposizione dell’Autorità giudiziaria, il 12% per decisione consensuale dei genitori e il 10% per allontanamento d’urgenza ai sensi dell’articolo 403 del codice civile riformato ed entrato in vigore lo scorso 22 giugno, che recita: «Quando il minore è moralmente o materialmente abbandonato o si trova esposto, nell’ambiente familiare, a grave pregiudizio e pericolo per la sua incolumità psicofisica e vi è dunque emergenza di provvedere, la pubblica autorità, a mezzo degli organi di protezione dell’infanzia, lo colloca in luogo sicuro, sino a quando si possa provvedere in modo definitivo alla sua protezione».
L’importanza della formazione
Di rilievo il fatto che per la prima volta sia stato pubblicato il numero dei controlli effettuato dalle procure minorili sulle comunità. Il comma 3 dell’articolo 9 della Legge 184/1983 attribuisce al procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni un potere ispettivo da esercitare presso le strutture residenziali del distretto di competenza che ospitano i minorenni. Un record in termini assoluti tra ispezioni e sopralluoghi compiuti nel corso 2020 si registra a Bologna (704 su 352 strutture), seguita da Roma con 364 controlli su 255 strutture, anche se «il periodo di emergenza sanitaria, nonché le problematiche inerenti alla carenza di personale, hanno costituito un ostacolo per l’attività ispettiva». Le procure di Reggio Calabria e Genova non hanno effettuato ispezioni, mentre le procure di Milano e Trento non hanno comunicato il numero di ispezioni svolte.
«È bene precisare che l’intempestiva attivazione degli interventi può, in alcuni casi, comportare un aggravamento della situazione e il conseguente prolungamento delle tempistiche necessarie al rientro del minorenne in famiglia», osserva la Garante, concludendo: «L’efficacia degli interventi e la realizzazione di un sistema di équipe interdisciplinare non possono prescindere da una formazione appropriata di tutti gli operatori coinvolti, che deve iniziare nell’ambito dei percorsi universitari e proseguire in maniera permanente attraverso moduli che prevedano il confronto fra più discipline. Sarebbe auspicabile, inoltre, il coinvolgimento nelle attività di formazione di giovani che abbiano sperimentato la realtà dell’affidamento a una struttura, al fine di condividere vissuti, criticità e suggerimenti». Senza dimenticare «la partecipazione di bambini e ragazzi accolti nelle comunità per minorenni, ai quali deve essere offerto uno spazio di ascolto e confronto al fine di migliorare l’intero sistema non solo per loro, ma con loro».