
MINORI MIGRANTI E INFORMAZIONE. DIAMO VOCE AI RAGAZZI, È IL PRIMO PASSO PER CAMBIARE LA NARRAZIONE
Nel racconto della migrazione sui media i minori vengono rappresentati poco, e mai con la loro voce. Di bambine, bambini e adolescenti viene rappresentato lo status migratorio prima che la minore età, le vulnerabilità, i diritti. Il rapporto UNICEF e Carta di Roma
28 Marzo 2025
5 MINUTI di lettura
ASCOLTA L'ARTICOLO
UNICEF e l’Associazione Carta di Roma hanno presentato il rapporto Tra realtà e rappresentazione: minorenni migranti e rifugiati nei media e il ruolo dell’informazione. Dall’indagine che, realizzata dall’Osservatorio di Pavia, analizza come minori migranti e rifugiati sono rappresentati nei programmi di infotainment, telegiornali, stampa e nei social media, emerge quanto questo tema sia affrontato in modo marginale e con un approfondimento ridotto.
I bambini sono rappresentati come migranti prima che minori
Sebbene il tema sia affrontato in media in circa 500 articoli ogni mese e ottenga circa 5000 menzioni per mese sui social media, alcuni elementi si ripetono con frequenza in tutti i media analizzati. Se il tema è coperto dal 46% dei programmi di infotainment con focus migrazione, nel caso dei TG la percentuale cala all’1,4% e nella stampa al 10%. Di bambine, bambini e adolescenti viene rappresentato lo status migratorio prima che la minore età, le vulnerabilità, i diritti. «In questo modo rischiamo di privarli della loro individualità» ci spiega Nicola Dell’Arciprete, coordinatore UNICEF della risposta a favore di minorenni migranti e rifugiati in Italia. «Li riduciamo a una categoria generica, ignorando le loro storie personali, le loro aspirazioni e i loro diritti, che dovrebbero essere garantiti a prescindere dall’origine. Inserirli nella più ampia narrazione sulla migrazione – spesso associata a emergenze o tensioni sociali – alimenta stereotipi e può influenzare negativamente l’opinione pubblica. Questo approccio non solo limita la possibilità di costruire politiche più inclusive e mirate, ma impedisce anche di vedere questi ragazzi per quello che sono: individui con talenti, sogni e capacità, non solo “minorenni migranti”. Dobbiamo cambiare prospettiva e raccontare le loro storie con maggiore autenticità e rispetto».

Nessuno racconta le storie di inclusione
In media nei TG e nella stampa il 35% delle persone che intervengono sul tema sono politici ed esponenti istituzionali, nel caso dell’infotainment 3 su 10 sono invece politici e giornalisti. 7 pezzi su 10 riguardano tragedie in mare, problemi legati all’accoglienza e politiche migratorie. In questo modo resta poco spazio invece per storie di inclusione. «Spesso i media si concentrano sugli aspetti più drammatici della migrazione», commenta Dell’Arciprete. «Questo, però, lascia in ombra le tante storie di inclusione e di successo che esistono e meriterebbero di essere raccontate. Dar loro visibilità non è solo una questione di giustizia, ma anche di equilibrio: aiuta il pubblico a vedere la realtà nella sua complessità e offre ai ragazzi e alle ragazze migranti il riconoscimento che meritano, come individui che contribuiscono alla società, non solo come destinatari di aiuto. Per farlo, serve un cambio di approccio: più spazio alle loro voci, un linguaggio che non stigmatizzi e una narrazione che mostri anche i percorsi di crescita e di integrazione». «Ampliare lo sguardo ad altri temi come le arti, l’economia, l’istruzione, potrebbe aiutare a sviluppare una narrazione che muove dal punto di vista dei ragazzi» aggiunge Paola Barretta, portavoce dell’Associazione Carta di Roma. «Com’è accaduto con i servizi sul film Io Capitano di Matteo Garrone, in cui stampa e tv si sono focalizzate sugli individui prima che sullo status di migranti e non sulla necessità ma sul sogno e i desideri che hanno animato il viaggio».
Minori migranti: voci da ascoltare per cambiare il racconto
I minori migranti sono solo il 9% delle persone che intervengono sul tema nei programmi di infotainment, una percentuale che scende al 5,7% nella stampa e allo 0,1% nei telegiornali del prime time. «Il racconto sulla migrazione è spesso filtrato da adulti, politici o opinionisti, che parlano al posto loro e su di loro», spiega Dell’Arciprete. «I media tendono a presentarli come “oggetti di cronaca”, invece che come individui con un’identità e una storia personale. È vero che raccontare le loro esperienze richiede attenzione e tutela, ma ci sono modi sicuri ed efficaci per farlo. Dobbiamo creare spazi in cui possano esprimersi direttamente, attraverso interviste, reportage o iniziative che li coinvolgano in prima persona. Anche nella scelta degli esperti e degli opinionisti possiamo fare la differenza: chi meglio di loro può raccontare cosa significa crescere in un nuovo Paese, affrontare le sfide dell’integrazione e costruire un futuro? Dare voce ai ragazzi è il primo passo per un cambiamento reale nella percezione pubblica della migrazione».

Applicare la deontologia
Per garantire la protezione delle persone di minore età migranti e rifugiati si dovrebbero applicare le disposizioni previste dalle carte deontologiche: quanto e come si riescono oggi a far rispettare queste norme? «Il nuovo Codice deontologico per giornaliste e giornaliste, approvato lo scorso dicembre, che entrerà in vigore il 1° giugno, prevede alcuni articoli specifici – l’articolo 14 per le persone migranti e rifugiate – proprio per tutelare la correttezza e l’accuratezza di alcuni soggetti, tra cui i minori che si ritengono, giustamente, meritevoli di una protezione rafforzata», spiega Paola Barretta. «Capire quanto si riesca a far rispettare le norme del Codice è complicato, ma ciascun soggetto può rivolgersi al Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti e a ciascun Consiglio Regionale per segnalare eventuali violazioni. Tuttavia c’è molta più attenzione rispetto al passato soprattutto quando la violazione riguarda persone minorenni». Anche il rispetto della privacy, soprattutto nel caso di minori migranti, è un tema. «Vi sono casi in cui è possibile rendere visibile il minore» spiega la portavoce di Carta di Roma. «Pensiamo a tutte le situazioni in cui è collocato in modo positivo e inclusivo e non vi è alcun danno alla sua dignità».
Pluralismo dell’informazione: fornire gli strumenti per conoscerlo
È necessario rafforzare la supervisione editoriale e delle principali piattaforme digitali. Ma queste piattaforme, oltre ai profili e pagine di giornalisti e testate, sono in mano anche ai privati cittadini. Come fare a controllare il sistema mediatico che si è creato oggi? «Abbiamo conosciuto, negli ultimi anni, un impegno da parte di molte organizzazioni nazionali e internazionali nel contrasto alla disinformazione e di educazione dei media» ci spiega Paola Barretta. «Credo che sia una strada importante da continuare a percorrere, soprattutto per la diffusione di consapevolezza delle fonti: dove mi sto informando? Chi mi sta raccontando questa storia? Perché? I nuovi media hanno ampliato il pluralismo dell’informazione. Pensare di controllarlo credo sia impossibile. Fornire degli strumenti per conoscerlo credo sia fondamentale».
