MISSIONE SOLIDARIETÀ: IL VOLONTARIATO DI STRADA CHE PUNTA SULLE RELAZIONi

Per aiutare gli homeless non basta distribuire pasti: occorre incontrare le persone e stabilire relazioni amicali

di Mirko Giustini

C’è un tipo di volontariato che richiede uno sforzo per superare il dilettantismo. Certo, ogni persona di buona volontà è sempre ben accetta: tutti hanno il diritto e il dovere di impegnarsi in una causa, qualunque essa sia. Quando però si tratta di approcciare donne e uomini in gravi situazioni di disagio, non è possibile commettere errori. Chi ci prova è Missione Solidarietà, il gruppo che una o due volte a settimana distribuisce pasti e coperte ai senza fissa di piazza San Pietro e del lungotevere a Roma. La cucina dove vengono preparate le circa cento vivande giornaliere è quella di Angelo Romeo, docente universitario di sociologia presso le università di Roma e Perugia, nonché fondatore della onlus.

Concentrarsi sul dialogo

Romeo, quarant’anni, è attivo in diverse realtà del Terzo settore cittadino da diverso tempo. Dalle sue esperienze passate si è reso conto che, nel contatto con gli ultimi, l’elemento che spesso viene trascurato è il valore dell’incontro. Spesso infatti l’ansia di dover coprire grandi aree nel più breve tempo possibile costringe i volontari a concentrarsi soprattutto sull’assegnazione dei beni, trascurando il dialogo con i destinatari.

 

Missione Solidarietà
Tende di homeless sul Lungotevere

Eppure coloro che vivono tra via della Conciliazione e strade limitrofe non sono numeri, bensì persone con esigenze specifiche, su tutte quella di condividere. Sono poche le persone che di giorno e di notte le notano e si fermano a parlare con loro. Per far fronte a questa carenza, il docente ha preferito mettersi in proprio e concentrarsi sul dialogo.

«I poveri possono insegnarci molto di più di quanto ci possiamo aspettare», esordisce Romeo. «È un percorso che porta a guardare gli altri in maniera differente, come una sorta di completamento del proprio percorso di vita. È necessario arrivare a concretizzare in gesti quanto si afferma a parole: non doniamo solo cibo e coperte, ma costruiamo delle relazioni amicali nella speranza che durino nel tempo. In questo modo l’intervento non è generico, bensì differenziato e personalizzato. Prendiamo nota di quanto queste donne e questi uomini hanno bisogno e nei nostri limiti proviamo a compensare come possiamo. Ho cominciato da solo, poi si sono aggiunti conoscenti, colleghi e persino alcuni tra i miei studenti: una grande esperienza di amicizia».

L’importanza della preparazione

Nonostante il gruppo sia attivo da diversi anni, si è costituito ufficialmente solo nel 2019. Poi il Covid 19.

Missione solidarietà
Volontari d Missione Solidarietà nei pressi di San Pietro

«Secondo me diventare associazione significa rendere stabile quanto già c’è», specifica il professore. «Non credo si possa partire da zero, senza esperienza. Certo, nessuno sarà mai veramente pronto a incontrare i più bisognosi e ad anticipare qualsiasi scenario. Eppure sono convinto che occorra una preparazione approfondita. Parliamo di persone diverse con vite diverse e se si improvvisa si rischia di fare del male. Soprattutto in questo periodo, in cui la povertà è aumentata a causa della diffusione del Coronavirus, è necessario avere più accortezza nel contatto. La pandemia ha incrementato tanto il disagio sociale quanto quello psicologico, rendendo i più fragili ancora più soli. In alcuni casi è stato difficile far capire l’importanza del rispetto del distanziamento sociale, specialmente durante la zona rossa».

Il peso della crisi

Anche Missione Solidarietà, come tutte le altre associazioni del territorio, ha subìto il contraccolpo della crisi economica. «In questi mesi così difficili siamo stati aiutati dal passaparola di amici e conoscenti e dalla solidarietà di benefattori privati. Medici e commercianti, ad esempio, ci hanno donato mascherine e igienizzanti utili a rispettare le misure preventive per contenere la pandemia. Non possiamo dire lo stesso delle amministrazioni pubbliche», racconta il presidente . «La nostra è un’attività di strada e non possiamo non registrare un grave incremento delle povertà. Spero che il prossimo primo cittadino della capitale possa fornire un contributo più incisivo all’emergenza freddo, disagio comune sia ai quartieri centrali che periferici».

 

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