MOSCERINE FILM FESTIVAL: IL MONDO VISTO DAGLI OCCHI DEI BAMBINI
Moscerine Film Festival è dedicato ai film realizzati da bambini e ragazzi fino ai 12 anni, organizzato da Le Moscerine. Baratta: «Un Festival che ci fa entrare nel loro mondo»
19 Maggio 2023
Da un paio d’anni c’è un festival del cinema molto speciale, che ci permette di vedere il mondo con gli occhi dei bambini. Moscerine Film Festival, infatti, è il festival dedicato ai film realizzati da bambini e ragazzi fino ai 12 anni. Sabato 6 maggio si è tenuta la cerimonia di premiazione, con la madrina del festival, l’attrice Margot Sikabonji, e le bambine Aurora Saracino e Azzurra Dottori. Il premio per Miglior cortometraggio è andato a “Il Sirenetto” di Caterina Pallini, una favola d’amore in cui l’incontro tra mondi diversi si mischia alla poesia e alla difesa del mare. La Miglior regia è quella de “Le disavventure di un Angelo: Alieni vs Zombie” di Angelo Bottone, un racconto horror sull’importanza del vivere concretamente la realtà al di fuori della virtualità. Angelo ha vinto anche il premio per il Miglior attore. Miglior idea originale è per “Vita da cane” di Matilde Piccolo, un poetico ritratto in cui lo sguardo e la prospettiva è quella del cagnolino Otto della regista. La Miglior attrice è Allegra Sireci per “Lilith e le sue figlie”, e la Miglior sceneggiatura è quella del film neozelandese “My Superpower” di Maxwell Willliam Andrews. Per la sezione Focus Scuole il Miglior film se lo aggiudica Alice nella Dad delle Meraviglie” di Francesco Faralli in cui la favola di Alice nel Paese delle meraviglie è calata nel mondo della Didattica a distanza, mentre il premio Young creator per i video sotto i 90 secondi va a Dottoressa Biancaneve di Irene e Flavio Pallone, un dialogo a due su quello che si vuol fare da grande.
Un uso più creativo, costruttivo e maturo dell’immagine
Andare a vedere alcuni dei film che si sono distinti in questa seconda edizione del Moscerine Film Festival permette di guadare da vicino i ragazzi di oggi. Da un lato, per capire come la creatività e la familiarità con le nuove tecnologie faccia parte della loro vita quotidiana. Dall’altra, per entrare nella loro testa e capire le cose a cui tengono. Che non sono affatto banali. Ma, prima di tutto, chiediamo a Nina Baratta, fondatrice dell’associazione culturale Le Moscerine e direttrice artistica del festival, come è nata questa idea. «Nasce dall’associazione» ci spiega. «12 anni fa abbiamo iniziato a lavorare con i bambini, con l’arte a 360 gradi, in particolare con l’educazione all’immagine. Lavoriamo nelle scuole per far familiarizzare i bambini con l’immagine in movimento, film e fotografia, e per farne fare un utilizzo più creativo, costruttivo e maturo, e non solo un uso passivo. Siamo in un periodo storico in un cui le immagini trasmettono contenuti, messaggi, e sono complesse da elaborare. I bambini sono bombardati quotidianamente da queste immagini. Vietare non funziona: sarà il loro modo di comunicare. E, al solito, noi adulti cerchiamo di dare quegli strumenti che li rendano partecipi e attivi in questo nuovo mondo digitale». «Dopo anni in cui abbiamo fatto questo tipo di lavoro ci siamo accorti che poi mancava uno spazio dove questi bambini potessero raccontarsi attraverso le immagini» continua Nina. «Così abbiamo pensato a un Festival dedicato a una fascia particolare e delicata, 0-12 anni, per dare loro uno spazio di visibilità. E che potesse farci entrare nel loro mondo, vedere il mondo attraverso i loro occhi. È la seconda edizione, siamo giovani come i nostri partecipanti».
Ambiente e uso corretto dei social nei racconti dei bambini
Vedere il mondo attraverso gli occhi di questi ragazzi è proprio la cosa più preziosa di questa iniziativa. «Ci sono dei temi più ricorrenti» ci spiega Nina Baratta. «Quest’anno c’è stata molta attenzione all’ambiente, all’utilizzo corretto dei social all’interno dei messaggi dei bambini. I generi sono molto vari. Anche l’anno scorso si spaziava dal documentario alla fiction, dall’horror alla commedia. Quest’anno è stato molto utilizzata la stop motion, con pupazzetti di vario genere». Ed è una cosa che sorprende, visto che la tecnica di stop motion, o passo uno, prevede una pazienza certosina nel posizionare i personaggi, fotografarli e montare tutto per creare l’impressione dell’immagine in movimento. «Sono rimasta sorpresa, la parola pazienza è molto importante» rifletta la fondatrice de Le Moscerine. «Che i bambini in questo periodo storico hanno un po’ perso per la loro abitudine di vedere le immagini molto velocemente, di scrollare le pagine web dal cellulare. E vedere dei prodotti in cui non solo hanno dovuto immaginare, ma creare un progetto e farlo con tempi lunghi è stato sorprendente».
Poesia, recitazione, immaginazione
Abbiamo deciso così di conoscere tre dei giovanissimi artisti vincitori di questa edizione. E, prima di intervistarli, abbiamo chiesto a Nina Baratta di introdurre i tre film. «Il Sirenetto è poetico» ci spiega. «Ed è molto visivo. La sensazione alla fine del corto è quella di aver letto un libro. Ed è una sensazione che pochi film riescono a lasciare. E intendo film girati da adulti». «Angelo Bottone è un grande oratore, ha la capacità di raccontare delle storie» continua. «E fa dei monologhi straordinari, inserendo dei concetti e una morale. Trovo straordinario che abbia partecipato il primo anno, quando ha vinto lo stesso premio, essendo un grande attore, e mi abbia detto: “questo è il primo film, ho già scritto la trilogia”. Come tutti i grandi registi aveva già progettato tutto. È sempre fedele a se stesso». «Vita da cane è molto bello e ben costruito» conclude. «Mi è piaciuta la capacità di Matilde di mettersi nei panni del suo cane. I pensieri sono quelli che potresti immaginare pensando a un cagnolino».
Caterina Pallini: Il Sirenetto è una storia ecologica
“Il Sirenetto” di Caterina Pallini ha vinto il premio per il miglior cortometraggio. È un film trascinante, coinvolgente, che avvolge e coinvolge con le sue immagini girate in acqua e sott’acqua. E per la dolcezza della sua protagonista, che è anche in primo piano nel film. Quella bambina che ama tanto nuotare, a forza di farlo incontra un amico, un “Sireno” lo chiama lei nella storia. Il Sirenetto è un film che racchiude tutto l’amore di Caterina per il mare. «A me piace il mare perché immagino di essere un pesce e mi diverto a nuotare» ci racconta Caterina, otto anni. «Le scene sono girate da varie parti, alcune in Sicilia». È una storia che riprende quella famosa de La Sirenetta, certo. Ma con una grande novità. A differenza della protagonista della fiaba di Andersen, il protagonista qui diventa umano perché il mare lo premia: il Sireno lo ha aiutato con i rifiuti, a togliere tutta la sporcizia che aveva dentro. E, così, per riconoscenza, il mare lo ha trasformato in un bambino. La forza di questo film, allora, è nel suo potente e sentito messaggio ecologico. «Mi dispiace molto che sia inquinato, perché tengo alla natura». Il film nasce da alcune riprese di Caterina al mare e sott’acqua, su cui poi è stata costruita la storia, che vediamo anche nei bei disegni dell’autrice. «Prima mi sono fatta venire in mente la storia e poi l’ho disegnata». Caterina ci tiene anche a dirci una cosa molto importante. «Ho scelto un mio amico a cui voglio tanto bene per recitare nel film» ci racconta. «Si chiama Sebastiano». Ed è lui il perfetto Sirenetto della storia.
Angelo Bottone: Zombie e alieni per raccontare come usiamo gli smartphone
“Le disavventure di un Angelo: Alieni vs Zombie” di Angelo Bottone, che ha vinto il premio per la Miglior regia e il Miglior attore, è una vera sorpresa. Angelo è immediatamente simpatico, empatico, comunicativo. E il colpo d’occhio è potente: il nostro protagonista compare su un’astronave: ci dice subito che si trova nello spazio e che vuole tornare a casa. Dopo una spassosa gag sulla scelta dell’abito giusto, arriva sulla Terra. Entra in una serie di locali, e vede solo zombie. Ma, a una vista più attenta, capiamo che sono solo ragazzi che stanno guardando il loro smartphone, con un’aria assente (a interpretarli è sempre Angelo). Poi, in giro, vede anche degli alieni. Ma anche questi, a uno sguardo attento, si capisce che sono dei ragazzi normali (sempre interpretati da lui). Il film di Angelo Bottone è riuscito per la verve del suo attore protagonista e per come maneggia i generi dell’horror e della fantascienza, quelli che ama di più. Ma, soprattutto, Angelo usa con maestria la metafora: gli zombie, così, simboleggiano chi è tra noi ma è come se fosse morto, privo di qualsiasi espressione, fisso sullo schermo di un cellulare. La storia è sentita, e nasce da un’esperienza personale. «Quando era più piccolo mio fratello giocava sempre con me» ci racconta Anglo, dieci anni, quasi undici. «Quando ha preso il cellulare ogni volta che gli chiedevo di giocare diceva: no, ancora 5 minuti, sto vedendo i messaggi di scuola, sto facendo i compiti. Ancora oggi, a scuola, in giro, vedo dappertutto gente con il cellulare». Gli chiediamo come sia riuscito a maneggiare così bene i generi cinematografici e come abbia fatto un perfetto uso di una metafora. «Sono appassionato di film di fantascienza e di horror» spiega. «Quando ho visto un film con gli zombie mi è venuto in mente questa idea: invece di mettere delle persone vere che guardavano il cellulare, di inserire degli zombie. Loro ci sono ma non ci sono perché sono morti. Gli alieni li ho messi perché tutti noi pensiamo che gli alieni sono brutti, cattivi. Ma è una fantasia: essere alieni significa essere fantastici». Angelo ha scritto e interpretato il film e lo ha anche montato. «È da quando ho sei anni che uso il computer, che faccio programmazione» ci spiega. «Ho trovato questo programma già impostato su Microsoft, e ho visto che serviva per montare video. E ho detto: sperimentiamo. Ho messo le cose a caso e poi le ho sistemate. Ed è uscito quello che è uscito». Si è trattato di un lavoro molto lungo, che in tutto, tra riprese e montaggio, è durato due mesi. «Io non ho il cellulare» ci tiene a dire Angelo, coerente con il messaggio del suo film.
Matilde Piccolo: la vita da cani non è così male
“Vita da cane” di Matilde Piccolo ha vinto il premio per la miglior idea originale. L’idea, geniale, è questa: raccontare la vita di un cagnolino dal suo punto di vista. Matilde dà voce al suo cane: sia nel senso che interpreta i suoi pensieri, sia prestandogli la sua voce, che potrebbe davvero essere quella del cagnolino, se avesse la parola. Ma il film ha anche – è questa è la grande idea – una forma coerente: tutta la ripresa è fatta in soggettiva, come se davvero fossimo noi il cane e vedessimo il mondo con i suoi occhi. «Mi è venuta questa idea guardando il mio cagnolino e pensando che la sua fosse una vita molto più facile della nostra» racconta Matilde Piccolo, 11 anni. «Anche se da due anni fa sempre le stesse cose è sempre molto felice. Io, per esempio ho tantissimi compiti, da tantissimi anni, e di questo non sono molto felice. In famiglia facciamo sempre la sua voce, come se parlasse. Guardandolo, ho immaginato come potesse essere davvero la sua vita». La soggettiva del cagnolino è qualcosa che rende speciale il film. «Ho realizzato le riprese andando in giro per il parco e tenendo basso il telefono» ci svela l’autrice. «È stato abbastanza complicato correre, e sono caduta due volte. Dopo la seconda volta per il parco ho usato un selfie stick. A casa, invece, ho usato io il telefono». Il risultato è davvero quello di vedere il mondo con gli occhi di un cane. «Riprendere il cane era più semplice, ma sarebbe stato complicato far fare tutto quello che volevo al cagnolino» riflette. «Ho deciso di girarla in soggettiva perché mi sembra più carino vedere la via dai suoi occhi». Anche questa storia ha un messaggio forte. Perché il cagnolino, a un certo punto, vuole dire qualcosa a noi umani. «Io ho tanti compiti e mi preoccupo sempre di non riuscire a finirli» racconta Matilde. «L’insegnamento è che dobbiamo stare più rilassati, nella nostra vita, come fanno i nostri cani».
Cinema, che passione!
Moscerine Film Festival è anche la testimonianza che il cinema continua ad affascinare le nuove generazioni, e lo fa da quando sono piccoli. «La prima volta che ho visto un film sono stato conquistato dalla fantasia e affascinato dalla creazione» ci svela Angelo Bottone. «Mi chiedevo come avessero fatto ogni film. Vedevo Topolino, e mi chiedevo: come mai c’è questo topo che canta e balla? Vedevo Nemo e dicevo: c’è un pesce che nuota e parla, ma come fa? Quando sono cresciuto ho capito che era tutto nato dall’immaginazione, e ho capito che dietro al cinema c’era un grande lavoro, una grande passione, e soprattutto tanta fantasia. L’anno prossimo farò il terzo film della trilogia per Moscerine Film Festival». Caterina Pallini è stata affascinata dai cartoni animati. «A me piace vedere La Sirenetta, o altri film delle Principesse. Ma sempre se c’è il mare» ci racconta. «Partecipare al festival è stato emozionante. Sì, mi piacerebbe continuare a fare cinema». «Per me il cinema è stare dentro al film, e incontrare qualcosa che mi piace» confessa Matilde Piccolo. «Tra i miei film preferiti c’è la saga di Harry Potter. E con la mia sorellina vedo sempre i cartoni animati della Disney, come Zootropolis e Biancaneve. Mi piacerebbe molto, in particolare, fare la regista».