MOSTRAMI KIM. SETTANTA SCATTI SU ACCOGLIENZA E DIRITTO ALLA CURA

Una mostra fotografica a Trastevere fino al 4 dicembre e una tavola rotonda organizzate dall’associazione KIM, da 25 anni al fianco dei bambini che hanno bisogno di cure

di Ilaria Dioguardi

Un emozionante percorso per immagini, tra sguardi d’autore ed istantanee, con un filo conduttore: il diritto alla cura. Bambini, mamme, volontari raccontati nella loro vita quotidiana. Settanta fotografie di dieci autori, che hanno saputo “fermare” degli attimi in punta di piedi, con delicatezza e semplicità, come se la macchina fotografica fosse una carezza. Allestita a Trastevere fino a domenica 4 dicembre, presso palazzo Velli, Mostrami Kim, la mostra a ingresso gratuito organizzata da Associazione KIM, diventa anche la cornice ideale per riflettere sul diritto alla salute dei bambini attraverso la tavola rotonda Curare o prendersi cura?, organizzata per domani, sabato 4 dicembre, a palazzo Velli (piazza Sant’Egidio 10) alle ore 18.

L’unica speranza di vita

mostrami Kim
Foto Elisa Clementelli

Il percorso di Mostrami Kim, fra immagini e parole, è stato organizzato per fare luce su un problema drammatico che trova poco spazio e poca voce: la condizione di tanti bambini provenienti da paesi in guerra o senza strutture sanitarie adeguate e per i quali l’intervento, chirurgico o farmacologico, in un paese come l’Italia, rimane l’unica speranza di vita. Per loro l’associazione KIM è nata venticinque anni fa e ha sviluppato un modello di accoglienza e di cura che va al di là dell’ospitalità e che diventa sempre accompagnamento, in rete con ospedali, istituzioni ed associazioni.
«Le fotografie di Mostrami Kim raccontano i vari aspetti del diritto alla cura: dal tema dell’accoglienza e della relazione con i volontari, a quello dell’ospedalizzazione e al ruolo delle mamme all’interno della struttura», spiega Elisa Clementelli, volontaria, fotografa e curatrice della mostra. «Ho iniziato come volontaria e fotografa all’interno dell’associazione KIM da poco più di un anno. Nella mostra sono presenti anche venti miei scatti, selezionati dalla mia tutor fotografa Simona Ghizzoni».

Una tavola rotonda sul “prendersi cura”

mostrami Kim
Autore sconosciuto

Mostrami Kim nasce dall’incontro di dieci fotografi professionisti e amatoriali, le opere esposte sono di: Flavia Castorina, Mimmo Chianura, Elisa Clementelli, Emiliano Gallo, Luigina Di Giampietro, Bernadette Guarrera, Omar Kheiraoui, Martino Pisanello, Laura Saviola, Elisabetta Tufarelli. A questi si aggiungono Jacopo Balliana e Gabriele Tutino, autori di tre video testimonianze.
«Sono stati scelti perché vicini alla Kim da tanti anni, molti come volontari. È un lavoro corale, sia con ritratti sia con elementi di racconto. Anche l’evento di sabato sarà un incontro di diversi punti di vista e di vari racconti, con un’interconnessione molto forte e l’occasione per parlare del prendersi cura da più punti di vista», continua la curatrice.
Alla tavola rotonda di domani dal titolo Curare o prendersi cura?, moderata dal giornalista Marzo Ferrazzoli, parteciperanno rappresentanti di diversi settori – dal mondo dell’associazionismo a quello della sanità e della comunicazione – per dialogare sul diritto alla salute, non solo come assenza di malattia ma come “stato di totale benessere fisico, mentale e sociale”, secondo la definizione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità.
«Un mondo aperto ai bisogni dell’altro, permeabile alle necessità dei più piccoli e capace di prendere posizione. È questo il nostro desiderio, il mondo in cui ci riconosciamo. Ma sappiamo bene che, per costruirlo, dobbiamo essere in tanti», dice Paolo Cespa, presidente dell’Associazione KIM. «Lavorare con chi ogni giorno si impegna al fianco di chi sta male e, attraverso la scienza medica ma anche l’arte e la comunicazione, porta il suo contributo alla costruzione di questo mondo, è una condizione indispensabile.  E, sabato, ne parleremo insieme. Le sfide che abbiamo davanti sono così complesse e insidiose da richiedere che ognuno porti il meglio della propria esperienza e specificità per costruire una rete sempre più efficace e tempestiva, come l’emergenza sanitaria richiede per non tradire l’aspettativa di nessuna persona fragile che si rivolge a noi».

Un ricambio emozionale

Mostrami Kim
Foto Emiliano Gallo

«All’interno dell’associazione, come volontaria, mi è capitato anche di realizzare con due bambine delle macchine fotografiche di carta: è un modo per entrare nella struttura ed entrare in relazione con i bambini, avere più intimità con loro», racconta Elisa Clementelli. «Tra le foto presenti c’è uno scatto che ho realizzato alle 5 di mattina alla KIM, quando facevo la volontaria della notte. In questo turno si arriva la sera, si sta con i bambini a giocare e chiacchierare fino a che vanno a dormire. È molto emozionante passare lì del tempo di sera, con le luci ed i rumori della casa. Ci si si sveglia con il canto degli uccellini, una mattina prima dell’alba sono salita in terrazza, c’era una luce che mi ricordava l’Africa in cui sono stata. È stato molto toccante per me scattare una foto in quel momento, in una struttura in cui ci sono mamme di diverse culture, che ricordano l’Africa e l’Asia dalle quali provengono, ed avere intorno a me il panorama di Roma, che sembra una “bolla”. Quando entri in KIM sembra di essere in un’“oasi felice”, nonostante tutte le difficoltà del caso», continua. «Il mio pregresso nel mondo del volontariato e del sociale mi ha aiutato ad entrare in KIM in punta di piedi, sempre creando già da subito un’interconnessione con tutti, che significa entrare in cucina a salutare le mamme, in ufficio a salutare staff e volontari: mi sono subita sentita a casa. Il tema della cura l’ho già affrontato in passato, mi sono ritrovata in quest’associazione anche nel modo di viverla, non mi sono mai sentita a disagio. Fare la volontaria in KIM è un ricambio emozionale così forte che ti aiuta a star bene, come per tutte le persone che entrano nell’associazione: dai volontari allo staff, dalle mamme ai bambini». Un’altra foto della mostra di Mimmo Chianura ritrae una bambina, in carrozzina, sorridente insieme alla mamma. «Arrivata dall’Iraq, è tornata in Italia una seconda volta, per curarsi. È uno scatto simbolo della KIM: il sorriso a testimoniare che l’immagine va oltre la disabilità».

Uno scambio di fiducia

Foto Omar Kheraoui

Tra le opere in mostra a Mostrami Kim, anche quella di Omar Kheraoui, che ritrae una bambina vestita a festa, con il bindi, l’ornamento indiano che si applica sulla fronte. «Questo scatto rappresenta l’intercultura, gli sguardi diversi dai nostri», spiega la curatrice. Un altro intenso scatto della mostra è quello di Aja, fotografata da Elisa Clementelli. «Un giorno ero in associazione, non c’era nessuno, questa bambina è tornata in quel momento da scuola. Non ero abituata a vederla con il grembiulino, non l’avevo mai vista fuori dalla struttura. Con le bambine e i bambini della KIM mi succede come quando facevo la baby sitter, diventano mie sorelline e miei fratellini piccoli, li sento tutti parte della mia famiglia. Serve tanto a questi bambini stare in una struttura come KIM e andare a scuola, che è molto importante ma spesso, a causa delle malattie, rimangono esclusi dall’educazione scolastica. È stato un momento bello, Aja ha fatto la grande, da sola si è messa il pigiama, mi ha fatto un po’ da fotomodella ed è stato emozionante. La fotografia per me non è solo la realizzazione di scatti da parte mia, ma anche la persona che entra in relazione con il soggetto: dopo lei ha preso la macchina fotografica e ha iniziato a scattarmi delle foto in corridoio. Per me questo è la fotografia: entrare in relazione con un soggetto ed avere la sua fiducia».

 

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