NEST, UN PROGETTO CONTRO LA POVERTÀ EDUCATIVA
NEST sta per Nido, Educazione, Servizi, Territorio. Il progetto offre gratuitamente tanti servizi educativi, sanitari e sociali
07 Gennaio 2020
Attivare una rete di protezione integrata ed efficace a sostegno delle famiglie più bisognose significa anche mettere in campo interventi che prevedano la partecipazione di altri soggetti presenti nei territori. Un esempio concreto di questa progettualità di rete è NEST (Nido Educazione Servizi Territorio), un progetto nazionale di progettazione partecipata, nato all’interno degli Spazi Mamme di Save the Children. Della durata di tre anni, è stato selezionato dall’Impresa Sociale “Con i Bambini” nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile.
LA RETE. Ha avuto inizio ad aprile 2018 e coinvolge 4 città: Roma, Milano, Napoli, Bari. Prevede una serie di azioni a supporto dei bambini nella fascia d’età tra 0 e 6 anni, con attività di vario genere. Tutti i servizi che il progetto prevede per i bambini e le loro famiglie si svolgono all’interno di luoghi specifici, hub educativi creati appositamente per NEST. «Nei casi di Milano, Napoli e Bari sono locali di proprietà del Comune, sono stati restaurati e messi a disposizione del progetto, mentre a Roma l’amministrazione non è voluta entrare nel merito della compartecipazione ad un’iniziativa territoriale di questo tipo», dice Debora Sanguinato, responsabile della comunicazione per il progetto NEST.
Il progetto, che vede l’associazione Pianoterra Onlus nel ruolo di ente capofila, coinvolge una rete di 21 partner tra cui enti del Terzo settore, amministrazioni, scuole ed enti del privato sociale. Save the Children è partner di progetto. «Molte associazioni fanno rete con il territorio, le attività ludico educative sono possibili anche grazie a realtà con cui siamo entrate in dialogo per altri progetti, e poi proviamo a dialogare con le istituzioni». I quattro partner implementatori di progetto si occupano della gestione diretta delle attività e delle iniziative territoriali negli hub: l’APS Mama Happy – Centro Servizi famiglie accoglienti, che gestisce l’hub di Bari, l’associazione Pianoterra Onlus a Napoli, la Cooperativa Sociale Antropos a Roma, l’APS Mitades a Milano.
I SERVIZI E LE ATTIVITÀ. Per quanto riguarda i bambini da 0 a 3 anni si fornisce un servizio educativo di custodia. «Ad oggi i criteri di accesso al nido sono principalmente su base economica. Questo progetto offre un servizio a quelle famiglie in stato di vulnerabilità socio-economica, con tutta una serie di attività, che si svolgono 4 ore per 5 giorni alla settimana. Si punta molto su un approccio pedagogico di qualità, favorendo l’apprendimento precoce. I bambini dai 3 ai 6 anni svolgono attività ludiche da soli o con i genitori. Il progetto prevede un ponte educativo tra le famiglie e l’associazione che gestisce le attività all’interno dell’hub: per cercare di sradicare tutti i presupposti, che danno vita ad un contesto di povertà educativa importante, i bambini giocano un ruolo determinante», continua Sanguinato. «Ci preoccupiamo di sviluppare in maniera precoce una serie di capacità nei più piccoli, ma se questo lavoro non viene supportato all’interno dell’ambiente familiare, tutto si perde: sappiamo quanto sia significativo il potere moltiplicatore sulle famiglie quando si tratta di bambini, per questo i genitori sono molto coinvolti».
Ai genitori sono dedicati una serie di servizi, che si sviluppano nel corso dei 3 anni, nei settori sanitario e sociale. All’interno dell’hub sono stati messi in relazione dei servizi che hanno l’obiettivo di fare da ponte con le realtà del territorio, come Asl, consultori e Caf. «Ci occupiamo anche di rafforzare sia le capacità genitoriali sia le loro capacità di autonomia, ad esempio aiutandoli nella scrittura del curriculum e orientandoli nella ricerca di un lavoro, per emanciparli sempre di più. Inoltre, organizziamo incontri con esperti, dal pediatra al nutrizionista, allo psicomotricista. Il nostro obiettivo è fornire strumenti per cercare di farli essere genitori nel miglior modo possibile».
L’INNOVAZIONE. NEST ha delle caratteristiche di innovatività molto importanti. «La prima è quella di avere avuto il coraggio di lavorare sullo 0-3 anni, una fascia di età molto difficile, anche per una serie di vincoli e di tutele da rispettare. È innovativo per la pedagogia utilizzata e, inoltre, anche per la messa in sicurezza dei luoghi in cui i bambini passano del tempo: abbiamo sviluppato una policy di tutela del progetto nei confronti dei piccoli, e devono firmarla tutte le realtà che entrano in contatto con loro». È innovativo anche per il radicamento territoriale: tutte le realtà conoscono perfettamente il perimetro d’azione in cui si muovono e hanno sviluppato la capacità di fare rete che permette l’accompagnamento con la presa integrata del nucleo familiare.
L’HUB DI ROMA. Si trova a Tor Sapienza: dalla nascita di NEST ad oggi sono stati seguiti circa 120 nuclei familiari, tra servizi per bambini e per adulti: sono poche le famiglie che, finito il progetto, non continuano a frequentare l’hub. Quest’anno e mezzo, è stato un periodo molto intenso e proficuo per quanto riguarda le risposte del territorio. «È importante sottolineare la capacità di integrazione di NEST, che porta a confrontarsi come genitori e a capire che, pur nelle proprie diversità, si è tutti molto simili. L’hub di Roma è uno degli esempi più forti dell’impatto sociale che il progetto ha iniziato a realizzare sui territori», afferma Debora Sanguinato.
NEST a Roma è aperto tutti i giorni dalle ore 8,30 alle 15,30: il pomeriggio il luogo in cui si svolge è una ludoteca. È molto significativo a livello di impatto territoriale. «Purtroppo, in passato, un caso di protesta nei confronti di un centro di accoglienza dei migranti nel territorio è stato cavalcato con etichette politiche che seminano odio e discriminazione, senza vedere le vere ragioni di disagio sociale da entrambe le parti, sia dei ragazzi del centro di accoglienza di Tor Sapienza sia del territorio. L’azione che noi facciamo è quotidiana e vera, la conoscenza è l’unico strumento per combattere i meccanismi razzisti. Se non ci si conosce, serpeggiano disagio sociale e paura del diverso, se invece il diverso lo conosco ed è quotidiano semplicemente lo vedo come persona e non come nemico», spiega Claudia Bernabucci, referente dell’hub romano.
«Il target del progetto non è solo quello del quartiere: stiamo facendo un lavoro aperto, molto integrato ed accogliente che parte dal contesto del polo educativo che già era presente». È ubicato nella Casetta, all’interno delle case popolari, vicino al parco, dove esisteva già una ludoteca (nel pomeriggio sempre attiva), alla quale era stato aggiunto un progetto dell’associazione Pianoterra Onlus che sosteneva la gravidanza e l’allattamento.
L’APPROCCIO. L’hub di Roma è un riferimento per tutte le famiglie, con un approccio che non va solo a soddisfare un bisogno emergenziale e primario, ma quotidiano, che permette l’accoglienza di gruppi anche molto variegati rispetto alle necessità vaste della famiglia. Dell’équipe stabile di NEST fanno parte tre educatrici e due ausiliari, e figure esperte che si alternano: psicologi, logopedisti, ostetriche, puericultrice perinatale, pediatra. «Molti vengono a prestare servizio volontariamente, all’interno di quel lavoro importantissimo di scambio di rete territoriale. Negli incontri partecipati, organizziamo l’incontro sul gioco, il confronto con la psicologa, l’appuntamento con la pediatra che non fa incontri medici ma sulla cura quotidiana. NEST sostiene la costruzione del pensiero di un genitore: come si immagina il suo ruolo anche da un punto di vista emotivo, come si organizza un ambiente casalingo all’arrivo di un bambino, come ci si prepara al passaggio dall’essere in due a diventare in tre».
Dopo una prima conoscenza individuale, si sviluppano progetti educativi all’interno di ogni famiglia. Si lavora su più livelli di attività, con figure di riferimento che cercano di soddisfare i macrobisogni: quello della relazione genitoriale adulto-bambino, delle informazioni e del sostegno al genitore, l’attività educativa e di cura laboratoriale nei confronti dei bambini. «Nessuno dei tre livelli preclude un altro: non si può lavorare con i genitori e non con i bambini e viceversa. Questo in un contesto come quello di periferia trova un tessuto che è molto fertile, nell’assenza di spazi e di riferimenti avere un luogo in cui un pomeriggio a settimana si può andare a giocare insieme, adulti e bambini, diventa un posto a cui le persone si avvicinano non necessariamente per un problema, ma per il piacere di un laboratorio gratuito di propedeutica teatrale, di uno spazio di gioco, della conoscenza di persone esperte e qualificate: il bisogno specifico può arrivare in un secondo momento. Oppure, viceversa, in un territorio in cui i bisogni sono tanti e le risposte specifiche poche, trovare un luogo in cui ricevere un accompagnamento, un approccio nella giusta e corretta cura, anche sanitaria, delle bambine e dei bambini, un legame con il servizio sociale, connessioni alla rete dei servizi del territorio diventa molto importante. Cerchiamo di creare connessioni con il territorio, con tante iniziative, come la festa di carnevale, incontri informativi nelle scuole, la festa delle lanterne», spiega Bernabucci.
Tra le tante attività, all’interno delle famiglie che fanno parte anche del servizio di custodia e cura, è stato creato un pranzo mensile, un appuntamento fisso a buffet creato per socializzare tra le famiglie: è un momento di contaminazione, di melting pot culturale, di scambio tra culture molto informale che agevola anche il mutuo aiuto tra famiglie.
MAMME SINGLE E FAMIGLIE INTERCULTURALI. «Nel nostro progetto, molto spesso abbiamo giovanissime mamme, tra i 19 e i 24 anni, sole, che hanno bisogno di un sostegno non tanto materiale, ma di un’accoglienza emotiva. Hanno bisogno di questo progetto come se fosse una “casa parentale”, che le aiuti a capire, ad esempio, come comporre la domanda dell’asilo del bambino, come si può rientrare nel mondo del lavoro, come riuscire a conciliare l’essere giovane e donna con l’avere figli. Questi non sono solo i bisogni di chi ha un livello culturale basso, questo ci fa pensare a quanto oggi sia mutato il concetto di famiglia, che una volta era estremamente corale e comunitario e che, dopo anni di chiusura dei nuclei familiari all’interno delle mura domestiche, oggi emerge forte con la necessità di trovare una condivisione nell’essere genitore».
Altre persone che si rivolgono a NEST sono le famiglie straniere, che vivono la quotidianità in funzione della risoluzione dei problemi: la lingua italiana, la casa, la ricerca del lavoro. «Nel servizio pubblico spesso trovano una struttura organizzata rispetto ad una risposta singola, invece si avrebbe bisogno di un accompagnamento sociale più progettuale, che dovrebbe fare il servizio sociale ma che, dati gli alti numeri che ha in carico, non arriva a coprire tutto il bisogno dell’utenza. In un progetto come il nostro, partendo dall’aiuto nel preparare i documenti e dal come si possono utilizzare bene le risorse che ci sono, se le conosco, si può capire come migliorare la propria condizione di vita e immaginare la vita più a lungo termine. In una società in cui sono sempre più predominanti il materialismo e l’estetica, la famiglia è sempre più tralasciata», continua la referente dell’hub di Roma.
«Invitiamo chi sta diventando genitore, e chi è genitore, a rivolgersi a noi: può avere tanto aiuto con incontri formativi e orientamento ai servizi nel territorio; l’invito è rivolto a tutte le famiglie di Roma, soprattutto nella zona Sud Est, possono frequentarci anche sporadicamente», spiega Bernabucci.
«Ci stiamo interrogando su come continuare questo progetto, alla fine dei 3 anni. Stiamo pensando a come coinvolgere il pubblico, che è il grande assente quando si parla di misure a sostegno delle famiglie, e a quali tipi di fondi riuscire ad attingere», conclude Debora Sanguinato. «Il Comune di Bari, uno dei tanti partner del progetto, osservando l’esempio virtuoso di NEST e forte dell’importanza che ha agire sulla primissima infanzia, sta provando a riconvertire una serie di siti di scuole dell’infanzia, che a causa dell’abbassamento della natalità sono stati chiusi, in asili nido, perché la richiesta sul territorio è molto elevata. Speriamo che riesca in questa sua iniziativa».
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