NOI ANNI LUCE. AVVICINARE I GIOVANI ALLA DONAZIONE CON LA LEGGEREZZA
Ha ricevuto il patrocinio di AIL Noi Anni Luce, il teen drama di Tiziano Russo. Toro: «Un film delicato e profondo che sensibilizza l’opinione pubblica alla donazione del midollo osseo, in particolare tra i giovani»
04 Agosto 2023
«Non esistono storie sbagliate, ma solo storie raccontate male»: lo dice Edo (Rocco Fasano) a Elsa (Carolina Sala), protagonista del film Noi anni luce, dal 27 luglio nelle sale e proiettato in anteprima il 23 luglio al Giffoni Film Festival. Diretto da Tiziano Russo, prodotto e distribuito da Notorious Pictures, il teen-drama ha ricevuto il patrocinio dell’Ail, Associazione italiana contro leucemie, linfomi e mieloma. Infatti racconta la storia della 17enne Elsa, atleta di canottaggio a cui viene diagnosticata una leucemia mieloide acuta. La sua unica possibilità di salvarsi è un trapianto di midollo, ma il solo a poterglielo donare è suo padre Pietro (interpretato da Fabio Troiano) che non ha mai conosciuto, perché la madre Katia (Caterina Guzzanti) non viene ritenuta idonea dai medici; così con il coetaneo Edo, affetto dalla stessa malattia e conosciuto in ospedale, inizia un viaggio alla ricerca del genitore.
Avvicinare alla donazione con l’ironia
Da un soggetto di Isabella Aguilar, Guglielmo Marchetti e Federico Sperindei, e da una sceneggiatura di Isabella Aguilar e Serena Tateo, Noi anni luce è basato sul film Matching Jack, diretto da Nadia Tass, tratto dalla sceneggiatura di Lynne Renew e David Parker. Il regista Tiziano Russo affronta temi universali e delicati come la malattia, le relazioni amorose e familiari, l’amicizia e il riscatto sociale. «Il mio obiettivo è stato da sempre quello di affrontare la tematica con grande rispetto e sensibilità, ma anche con ironia e leggerezza, puntando a farlo soprattutto sugli aspetti più drammatici: unico modo, a mio parere, per avvicinare le persone a questa tematica, senza creare pietismo e ovvietà», spiega. Ad esempio, la battuta «Faremo la prima rapina di midollo osseo della storia» – precisa – «equilibra la visione e la percezione del film sia per una persona malata, sia per una sana: nessuno si sente offeso e tutti si sentono partecipi. Nell’ironia si nascondono diverse forme di sensibilità». E conclude: «Cosa mi aspetterei da una persona che ha appena scoperto di avere leucemia? Il pianto, la sofferenza, l’annullamento. Cosa mi sorprenderebbe? La spensieratezza, la voglia di vivere, la leggerezza. Se uno degli obiettivi di questo film è la sensibilizzazione alla donazione, allora credo che avvinare il pubblico proponendo loro un racconto fresco, emozionante, ironico, sia la strada migliore».
Un potente rito di passaggio
La sceneggiatrice di Noi anni luce, Isabella Aguilar, sintetizza come ha strutturato la narrazione: «Siamo partiti dall’idea di raccontare una storia di crescita, la storia di un’adolescente che deve trovare il coraggio di diventare adulta, come tutte. Ma nel caso di Elsa i problemi sono grandi: si scopre malata e la malattia accelera la resa dei conti con il grande interrogativo della sua infanzia, quello che riguarda la figura paterna. Ma la porta anche ad aprirsi all’amore, a ribellarsi a una madre amabile ma in qualche modo oscura e a porsi una domanda più generale sui suoi bisogni e desideri. La storia l’abbiamo strutturata pensando a un viaggio – letterale e metaforico – che portasse Elsa a compiere questo potente rito di passaggio». I punti di forza della sceneggiatura? «È stata una sfida soprattutto di tono. Serena (Tateo, ndr) e io volevamo prima di tutto essere realistiche, ma anche evitare il rischio del melodramma, che data la condizione dei protagonisti era a un passo da noi. Quindi abbiamo cercato un equilibrio dinamico tra dramma e leggerezza, perché il punto di vista degli adolescenti che scoprono il mondo è inevitabilmente vitalistico e vivace, curioso ed emozionato, anche quando ci si sente a un passo dalla possibile fine della vita. Questa potente contraddizione insita nei due protagonisti ha animato tutte le nostre scelte».
Noi anni luce: il patrocinio di AIL
Giuseppe Toro, presidente nazionale dell’AIL, lo definisce «un film delicato e profondo che contribuisce a sensibilizzare l’opinione pubblica alla lotta contro i tumori del sangue, alla promozione della cultura del dono e della donazione del midollo osseo in particolare tra i giovani, un gesto di fondamentale importanza per garantire le terapie per i malati ematologici e le regolari attività ospedaliere. È essenziale agevolare i percorsi che portano i ragazzi a essere cittadini attivi e coscienti dei bisogni del prossimo». E aggiungendo che la pellicola «racconta, con profondità e delicatezza, un tema difficile come quello di una malattia del sangue. Ogni occasione per raccontare il vissuto dei pazienti e le loro vite è importante, per ricordare la necessità di impegnarci tutti a favore della ricerca e dell’assistenza».