“NOI SIAMO LA RIVOLUZIONE”. LA LEZIONE CHE VIENE DA HONG KONG
Joshua Wong da dieci anni anima le proteste contro la Cina. Nel suo libro la storia della battaglia dell'isola per la libertà, ma soprattutto l'invito alla partecipazione
02 Giugno 2020
“Perché la piazza può salvare la democrazia” è il sottotitolo di un libro interessante, da leggere in questo periodo, mentre riesplode a Hong Kong la potesta contro la Cina, che questa volta vuole imporre una “legge sulla sicurezza nazionale” che – come spesso succede nel nome della sicurezza – punta ad a reprimere qualsiasi manifestazione di dissenso.
Il titolo del libro è “Noi siamo la rivoluzione” e l’ha scritto Joshua Wong (Feltrinelli, 2020). Wong oggi ha 23 anni, ma da quando ne aveva tredici fa politica ed è diventato il volto della democrazia nell’isola. Dieci anni tra cortei, piazze, social network, ma anche interviste e rapporti internazionali con politici, attivisti, giornalisti di tutto il mondo.
Un’identità locale e globale
Questi dieci anni Wong li racconta nel libro: la sua storia di ragazzino cresciuto in un Paese in profonda crisi di identità sempre più forte da quanto, nel ’97, Hong Kong da colonia britannica è tornata a far parte della Cina, sia pure con uno statuto autonomo, all’insegna dello slogan “un Paese due sistemi”. Un ragazzino appartenente ad una generazione che si è nutrita di anime giapponesi, che ha sviluppato una propria identità rispecchiata «dalla nostra cultura pop, dalla nostra lingua, dal nostro cibo e dal nostro stile di vita. Noi giovani ci battiamo per salvaguardare i quartieri antichi, sostenere i prodotti locali e proteggere la lingua cantonese dalla diffusione del mandarino». Un misto di amore per le radici locali e di apertura internazionale, incompatibile con la cappa soffocante che il regime cinese vuole imporre.
Wong racconta che il suo attivismo politico inizia a 13 anni, in opposizione ad una legge che vuole imporre un’educazione “cinese” alle scuole di Hong Kong. L’età sconcerta un po’ noi italiani, abituati a considerare bambini i nostri tredicenni, ma così è. Come tutti quelli della sua generazione, Joshua e i suoi amici, in particolare Invan Lam, aprono una pagina Facebook, Scholarism, che diventerà presto seguitissima. Ma contemporaneamente mettono banchetti lungo le strade, fanno cartelloni, sventolano striscioni e arrivano allo sciopero della fame, per attirare l’attenzione dei media.
Fatte le debite differenze ricordano, lui e i suoi amici, il movimento delle Sardine in Italia: senza capi che vengono dall’esterno del movimento, senza adulti a guidarli, capaci di muovere i social come le piazze, intrecciando i linguaggi del virtuale e quelli del corpo. La ferma convinzione, davvero, che “Noi siamo la rivoluzione”, il noi è inteso come noi giovani, noi che personalmente ci mettiamo in gioco, noi che vogliamo un futuro, che vogliamo la democrazia.
E comunque ce l’hanno fatto: il programma “educativo” è stato sospeso.
I giovani in politica
Nel 2014 Joshua Wong – che ha 17 anni – e gli altri sono i protagonisti della Rivoluzione degli Ombrelli: 79 giorni di occupazione, con il sostegno della popolazione che portava acqua, cibo, conforto. La rivoluzione questa volta non ottiene risultati tangibili, ma un risveglio della coscienza politica da parte della popolazione, questo sì.
Wong e il movimento scontrano con i problemi che nascono sempre quando la situazione si inasprisce: i dissensi interni, le fratture tra moderati e radicali ad esempio. Ma soprattutto maturano una consapevolezza: «le sole proteste per le strade non erano sufficienti. Dovevamo cambiare il sistema politico dall’interno, dovevamo mandare i giovani in politica». Di qui la nascita del nuovo soggetto politico, Demosisto, e la candidatura di uno di loro: Nathan, cinquantamila voti raccolti a suon di volantinaggio e di Instagram, per poi essere escluso, con altri eletti del “dissenso”, grazie ai trucchi del potere, che si attacca ai formalismi per mantenere se stesso.
16 ore di volontariato
Verrà anche la prigione, per lui e per altri attivisti, per fatti legati alla rivoluzione degli ombrelli, e con essa la conferma che «lo stato didiritto di Hong Kong si sta sgretolando e piano piano si sta trasformando in uno “stato di legge”. La stretta osservanza dei codici adesso conta più delle libertà personali e degli appelli pacifici alla democrazia». Ciò nonostante, la fede di Wong nella possibilità di difendere la democrazia attraverso la partecipazione popolare non vacilla e la richiesta che lancia dalla prigione è «per dimostrarci solidarietà, vi chiedo di trascorrere 16 ore del vostro tempo ogni mese – ovvero un’ora per ogni attivista in prigione – svolgendo qualsiasi tipo di attività di volontariato vi ispiri».
Il libro si chiude con Joshua Wong impegnato, l’anno scorso, nella lotta contro l’approvazione della legge sull’estradizione, che avrebbe dovuto permettere di estradare i sospetti criminali di Hong Kong per processarli in Cina. La protesta è iniziata con manifestazioni pacifiche che, dopo l’irrigidirsi sia del governo di Hong Kong che di quello cinese, sono sfociate anche in episodi di violenza e soprattutto di violenta repressione. Alla fine, però, il Governo ha ritirato la proposta e per di più il fronte democratico ha vinto le elezioni.
La libertà e la partecipazione
Ora la battaglia ricomincia, questa volta contro la legge sulla sicurezza. Wong e Demosisto hanno dichiarato la loro opposizione alla legge, e Joshua, anche se teme per la propria vita, sta cercano appoggi internazionali e ha chiesto anche all’Italia di ridurre i rapporti di collaborazione con il colosso cinese.
Ma la Cina sembra più forte che mai e può usare la pandemia come pretesto per imporre la nuova legge. Xi ha tolto di mezzo i rivali politici e represso ogni dissenso. Ha introdotto il riconoscimento facciale, la sorveglianza su internet e usato le nuove tecnologie per controllare i cittadini e manipolare l’opinione pubblica. Ha distrutto il popolo Uiguri, ha privato delle libertà fondamentali i Tibetani.
Quelli che credono nelle idee, nei valori, nelle utopie, si sa, sembrano sempre un po’ ingenui. E anche Wong a tratti lo appare. Ma il libro non è solo la cronaca di dieci anni di lotte per la difesa della democrazia: è un appassionato invito alla partecipazione, fatto da uno che si è davvero messo in gioco personalmente e che davvero crede che anche una singola persona può fare la differenza.
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Joshua Wong
Noi siamo la rivoluzione. perché la piazza può salvare la democrazia
Feltrinelli 2020
pp.224 € 15,00