SETTE PUNTI PER UNA NUOVA AGENDA SULLE MIGRAZIONI

Diciotto organizzazioni cattoliche, una rete ed un piano strutturale. Perché le migrazioni non sono un'emergenza

di Giorgio Marota

«Non potevamo starcene zitti mentre la politica continua a dire falsità senza offrire soluzioni concrete sul tema immigrazione, soprattutto durante la campagna elettorale». Le parole di Don Virginio Colmegna, presidente della Fondazione Casa della Carità, hanno dato voce, simbolicamente, a tutte le 18 realtà cattoliche che hanno deciso di sottoscrivere 7 proposte per una nuova agenda sulle migrazioni in Italia. Un programma, presentato a Roma nel corso di una conferenza stampa, che vuole esprimere il punto di vista di una grande parte della società civile, a meno di un mese dalle elezioni politiche.

Sette punti che rappresentano non solo delle buone prassi e degli spunti di riflessione, ma anche l’esigenza generale di una narrazione diversa sull’immigrazione, oggi più che mai argomento divisorio. Chi ne parla senza usare toni allarmistici, con onestà intellettuale e con numeri verificati, rischia di perdere elettorato in vista del 4 marzo. L’immigrato è roba che scotta e che scontenta tutti. E la coesione sociale? La solidarietà? La preoccupazione per le crescenti disuguaglianze? Quesiti che hanno fatto nascere l’esigenza di una rete tra l’Agenzia Scalabriniana per la Cooperazione Allo Sviluppo (ASCS Onlus), il Centro Astalli, l’Azione Cattolica, la Comunità di Sant’Egidio, la Federazione Salesiani per il Sociale, il Movimento dei Focolari Italia e tante altre associazioni che da anni operano nel settore, tutte firmatarie della proposta.

 

I SETTE PUNTI DELLA PROPOSTA. Prima di elencare i punti del piano va sottolineato che nessuna forza politica si è ancora seduta al tavolo, che le proposte sono tante e variegate (dallo ius soli ai corridoi umanitari fino ad arrivare al diritto di voto) e difficilmente verranno accettate in blocco. «Abbiamo sentito comunque il dovere di stilare una proposta strutturale, perché la politica non lo fa da anni. Bisogna smetterla di pensare sempre a legislazioni di emergenza» ha sottolineato il presidente di Azione Cattolica Matteo Truffelli.

 

  1. Riforma della legge sulla cittadinanza

Ci sono 900 mila italiani di fatto, ma non di diritto. Ragazzi e ragazze nati nel nostro Paese da genitori stranieri, «cittadini a metà» come li ha definiti Antonio Russo, responsabile welfare ACLI. Lo Ius Soli è naufragato con la fine della legislatura e l’ultima legge sulla cittadinanza risale a oltre 26 anni fa (la 91/1992). Il contesto sociale, nel frattempo, è profondamente cambiato. Giusto per fare un esempio, era appena nato il World Wide Web. Ecco perché varare un provvedimento che sani queste contraddizioni non è più rimandabile.

  1. Nuove modalità di ingresso in Italia

È anacronistico creare una divisione politica tra richiedenti asilo e migranti economici. Oggi più che mai i flussi migratori sono “misti” e i canali di ingresso nel nostro Paese chiusi per chi vive fuori dall’Unione Europea. Daniela Pompei, responsabile immigrazione Sant’Egidio, ha dato voce alla richiesta di un permesso di soggiorno per chi arriva in Italia con l’obiettivo di cercare lavoro, poiché anche tale necessità ha a che fare con la dignità delle persone. Dal decreto flussi, fino ad arrivare a proposte più ampie e organiche di modifica del testo unico sull’immigrazione, senza sottovalutare la sponsorizzazione (sistema a chiamata diretta): sono tante le strade da percorrere, ma non si può più restare fermi.

  1. Regolarizzazione su base individuale degli stranieri radicati

L’immigrazione è un’importante risorsa per il nostro Paese. Non solo dal punto di vista culturale, ma anche per quanto riguarda un fattore puramente economico. Secondo una simulazione fatta dai tecnici dell’INPS, se chiudessimo le frontiere, da oggi al 2040, l’Istituto perderebbe in totale 38 miliardi di euro. Quindi non è solo un luogo comune dire che gli immigrati ci pagano le pensioni. Tra le proposte è stato citato un permesso per comprovata integrazione proprio per questa categoria di persone che hanno svolto un percorso fruttuoso di formazione e integrazione in Italia, rinnovabile anche in caso di perdita del posto di lavoro.

  1. Abrogazione del reato di clandestinità

“Il reato di immigrazione di clandestina – si legge nella proposta – è ingiusto, inefficace e controproducente, ma è ancora in vigore”. Nella nuova agenda sulle migrazioni, secondo le associazioni cattoliche, andrebbe quindi abrogato l’articolo 10-bis del decreto legislativo 26 luglio 1998, n. 286.

  1. Ampliamento della rete SPRAR

Una profonda riflessione è stata fatta anche sulla qualità dell’accoglienza. Vi è attualmente un abuso dell’utilizzo dei Cas, i Centri di Accoglienza Straordinaria, mentre una soluzione potrebbe essere quella di ampliare e riunificare l’intero sistema nello SPRAR. Viene chiesto, quindi, che il settore pubblico abbia il controllo sull’intero processo o su gran parte di esso, in modo tale che anche le amministrazioni locali possano essere richiamate a una maggiore responsabilità. Solamente 1000 comuni su quasi 8000 accolgono migranti in Italia. Diminuire la concentrazione di persone consentirebbe loro un’integrazione migliore.

  1. Valorizzazione e diffusione delle buone pratiche

Recuperare le buone prassi è un’urgenza che non si può più rimandare. Tra le richieste alle forze politiche c’è quindi anche quella di interrogare il territorio e le realtà che da anni già operano in termini di solidarietà e accoglienza. L’idea lanciata è quella di istituire un vero e proprio osservatorio capace di individuare e diffondere le buone pratiche, affinché vengano il più possibile replicate. L’esempio del mondo salesiano, testimoniato dal presidente dei Salesiani per il Sociale Don Giovanni D’Andrea, durante la conferenza, è emblematico: alcuni dei ragazzi accolti dai centri giovanili ispirati al modello di Don Bosco sono diventati animatori, altri hanno fatto il servizio civile. Zerai, Jafai e tanti altri ora sono parte del tessuto sociale in cui vivono e non si sentono più stranieri.

  1. Effettiva partecipazione alla vita democratica

Un Paese che dà forma al proprio futuro non può più escludere le minoranze, che pure compongono una parte fondamentale della società. La maggior parte degli oltre 5 milioni di stranieri che vivono regolarmente in Italia non hanno diritto di voto e tra le proposte vi è anche quella di far accedere queste persone alla vita democratica del Paese, iniziando dalle amministrative. Un vecchio principio democratico sostiene come non sia legittimo chiedere le tasse a chi non ha rappresentanza.

È possibile sottoscrivere il documento inviando una e-mail a: agendamigrazioni@gmail.com

Se avete correzioni o suggerimenti da proporci, scrivete a comunicazione@cesv.org.

 

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