IL VOLONTARIATO E LA SCUOLA, INSIEME PER AFFERMARE LA DEMOCRAZIA

Dopo l’incontro promosso da MCE Gruppo di Roma, partirà in questi giorni una campagna informativa su contenuti e storture delle nuove indicazioni per la scuola del MIM. Un invito ad essere insieme, scuola e volontariato, per una scuola collegiale, democratica, connessa al territorio e alle comunità

di Claudio Tosi

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Il mondo del Volontariato dovrebbe entrare da protagonista nel fermento che le Nuove Indicazioni Nazionali per la scuola dell’infanzia e del primo ciclo di istruzione introdotte dal MIM stanno provocando nel mondo della scuola. E questo perché Scuola e Volontariato sono i due maggiori ambiti in cui si cresce in civismo e cittadinanza e anche perché la scuola è un ambito che coinvolge appieno molte delle azioni proprie del volontariato: inclusione, accoglienza, lotta alla povertà educativa, sensibilità ecologica e educazione civica sono solo alcuni dei campi in cui il volontariato e l’intero settore del no profit agiscono a sostegno delle istituzioni scolastiche e nelle comunità educanti che vi ruotano attorno.

Viviamo tempi in cui la tenuta dei valori democratici e solidali che il volontariato incarna è messa in discussione da politiche sempre più aggressive e muscolari di Potenze che si pretendono al di sopra del bene e del male, a cui tutto è dovuto, a partire da un timore reverenziale che arriva a impedire la possibilità di dibattere sulla ragionevolezza e equità delle pretese avanzate.

Nuove Indicazioni nazionali  per la scuola: «Solo l’Occidente conosce la Storia…»

L’Occidente, in particolare, è in grave crisi: molti suoi governi si chiudono in politiche identitarie e protezionistiche, alzano muri contro gli altri, sostengono che ci si debba difendere dal nemico e scelgono di investire in armi invece che in scienza, cultura, diplomazia e pace. E per difendere meglio le proprie ragioni, si sa, è meglio non conoscere quelle degli altri e così il Ministero per l’Istruzione e il Merito (MIM) al capitolo sulla Storia delle Nuove Indicazioni nazionali  per la scuola afferma che: «Solo l’Occidente conosce la Storia…» e che «…la cultura occidentale è stata in grado di farsi innanzi tutto intellettualmente padrona del mondo, di conoscerlo, di conquistarlo per secoli e di modellarlo» (Nuove Indicazioni 2025 – Scuola dell’infanzia e Primo ciclo di istruzione – Materiali per il dibattito pubblico, pag. 68 sezione Storia, curata da Ernesto Galli della Loggia – Prof. Emerito Scuola Normale di Pisa). La conseguenza, per chi crede nel valore dell’incontro e dell’intercultura, è astrusa e grave in quanto si prevede il solo insegnamento della storia d’Italia, per far risaltare le nostre ragioni in quella che è una concezione della storia lineare e finalistica che sembra vantarsi delle peggiori nefandezze perpetrate dall’Occidente, conquistatore e modellatore per secoli di popoli e terre grazie a guerre, schiavismo e colonialismo.

Nuove Indicazioni nazionali  per la scuola
Immagini dall’incontro del 6 aprile scorso, promosso a Roma nel cortile di una scuola dall’MCE Gruppo di Roma

Un secolo di storia dell’educazione attiva buttato alle ortiche

Ma l’esempio che riportiamo non è che una chicca rispetto all’intera impostazione del documento ministeriale, tanto che da subito le sigle più rappresentative del mondo della scuola e dell’educazione hanno realizzato lo scorso 2 aprile all’Università Roma Tre una giornata nazionale di studio Nuove Indicazioni nazionali – Appello per la scuola democraticache ha subito messo in luce le sue carenze relativamente alla tenuta pedagogica, democratica e valoriale. La Scuola deve perseguire sempre il mandato costituzionale di emancipazione e di promozione delle aspirazioni di ciascun alunno e studente, e questo naturalmente si ottiene impostando un clima di rispetto e di ascolto che permetta la libera espressione e promuova la partecipazione alla costruzione del sapere proprio dei bambini/e e dei ragazzi/e che della scuola sono i protagonisti. E il Volontariato conosce bene lo sforzo di attivare i suoi assistiti, perché agisce quotidianamente per coinvolgerli e renderli protagonisti del proprio riscatto, guarigione, realizzazione. Ma per fare questo deve partire dal rispetto e da tanta fiducia, perché, agendo a fianco delle fasce più disagiate della società, i volontari devono avere in sé la convinzione che ciascuno possa e voglia fare quanto più può per migliorarsi e realizzarsi nella pienezza delle sue possibilità. Paradossalmente l’impianto Ministeriale invece questa fiducia non la mostra e, al contrario, parte dall’assunto che l’alunno non abbia in sé il desiderio di apprendere, ma anzi debba appoggiarsi a un modello, il Maestro, al quale conformarsi per poter imparare da lui. Un secolo di storia dell’educazione attiva buttato alle ortiche. Una concezione della scuola come ristretta in sé stessa, con la famiglia a cui si affida il compito di trasmettere ai figli la “maxima reverentia” verso il Maestro, proprio come chiedono quei governanti, ai quali non è dato di ribattere, ma solo di accondiscendere (Nuove indicazioni – Scuola dell’infanzia e Primo ciclo di istruzione – Materiali per il dibattito pubblico, pag. 9 “maxima debetur magistro reverentia”).

Per una scuola connessa con il territorio, equa, parte della comunità

E allora partecipare a questo fermento è veramente importante e chiamare al dibattito in forme pacate e democratiche è un dovere etico oltre che politico, per dimostrare che la discussione, anche radicale, è possibile se non si tradiscono i principi della democrazia, quelli che facevano dire a Guido Calogero «Prima ancora che nella bocca, la democrazia sta nelle orecchie. La vera democrazia non è il paese degli oratori, è il paese degli ascoltatori». E a Roma domenica 6 aprile, nel cortile di una scuola, oltre 200 persone si sono riunite in un incontro denso di contenuti e veramente democratico come gestione, attenzione all’ascolto e connessione tra i punti di vista, promosso dall’MCE Gruppo di Roma. Tutti hanno cercato i ponti con le altre posizioni dovute a classi di scuola diverse, piuttosto che a aree della città, età, ruolo nella comunità scolastica. Un’assemblea non solo densa e significativa, ma che è stata di esempio di come si può stare insieme in una maniera aperta, democratica, inclusiva. Questa congruenza tra il dire e il fare è un altro ponte con il migliore spirito del volontariato, quello radicato nella sua spinta di cambiamento, che agisce nel quotidiano per fare spazio, coinvolgere, includere e ristabilire percorsi di equità per tutti i suoi destinatari. Anche con questo scenario negli occhi invitiamo tutti ad avvicinarsi ai prossimi incontri della comunità ampia e plurale che ragiona intorno alla centralità della scuola inserita e connessa al proprio territorio, capace di dialogare con le famiglie all’interno del contesto in cui vivono e non nell’astrattezza delle discipline, facendo i conti con le loro condizioni e non negando la necessità di anteporre l’equità all’eguaglianza, perché dove le persone sono diverse «non c’è peggiore ingiustizia che fare parti uguali tra disuguali» (Lettera a una professoressa, di Scuola di Barbiana – Libreria Editrice Fiorentina 1967). In questi giorni partirà una campagna informativa sui contenuti e le storture delle indicazioni e sarà data vita a un percorso di mobilitazione collettivo da realizzare nelle singole scuole e nelle piazze a livello nazionale, ha concluso l’assemblea. Sarà importante che l’associazionismo e il volontariato affianchino questo movimento portando i propri valori e allargando a tutta la società questa tensione democratica al vivere comune, che è fatta della valorizzazione di ciascuno, del riconoscimento della professionalità degli insegnanti, dell’affermazione della collegialità nella scuola, del suo imprescindibile collocarsi in seno alla società che la circonda. Per essere informati e partecipare scrivete a roma@mce-fimem.it

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