SALUTE MENTALE. IL NUOVO PIANO DI AZIONI 2022-2024
Riflessioni e proposte di alcuni rappresentanti del volontariato sul nuovo Piano di azioni per la salute mentale. Tra queste il diritto all'abitare, il Dopo di Noi, la formazione
19 Gennaio 2023
È stato presentato a dicembre scorso il nuovo Piano di azioni per la salute mentale 2022-2024 Salute e inclusione, che individua e definisce gli obiettivi e le azioni necessarie per potenziare e qualificare l‘assistenza a tutela della salute mentale della persona, con azioni di supporto della persona stessa e del contesto familiare lungo tutto il ciclo di vita. Tra i punti qualificanti del Piano la realizzazione di progetti terapeutici riabilitativi per minori e adulti personalizzati attraverso il Budget di Salute, il supporto all’abitare e l’inclusione sociale e lavorativa. Una particolare attenzione è stata riservata ai minori ed ai giovani, dagli interventi precoci con la rete dei pediatri e dei MMG, i consultori e gli ambulatori di Neuropsichiatria Infantile. Nel piano è evidenziato che Roma Capitale e i Distretti sociosanitari, in collaborazione con il Terzo settore e insieme alle ASL, concorreranno a promuovere azioni in grado di incidere sui determinanti sociali della salute. Tra gli interventi, l’assessore alla Sanità della Regione Lazio Alessio D’Amato, che, commentando il Piano, ha affermato che, agendo sulle disuguaglianze – di censo e di indirizzo – il Lazio dovrebbe diventare un modello nell’assistenza alla salute mentale, così come è stato per la gestione del Covid.
Il Piano di azioni per la salute mentale 2022-2024 dà grande importanza alla multidisciplinarietà e al Budget di Salute. Prevede interventi biopsicosociali puntando a strategie di prossimità e umanizzazione delle cure. Con questi macro obiettivi si è aperta la possibilità di nuove assunzioni di personale senza vincoli e 11 sono i milioni destinati dalla Regione Lazio per lo stesso Piano. «Uno sforzo importante da fare insieme», ha commentato D’Amato ricordando anche le Rems, a cui la regione Lazio è stata tra le prima a dare attuazione.
A seguito della presentazione del Piano di azioni per la salute mentale 2022-2024 abbiamo voluto raccogliere alcuni commenti: di Giovanni Fiori, presidente della Consulta Dipartimentale Asl Roma 2; Marina Cornacchia, presidente dell’associazione ARESAM; Elena De Sanctis Gentili, presidente della Consulta Dipartimentale Salute Mentale ASL Roma1 e presidente dell’associazione Oltre le Barriere OdV.
Voci che cercano di fare il punto sulle novità introdotte dal Piano di azioni per la salute mentale 2022-2024, sulle lacune che restano da colmare, sulle possibili strade di miglioramento futuro.
La fotografia della realtà
Quella di Giovanni Fiori è un’analisi molto puntuale del Piano, arricchita da considerazioni e proposte. In generale quello disegnato da Giovanni Fiori è un quadro di forte contrasto tra desiderata e realtà quotidiana sul campo. Come l’accompagnamento sull’intero ciclo di vita previsto dal Piano, laddove le prestazioni sono spesso sporadiche (30/60 giorni) e basate su somministrazioni farmacologiche; il ripensamento della funzione dei DSM e l’offerta di assistenza e supporto psicologico alla popolazione generale, praticamente impossibile per Fiori con l’attuale dotazione di personale; oppure l’integrazione con la comunità, la collaborazione con DSM, Distretto, Municipi e integrazione sociosanitaria, rispetto alle quali le difficoltà incontrate nell’applicazione della Legge 112/2016 sul Dopo di Noi dimostrano quanto il percorso sia ancora tutto ancora da realizzare; o il coinvolgimento della dimensione familiare e del contesto di riferimento, che si scontra con un reale fatto di «porte chiuse e ascolto zero», dove «spesso si fa ricorso alla privacy per tenere lontana e non coinvolgere la famiglia». Diversi e numerosi gli aspetti su cui occorre interrogarsi per Fiori, a partire dagli interventi mirati ed urgenti e il protocollo sperimentale ARES / 118 di emergenza, alle difficoltà di accesso ai servizi, l’annullamento delle visite domiciliari e la riduzione drastica delle attività riabilitative legate all’emergenza Covid; il potenziamento dell’offerta territoriale, che sembra contraddetto da accorpamenti e chiusura di strutture, che paiono indicare una direzione diversa; i progetti terapeutico-riabilitativi individualizzati, per i quali manca personale e tempo per pensarli, integrarli nel contesto sociale, seguirne l’andamento e valutarne l’esito. Fino al richiamo alle Case della Salute e di Comunità, nelle quali, sottolinea Fiori, non è previsto uno spazio per la salute mentale laddove il PNRR raccomandi l’accoglienza e cura di persone con problemi di salute mentale e sofferenza psichica.
Alcune proposte
Così il Presidente della Consulta Dipartimentale Asl Roma 2 porta avanti alcune proposte:
- Sui rapporti tra DSM e Sistema Giustizia e i conflitti tra le disposizioni del Tribunale e la concreta possibilità dei DSM di rispondere alle richieste, sarebbe stato utile prevedere un protocollo d’intesa che definisse compiti e limiti dell’azione di ciascuno.
- Sarebbe stato utile promuovere attività di ricerca sui determinanti psico-sociali della malattia mentale, cui si fa riferimento nel Piano. Come Fiori sottolinea, dal territorio vengono indicazioni su: gruppi di psicoanalisi multifamiliare; dialogo aperto; fareassieme, collaborazione strutturata tra operatori, pazienti e familiari; supporto tra pari.
- Sul Dopo di Noi e l’applicazione della Legge 112/2016 occorrerebbe intervenire in modi diversi: sull’informazione e la formazione del personale coinvolto; sulle Unità Valutative Multidimensionali Distrettuali; sulla definizione di compiti; sulla modulistica inadeguata.
- Mancano, per Giovanni Fiori, disposizioni e modulistica per una concreta applicazione del Budget di Salute, strutturato per la realizzazione del Progetto Terapeutico individualizzato, che deve essere elastico e
- Sulla stessa via, Fiori ricorda come il sostegno all’abitare sia fondamentale per l’autonomia del Dovrebbero essere, quindi, eliminate le norme che rendono difficile ai DSM la possibilità di sviluppare progetti in questa direzione e stanziati fondi specifici. Così come per il lavoro, a cui, sottolinea, il documento non fa cenno. A questo settore il documento dovrebbe dedicare maggiore attenzione, stanziare risorse e destinare personale dedicato e specializzato.
- Sulla chiusura automatica delle cartelle per chi non riceve prestazioni, Fiori chiede che i tempi vengano procrastinati, da tre mesi a un anno dall’inizio della terapia.
Giovanni Fiori fa un richiamo forte al valore della formazione, elemento fondamentale per chi opera nel mondo della salute mentale. Su questo si rivolge al mondo universitario, che vorrebbe «non sorda agli stimoli ed alle evidenze delle “buone pratiche” che vengono dal territorio, ma attenta almeno a verificarne la validità e testarne l’efficacia».
In generale, per Fiori, il documento descrive una serie di interventi condivisibili. A mancare è «lo spirito della partecipazione degli utenti e dei familiari alla costruzione di qualcosa che li riguarda. Siamo sempre nella logica nella quale qualcuno – l’istituzione – ritiene di essere titolare del diritto di pensare e decidere ciò che sia utile per qualcun altro – l’utenza – senza neanche ascoltarla.
Piano di azioni per la salute mentale: non un elenco di mancati obiettivi
«Nel corso della presentazione abbiamo più volte ascoltato dai rappresentanti delle istituzioni richiami all’umanizzazione, all’ascolto, all’intensificazione della prevenzione in età adolescenziale, alla riduzione delle disuguaglianze territoriali tra i servizi di salute mentale», sottolinea Marina Cornacchia, presidente Aresam. «Argomenti che come Associazione Aresam abbiamo più volte richiesto di attenzionare. Ben venga quindi un Piano Regionale che ha, tra i suoi obiettivi, quello di superare questi ostacoli».
Queste le riflessioni e le proposte di Marina Cornacchia e Aresam.
- Per quanto riguarda l’umanizzazione dobbiamo purtroppo rilevare che le nuove leve, che in modo centellinato, iniziano ad operare territorialmente, abbiano un approccio alquanto “freddo” nei confronti degli utenti, ma soprattutto delle loro famiglie. E questo porta ad un ulteriore deterioramento nei rapporti, che non accettiamo vengano addebitati solo alla parte familiare.
- Abbiamo sempre ritenuto che condividere, informare (ed essere informati), collaborare sugli obiettivi di cura, sugli sviluppi del progetto terapeutico, sia una metodologia che contribuisce al miglioramento della presa in carico e dia ulteriori positive ricadute su tutto il lavoro (di tutti), senza per questo intaccare la privacy. Non si comprende inoltre come siano stati determinati i bisogni territoriali dei servizi e come siano distribuiti i nuovi arrivi. Non sempre infatti, i territori più carenti, ricevono, in tempi adeguati e con continuità di presenza, la copertura o almeno la riduzione delle loro scoperture.
- Bene l’ascolto, ma questo si deve estendere anche ai familiari. A coloro che accudiscono l’utente 24 ore al giorno per 365 giorni l’anno e che sono i primi ad affrontare momenti di disagio e problematiche del vivere quotidiano dei loro congiunti. E che devono essere messi in grado di sopperire, molto spesso, a ritardi, assenze e malfunzionamento dei servizi.
- Bene la prevenzione in età adolescenziale, ma questo non deve precludere all’abbandono degli utenti storici; quelli che ormai hanno raggiunto i 50/60 anni e che, non avendo potuto beneficiare di prevenzione all’epoca della loro adolescenza, si trovano ora ad affrontare la perdita della sponda familiare o la sua irrimediabile vetustà, indirizzati quasi esclusivamente verso programmi istituzionalizzanti.
«Ci auguriamo», continua Cornacchia, «che tra un anno ci si possa rivedere per fare il punto, che ci siano riscontri ed effetti positivi e che il Piano non sia, come purtroppo spesso è accaduto, un’elencazione di mancati obiettivi dovuti ad altre emergenze o al cambiamento di visione culturale e socio-sanitaria del problema».
Più risorse e personale
Secondo Elena De Sanctis Gentili, presidente della Consulta Dipartimentale Salute Mentale ASL Roma1 e presidente dell’associazione Oltre le Barriere OdV, con il Piano Regionale di Azioni per la Salute Mentale 2022-2024, «la Regione Lazio è alla ricerca di una nuova politica per la salute mentale, tra desiderio di innovazione sanitaria e necessità, più volte riconosciuta, di includere nel sistema delle prestazioni nuove figure professionali e sociali. L’incontro di presentazione ha mostrato la presa di coscienza da parte dell’istituzione sull’ ampiezza e complessità del settore e, nello stesso tempo, la propria idea per una programmazione desiderosa di fornire risposte e soluzioni ad ogni aspetto. Va ricordato che si tratta del secondo documento espresso dalla Regione dopo il ritiro del primo, presentato all’inizio dell’anno appena trascorso. Documento non condiviso da operatori e rappresentanti di associazioni e consulte, che ne avevano rilevato la difficoltà di attuazione. Anche in questa seconda versione il Piano, distribuito in 80 pagine, inserisce in un sistema comune le cure per disturbi psicotici, disturbi dell’età evolutiva, dipendenze patologiche derivanti da uso di sostanze, da alcolismo e ludopatia, autismo e disturbi dell’alimentazione. Sappiamo che i Centri di Salute Mentale della città di Roma e del Lazio non sono uniformi nell’ offerta di servizi per coprire la domanda. Per questo, ancora una volta, le osservazioni di familiari e utenti sono dirette alla richiesta di maggiori risorse economiche e alla copertura del personale necessario, interventi indispensabili a non creare disparità tra i cittadini». Le azioni strategiche messe in campo dalla Regione per raggiungere l’obiettivo della riabilitazione e dell’inclusione sociale sono affidate al Budget di Salute, continua Gentili, e al supporto all’abitare. «Il primo, raccomandato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, ha lo scopo, molto apprezzabile, di applicare ad ogni utente un percorso di cura personalizzato, tenuto conto anche del contesto sociale. L’applicazione di questo strumento ha visto fino ad oggi, alcuni esperimenti, ma non una diffusione allargata. Proprio su questo tema, la Regione ha ribadito la propria volontà di realizzazione». «Conosciamo la necessità che gli interventi della Regione siano recepiti nei territori delle singole province e, in particolare, nel territorio di Roma Capitale e della Città Metropolitana: su questo sarà fondamentale il ruolo degli Enti locali».