NUOVO PIANO SOCIALE DI ROMA. WELFARE DI COMUNITÀ, UNA RESPONSABILITÀ CONDIVISA

Il nuovo Piano sociale di Roma Capitale punta a rafforzare il sistema dei servizi sociali, promuovendo una città più equa e solidale. Cristina De Luca, presidente CSV Lazio: ««La necessità di oggi è ripartire con la parola “insieme”. Nel pensare di costruire un welfare di comunità, abbiamo una responsabilità comune, che tocca anche le associazioni»»

di Ilaria Dioguardi

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È stato presentato il nuovo Piano sociale di Roma Capitale, durante un incontro organizzato dall’Assessorato alle Politiche Sociali e alla Salute del Comune di Roma pensato come spazio di confronto tra gli attori sociali e gli stakeholder coinvolti sui grandi temi dell’amministrazione condivisa, del welfare di comunità, del lavoro sociale nei municipi e della valorizzazione della multi professionalità.
«Per costruire il welfare di comunità, dobbiamo fare i conti con delle criticità», ha detto Gianluca Cavino, pedagogista, Assessorato alle Politiche Sociali e alla Salute, che ha moderato il panel dedicato al welfare di comunità. «Il cittadino oggi è portato a separare il proprio destino da quello dei propri gruppi di appartenenza, fondando il primato dell’individuo sulla società. Questo fenomeno lo rende più libero, ma anche più solo, se non addirittura isolato, dalla trama delle relazioni che permangono nella nostra società», ha continuato ricordando che «per parlare di welfare di comunità occorre sentirci responsabili gli uni degli altri».

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Tante sub-comunità

Quando parliamo di comunità «dobbiamo sgomberare il campo dall’equivoco che esista una comunità organica con interessi convergenti e che il nostro ruolo di operatori sociali sia quello di approvarla, promuoverne l’attività e la costituzione, consolidarla, valorizzarla», ha affermato Gianna Rita Zagaria, direttrice Direzione Accoglienza e Inclusione, Dipartimento Politiche Sociali e Salute di Roma Capitale.  « È evidente che in ogni territorio, in ogni quartiere della nostra città, in ogni comune ci sono persone che condividono valori, ideali, interessi, che come pubbliche amministrazioni abbiamo il compito di incoraggiare e coinvolgere nelle nostre attività, dando loro uno spazio di confronto e di dialogo. Ma è altrettanto vero che ogni comunità potrebbe essere scomponibile in tante sub-comunità, è frammentata e disgregata in tanti gruppi di interesse, che seguono i propri diritti, ideali, valori e spesso divergono gli uni dagli altri», ha continuato Zagaria.

Gestire la complessità con l’ascolto e il confronto

Costruire un welfare di comunità «è complesso: il confine fra dove finisce un diritto e dove ne inizia un altro non è sempre netto. Gestirla richiede di abbandonare i pregiudizi a favore di un ascolto onesto e della ricerca di un confronto, che implica un conflitto da gestire», ha proseguito Zagaria. «Il nostro è un continuo rapporto dialettico con il territorio, con cui si costruiscono relazioni di fiducia e di rispetto reciproco».

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De Luca: «Si costruisce solo se alla pari, nel rispetto delle competenze di ciascuno, lavorando per raggiungere un obiettivo che è culturale, strategico e metodologico»

 Una responsabilità comune

«La chiave oggi è essere insieme», ha detto Cristina De Luca, presidente CSV Lazio. «La pandemia è stata la riscoperta di una presenza, di un’attività di cittadinanza, di una funzione legate ad un momento particolare, ma che  le associazioni svolgono nella quotidianità. Un filo rosso sempre presente, seppur con connotazioni mutate negli anni. Quella del welfare di comunità è una sfida anche per l’associazionismo, perchè riguarda un cambiamento di paradigma culturale: oggi si è e si fa associazione in un contesto culturale che è in qualche modo “contro”, che invita alla semplificazione dei problemi, all’individualismo. Le grandi leggi sociali del nostro Paese», ha continuato De Luca, «come la legge sulle disabilità, sono nate negli anni sulla spinta dell’associazionismo e di risposte date attraverso percorsi di innovazione e sperimentazione. Questa sfida culturale oggi non c’è più. Nel pensare di costruire un welfare di comunità, credo che abbiamo una responsabilità comune, che tocca anche le associazioni. CSV Lazio guarda a 3mila associazioni nel Lazio, che si rivolgono al Centro per chiedere supporto. Ma non ci fermiamo ai servizi, cerchiamo di indurre in loro il germe del ragionamento sul loro impegno volontario, la loro azione. Credo che la necessità di oggi sia quella di ripartire con la parola “insieme”».

Un obiettivo culturale, strategico e metodologico

Il welfare di comunità, ha sottolineato De Luca, «è un cammino che supera l’idea delle leggi sociali di un tempo in cui il rapporto tra privato e pubblico era di mutuo soccorso. Oggi il portato delle competenze di ciascuno può essere messo a disposizione e l’associazionismo in primis deve superare la difficoltà di dialogare in maniera diversa anche con le altre parti e con l’ente locale». Coprogettazione e coprogrammazione sono un esempio, ha continuato De Luca, in un’unità che «si costruisce solo se alla pari, nel rispetto delle competenze di ciascuno, lavorando per raggiungere un obiettivo che è culturale, strategico e metodologico. Culturale perché c’è un problema proprio culturale, che richiede tanti semi per essere ribaltato. Pensiamo ai giovani: i ragazzi sono attratti da forme di impegno civico particolari, il che ci chiede di essere capaci di intercettare quelle forme di impegno e trasformarle in qualcosa di più duraturo, anche rispondendo alle loro capacità e modalità di essere e stare insieme. È strategico perché solo stando insieme si riesce a fare una strategia per rispondere non in termini prestazionali ma in termini di servizi personalizzati. È metodologico perché mette da disposizione la cassetta degli attrezzi per fare tutto questo. Si può essere insieme, portando ciascuno il proprio contributo e cogliendo quello che viene dall’altro».

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Beatrice Tabacco: «L’unico modo per far sì che si generino nuove risorse, è investire sulle comunità». Immagine Palestra Popolare Quarticciolo

Poli civici: risposte collettive alle esigenze territoriali

«I Poli civici nascono dalla mescolanza tra associazioni, cooperativi sociali, singoli cittadini e cittadine che hanno visto nella possibilità di unirsi e avviare percorsi partecipativi un modo per affrontare le difficoltà che adesso stiamo affrontando. Attualmente i Poli civici sono nove, ma ci sono tante situazioni sparse per Roma che possono diventarlo anche in tempi brevi», ha detto Beatrice Tabacco, coordinamento Poli civici. «I Poli civici hanno l’obiettivo di cercare delle risposte collettive che siano efficaci alle esigenze territoriali, attraverso gli sportelli di orientamento sociale, di ascolto, che cercano di dare una risposta all’emergenza abitativa o alla crisi alimentare. Siamo una risorsa anche per le politiche sociali perché non siamo dei servizi ma possiamo rappresentare quel corpo intermedio che riesce a fare da ponte con le comunità che i servizi sociali vogliono andare ad aiutare». È importante investire sulle comunità «perché l’unico modo per far sì che si possano generare nuove risorse, è investire sulle comunità stesse», ha proseguito Tabacco. «Attualmente a Roma. tra le tante crisi che stiamo fronteggiando, ce ne sono due urgentissime: la crisi abitativa e la povertà alimentare. I punti di distribuzione si occupano di dare cibo a più di 150mila persone».

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